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L'Orvietano agli orvietani. Contro Terni e Perugia

Di fronte alla nostra situazione di emarginazione affiorano almeno due atteggiamenti politici emblematici di diversi stati dell'animo e della ragione. Sono rappresentati da Capoccia e Barbabella

foto di copertina

di Dante Freddi 

 

Qualche giorno fa Giuseppe Ricci e Roberto Forbicioni hanno abbandonato il Consiglio provinciale in dissenso con la politica filoperugina ed antiorvietana di Cavicchioli e del Consiglio.

L'occasione è stata in quel caso l'approvazione dello statuto del Consorzio per lo sviluppo del Polo universitario di Terni.

L'articolo che raccontava il fatto ha sollecitato il contributo di un lettore che si firma "Frère Jaques". Scrive che "Finalmente anche la "sinistra" si sta accorgendo che la nostra città ed il nostro comprensorio sono marginalizzati sia dalla Provincia di Terni che tanto più dalla Regione dell'Umbria; ultimo caso, quello del Consiglio Provinciale di Terni, che ha approvato lo Statuto del consorzio per lo sviluppo del polo universitario di Terni, interessandosi soltanto marginalmente di quello orvietano. Come da sempre, sia la Regione che la Provincia lasciano solamente poche "briciole" per l'evoluzione della nostra zona. Possiamo dire che mai, tranne in taluni casi, sporadici ed unici, la nostra città ha avuto modo di essere aiutata nei settori trainanti dell'economia, del turismo, della cultura e dell'artigianato".


Frère Jaques esprime un sentimento diffuso.

E' l'antiternanismo e l'antiperuginismo che nel dopoguerra e poi alcuni anni fa animarono l'idea della Tuscia, riferimento territoriale ideale, vagheggiato come più omogeneo e rispettoso della dignità e delle istanze dell'Orvietano.

 

Di fronte alla nostra situazione di emarginazione affiorano almeno due atteggiamenti politici, che risultano emblematici di diversi stati dell'animo e della ragione nei confronti dell'argomento.

 

In tutti i consigli comunali orvietani in cui si affrontano questioni che riguardano i rapporti con la Regione e la Provincia, quindi spessissimo, si scontrano infatti le posizioni di Franco Raimondo Barbabella e di Marino Capoccia.

 

Le sintetizzo. Capoccia sostiene che non si possa ragionare al di fuori di un progetto provinciale e regionale ed è in quello che dobbiamo operare se vogliamo ottenere risultati. Con decisione ma anche con realismo.

Barbabella asserisce che dobbiamo presentarci a Terni e Perugia con la forza di idee condivise e della volontà di affermarle, senza cedimenti determinati più da articolazioni del potere interno alle formazioni politiche che non da giustificabili azioni di mediazione.


C'è del buonsenso in entrambe.


D'accordo infatti che siamo in Umbria, dobbiamo ragionare in questo contesto e tenere conto delle opposizioni e delle esigenze di altri, ma gli atteggiamenti supini che discendono dal rispetto di organigrammi partitici e che si "adattano" ad ambizioni personali non sempre coincidono con il bene comune, anzi quasi mai.

Certamente dobbiamo essere pratici e considerare che la popolazione di tutto l'Orvietano è un ventetesimo della Regione e quella di Orvieto un quarantesimo, che possiamo essere soltanto parte di un progetto. Ma non si può rinunciare a volare alti, che è un atteggiamento culturale e non un atto di presunzione.

 

Poi, dopo aver scritto queste note che vorrebbero essere equilibrate e concilianti, rispettose delle opinioni diverse e tese ad una sintesi positiva, capita di leggere un comunicato ufficiale dell'Amministrazione provinciale di ieri che recita "l'Amministrazione di Palazzo Bazzani -è stato assicurato dal presidente della Giunta provinciale- assumerà un ruolo attivo nei confronti delle problematiche relative alla presenza universitaria su Orvieto, sulla base delle potenzialità espresse da quel territorio e dalle opportunità derivanti dalla programmazione che il MIUR dovrà elaborare, sulla scorta delle necessità più impellenti che il Paese ormai presenta rispetto a linee di sviluppo che tutti sembrano individuare e che hanno bisogno di un sostegno reale e di scelte coerenti".


Allora, di fronte alla "lievità" di questo linguaggio subdolo, di questo "latinorum", direbbe Renzo, che ci tratta da sprovveduti e rimanda ad altri gli impegni e le responsabilità, la voglia di ribellione è prorompente. La ragione cede, il buonsenso è sopraffatto dalla rabbia e diventa quasi credibile perfino il programma di "Orvieto Provincia", il grido "W la Tuscia", lo slogan  Orvieto agli orvietani" e così di seguito.

Pubblicato il: 29/03/2006

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