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Cimicchi. Perché non realizzare, tutti insieme, una seconda edizione di "Orvieto: i luoghi della cultura"?

Interviene sul sistema museale della città e auspica un dibattito ampio. Con un "bocca al lupo" ai fabbriceri impeganti nella sistemazione delle statue degli apostoliIntanto gli apostoli cambiano casaOpera del Duomo. "Risposta ad Alberto Satolli e alla città di Orvieto"

foto di copertina

di Stefano Cimicchi

Capisco l'imbarazzo dei componenti il Consiglio di amministrazione dell'Opera del Duomo nell'affrontare le polemiche nate dal proposito manifestato recentemente di spostare "provvisoriamente" le statue dei dodici apostoli al Sant'Agostino.

Concediamo loro il riconoscimento della piena buona fede in quanto  si trovano a dover intervenire su materia delicatissima, in tempi stretti (il mandato dura solo tre anni e quando uno ha appena capito qualcosa già iniziano le "grandi manovre") e, quello che è peggio, con un complesso di scelte da compiere che farebbero tremare i polsi al più temerario degli esperti di storia dell'arte religiosa che esista in circolazione.

Dico subito che sono d'accordo con Satolli su un punto fondamentale. Con i materiali in possesso l'Opera potrebbe fare mille musei, ma se questi venissero realizzati senza un rigore filologico sarebbero solamente una vuota esibizione di arte antica e null'altro. Oggi nessuno leggerebbe più un libro di storia dove un determinato periodo non venisse pienamente contestualizzato in ogni suo aspetto, politico, artistico, filosofico, ecc.

Chiarito questo vorrei riprendere il ragionamento sulla buona fede dell'attuale Amministrazione dell'Opera. Io non ho dubbi su questo, perché se avessero voluto avrebbero ripreso la politica degli annunci anziché avanzare un progetto così impegnativo.

E allora perché non fare subito un altro importante passo in avanti?

Tutti sappiamo quale è il problema vero. Anzi i problemi reali che dobbiamo affrontare.

Primo: nella stessa commissione Bonelli emersero dei contrasti sulla versione del progetto Benedetti che prevedeva la teca (il catafalco!) al piano superiore  del Palazzo Bonifacio VIII.

Questo (il catafalco) escluderebbe la possibilità di ricongiungere le statue alle pale d'altare, che non si possono spostare perché due di esse  sono, una di pietra e l'altra di ardesia e difficilmente , se tolte da dove stanno da molto tempo, resisterebbero alle manipolazioni. Ne vogliamo parlare?

Secondo:la "furbizia" con cui il Comune fu costretto a farsi carico della donazione Greco ha creato un "vulnus" sulla rete di ambienti che avrebbero dovuto ospitare i musei dell'Opera. A parte i danni di vario genere subiti, oggi la donazione Emilio Greco rappresenta una realtà difficilmente minimizzabile, tanto più che la figlia dell'artista , attraverso  la Fondazione che  ne porta il nome, ha cominciato, da qualche anno a questa parte, a fare delle "cose meravigliose" in varie parti del mondo. Perché da problema non ne facciamo una risorsa e mettiamo l'argomento tra quelli da affrontare nella attuale fase della vita di Orvieto?

Terzo: il Parco Ambientale e Archeologico è oramai una realtà e finalmente si è trovato un equilibrio tra i vari pezzi dello Stato e grazie al lavoro che l'Amministrazione sta portando avanti insieme agli altri comuni dell'area orvietana sarà un parco "territorialmente vasto". La ricollocazione del Museo Archeologico Statale a Palazzo Crispo (all'entrata del Parco stesso, proprio sopra la Cannicella) chiuderebbe il cerchio per quanto riguarda gli spazi a disposizione dell'Opera del Duomo e non credo che all'interno di un ragionamento basato sullo spirito di collaborazione non sia possibile trovare una sede dignitosa per la Guardia di Finanza, auspicando nel contempo la trasformazione della attuale Tenenza in Compagnia , come sembrerebbe più adeguato al ruolo meritorio che essa sta da tempo svolgendo sul nostro territorio, e anche in considerazione del rango che la presenza della Scuola di polizia della G. di F. conferisce alla nostra città.

Se queste sono le questioni principali, ma ve ne saranno sicuramente molte altre, perché non aprire il dibattito aprendo una  mostra dei progetti redatti sull'argomento, a partire da quello elaborato dallo Scalza, e passando per quello redatto da D'Avanzo e G.Testa, a quello della Commissione Bonelli , e infine a quello illustrato nella tesi di laurea dell'architetto Valentina Satolli? Perché non realizzare, tutti insieme, una seconda edizione di "Orvieto: i luoghi della cultura" (un pezzo importante del Progetto Orvieto che non solo non è tramontato, ma non finisce mai di sollecitarci ad attenerci ad un metodo scientifico, anziché giocare sull'improvvisazione!) mettendo in chiaro le problematiche emerse in questi ultimi decenni e chiamando a dare il proprio contributo il mondo della cultura nazionale e internazionale?      

Coraggio dunque, non vi spaventate per qualche polemica, sarebbe stato da preoccuparsi se tutto fosse passato sotto il silenzio più assoluto.

Alcune iniziative, anche discutibili, possono essere prese all'interno di un percorso trasparente e sulla base di una chiara assunzione di responsabilità.

Tra qualche giorno ci sarà la commemorazione per la scomparsa del compianto professor Bonelli che, sempre, quando parliamo del Duomo, viene chiamato in causa.

Credo di conoscere il suo pensiero abbastanza per essergli stato vicino in tantissime occasioni, a partire dai lavori del Consiglio di amministrazione della Fondazione Faina.

Ebbene, egli non aveva una grande fiducia nel prossimo, e men che meno nei pubblici amministratori, tanto che quando riaprimmo il Museo Civico ammise che non se lo sarebbe mai aspettato.

Eppure, avendoci lavorato  a fianco, prima con Pugliese Carratelli , poi con Isidoro Galluccio e  con la costante e competente presenza di monsignor Rosatelli , credo che approverebbe un simile percorso che, ne sono certo, farebbe emergere definitivamente l'annosa questione dei musei che raccontano la storia del nostro Duomo, anziché farla rimanere come un fiume carsico come è stato fino adesso.

D'altra parte lui era perfettamente consapevole che il suo progetto sarebbe stato di difficile attuazione senza il contributo della Diocesi, del Comune e del Ministero competente, per le implicazioni che le varie proprietà comportano.

Anche per questo con il professor Tiberi venne sottoscritto un protocollo d'intesa, che per  certi aspetti dovrà essere aggiornato, ma che stabiliva un "clima"  tra le parti che negli ultimi anni è andato completamente perso.

Recuperiamo con coraggio un respiro strategico alle azioni che vengono intraprese e non demonizziamo chi si permette di dissentire, le polemiche costruttive saranno sempre utili.

In bocca al lupo.  

 

Pubblicato il: 14/03/2006

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