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Le esequie avverranno domani alle 15 nel Duomo di Todi

Il cordoglio di Stefano Mocio, Stefano Cimicchi, Catiuscia MariniChi era Decio Lucio Grandoni. Note biografiche  

foto di copertina

di Stefania Tomba

ORVIETO - Si è spento ieri mattina nella sua residenza di Todi, alle 8.30, sua eccellenza monsignor Decio Lucio Grandoni, vescovo emerito di Orvieto-Todi.  E' scomparso all'età di settantasette anni, ventinove dei quali spesi alla guida della diocesi. Duramente provato da una lunga malattia, non aveva prò rinunciato il 14 febbraio scorso a partecipare alla presentazione del suo libro "La mia vita per il ministero sacerdotale cattolico", iniziato a scrivere proprio nel dicembre del 2003 quando, per sopraggiunti limiti di età, aveva lasciato il "pastorale" all'attuale vescovo, padre Giovanni Scanavino.  

Per le esequie, che verranno celebrate domani alle 15 nel Duomo di Todi, alla presenza dei vescovi dell'Umbria, è atteso l'arrivo del cardinale Ennio Antonelli profondamente legato a Grandoni dal quale venne ordinato sacerdote.  Anche Orvieto celebrerà una messa solenne che sarà officiata domenica pomeriggio alle 18 dall'attuale vescovo, monsignor Giovanni Scanavino. Da ieri pomeriggio alle 15, invece, la salma del vescovo emerito è esposta nella camera ardente allestita nella cripta della Concattedrale di Todi dove, al termine delle esequie, verrà tumulata.  

"In un'epoca di grandi trasformazioni, l'attività pastorale di monsignor Grandoni ha contribuito a far crescere la comunità orvietana, permettendole di mantenere saldi i valori fondamentali".  Era con queste parole che l'allora sindaco di Orvieto, Stefano Cimicchi, nel dicembre del 2003, conferiva la cittadinanza onoraria al vescovo in procinto di lasciare la città dopo ventoinove anni di reggenza della diocesi.  Ventinove anni di profonde trasformazioni, religiose civili sociali e culturali per la città del Duomo vissute in prima persona da Grandoni che, nelle questioni, non ha mai rinunciato ad entrare in prima persona.  "Per amare servire ed aiutare" come diceva respingendo, in questo modo, le patenti politiche che gli sono state, forse troppo spesso, affibbiate.  

Nella prima delle sue quindici lettere pastorali dal titolo: "Unum corpus multi sumus" sintetizzò i principali obiettivi del suo ministero episcopale: attuare i principi del Concilio Vaticano II, recepire le indicazioni pastorali della Cei favorire la comunione tra le due diocesi, promuovere la partecipazione attiva dei laici alla vita della Chiesa attraverso la diffusione dei ministeri istituiti e di, fatto, istituire il Diaconato permanente. Il 30 settembre 1986, con decreto pontificio, venivano soppresse le due diocesi di Orvieto e di Todi e monsignor Grandoni veniva nominato vescovo della nuova diocesi di Orvieto-Todi. Da subito si mise a lavorare per creare un rapporto più stretto a livello socio-economico fra le due realtà, anche con il contributo di eminenti studiosi come il professor De Rita, convinto del fatto che trattandosi di territori di confine correvano il rischio della marginalizzazione rispetto a centri più grandi e importanti della nostra realtà regionale e extraregionale.

Da menzionare, nel periodo della sua reggenza, il particolare impulso che diede all'Anno Santo 2000 aprendo le quattro basiliche giubilari della diocesi (Cattedrale di Orvieto, concattedrale di Todi, Santuario Eucaristico di Bolsena e santuario dell'Amore Misericordioso di Collevalenza), accogliendo 2mila 500 giovani giunti per la giornata mondiale della Gioventù e guidando il 7 maggio un pellegrinaggio a Roma con la partecipazione di oltre 5mila fedeli.  Per ben tre volte accolse in diocesi i sommi pontefici: Paolo VI a Bolsena nel 1976, Giovanni Paolo II a Collevalenza e a Todi nel 1981 e ad Orvieto nel 1990. Monsignor Grandoni dedicò particolare attenzione alla missione diocesana in Albania prima a Kalmett e poi a Fuschë Arrëz dove, anche grazie alla raccolta di fondi da lui promossa in occasione del suo giubileo sacerdotale, fu costruita la chiesa di San Giuseppe e tutto il complesso della missione comprendente asilo, laboratori e casa delle suore.

Ma come non ricordare anche le battaglie cittadine che portò avanti con ferme prese di posizione anche a rischio di suscitare vivaci polemiche.  Il no secco alle richieste della scienza di effettuare la prova del dna sul Santissimo Corporale.  O il no agli animalisti per una Palombella "simulacro": a quanti protestavano per il piccione vivo e chiedevano l'aiuto del vescovo per salvare la colomba dal trauma dei mortaretti, Grandoni chiese aiuto per salvare tanti feti dal trauma della morte.

Pubblicato il: 23/03/2006

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