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Il Consiglio di amministrazione di Risorse per Orvieto si è dimesso

I consiglieri accusano l'Amministrazione di non averli fatti lavorare, ad "un passo dal risultato. Ci è stato impedito di raggiungerlo"

Dichiarazione del presidente Franco Raimondo Barbabella
Lettera di dimissioni del Consiglio di amministrazione
Olimpieri:"E' una Caporetto"

foto di copertina

Nella foto, Cimicchi consegna RPO a Barbabella, 2004

di Dante Freddi

Il Consiglio di amministrazione di Risorse per Orvieto si è dimesso. "Eravamo ad un passo dal risultato. Ci è stato impedito di raggiungerlo", dichiara il presidente Franco Raimondo Barbabella in coerenza con la lettera di dimissioni di tutti i suoi consiglieri, Sandro Gulino, Giuseppina Foschi, Marcello Fugge, Danilo Pietrini. Che scrivono nella lettera di dimissioni: "Non abbiamo potuto lavorare come avremmo desiderato e potuto, e come peraltro il socio unico si era impegnato a permetterci di fare".

Si è conclusa così un'esperienza che avrebbe dovuto portarci in pochi anni alla "rifunzionalizzazione" della ex Piave, con la conseguente auspicabile spinta propulsiva all'economia della città.
Il business plan approvato lo scorso anno sarebbe dovuto essere la base per agire, per concretizzare, per cercare la rispondenza del mercato. E' stato invece il punto di partenza per assalire RPO. Prima della presentazione del piano sarebbe stata azzardata qualsiasi azione, ma dopo c'erano i contenuti, discutibili o meno che fossero. Chiunque avrebbe potuto dissentire o invocare approfondimenti o suggerire alternative. Campo libero, insomma, per tessere quella trama che avrebbe dovuto ricondurre la ex caserma nelle disponibilità del Comune e quindi direttamente nella competenza dei suoi amministratori.

La tattica utilizzata è stata quella classica: la procrastinazione delle decisioni, fino allo sfinimento.


Se ne va così un altro pezzo della cosiddetta "era cimicchiana".

D'altra parte, l'idea della società RPO, costruita in un periodo in cui era di moda affidare operazioni rivolte al mercato a strumenti più agili di quelli istituzionali, rispondeva ad equilibri che sono clamorasamente mutati.
Allora c'era sindaco Cimicchi, che non pensava certo di perdere il partito e lo scranno da consigliere regionale. Con Barbabella a capo della società si ridistribuivano i poteri ed il futuro sindaco diesse sarebbe stato un "mezzo sindaco", senza eccessivo potere, non tale almeno da porre in discussione la posizione di leader di Cimicchi  .

Ma le cose non sono andate in quel modo e il sindaco margherito ha cambiato tutti gli equilibri. I diesse di Capoccia e Posti, "traumatizzati" dalla perdita di ruolo e visibilità, divisi all'interno, hanno iniziato da dicembre 2004, subito dopo l'ascesa di Capoccia alla segreteria, a costruire una strategia semplice quanto difficile da realizzare: primo, recuperare ruolo al partito, e quindi obiettivo caserma Piave, secondo recuperare ruolo ai "fassiniani", e quindi obiettivo "riarticolazione e rafforzamento" della Giunta.
Non si può dire di Capoccia che abbia le idee confuse e i suoi obiettivi si stanno realizzando, uno ad uno. Ora è toccato a Barbabella e a Germani, ma "nessun dorma", perché non finirà qui. Il boccone più succulento è Mocio e non basta la presenza in Giunta di Capoccia per garantirgli che tra due anni e mezzo i diesse non gli chiedano conto  di quanto essi stessi hanno impedito che si realizzasse.
In tutto questa "storia" manca soltanto un aspetto, che risulta alquanto trascurato: il bene di Orvieto e dell'Orvietano dov'è?

 

Pubblicato il: 21/11/2006

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