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Mille persone con un bicchiere al collo affollano la città

Sabato e domenica, mille persone al giorno passeggiano gustando la città. È un fenomeno di '"enogastronomia peripatetica", la filosofia di cui Orvieto e l'Orvietano sono capitali

"A spasso con Gusto". Programma e menù

foto di copertina

di Dante Freddi

Oggi e domani sono due giorni di festa per la città di Orvieto e per l'Orvietano.
Non costituiscono soltanto il"botto finale" del questo fuoco d'artificio che è stato quest'anno"Orvieto con gusto", ma ne sanciscono con certezza la validità della formula ed il successo. Duemila persone sono a spasso per la città con un bicchiere in mano e colmi di curiosità, di desideri, di interesse. Per la"zuppa di farro e ceci", per il"groppone di Ficulle", per quel rosso sapido, per lo scorcio di quel vicolo e quell'angolo mai visto.
Mille persone per giornata che mangiano insieme, si incontrano e si scambiano parole. È turismo, economia, cultura, socialità.

Ma su tutte le invenzioni  e le iniziative che hanno sostenuto questa settimana Slow, clamoroso è il conio di una finezza semantica partorita dall'ufficio stampa della manifestazione, che proponiamo venga adottata, registrata e divulgata:"enogastronomia peripatetica".
Passeggiare impegnati in"dotte" discussioni su vino e cibo, tra storia ascoltata e storia vissuta, tra la memoria dei sapori e quella dei saperi, tra l'assaggio consapevole di un cibo e l'"assaporamento" di un vino: questa è l'"enogastronomia peripatetica". È un atteggiamento filosofico, una scelta di modelli di vita, una scuola.

Facciamo seguire un brano tratto dall manifesto delle Cittàslow, la rete internazionale delle città per migliorare la qualità della vita per un nuovo umanesimo dell'essere e dell'abitare.
Serve per dare dignità a tutto il notro ragionamento, prima che qualcuno riduca l'evento a quattro passi tra crapuloni. 

Vivere in una città slow, ma anche amministrarla, è un modo di essere, un tratto distintivo del condurre la vita quotidiana in un certo modo rispetto ad un altro fin'ora maggioritario, un modo  rallentato, certo, meno frenetico, produttivista e veloce, ma senza dubbio più umanizzante ed ecologicamente corretto, più solidale con le presenti e le future generazioni, rispettoso del locale in un mondo sempre più globale ed interconnesso;

- vivere in una città slow, ma anche amministrarla, significa sdoganare a favore di tutti, metropolitani compresi, il grande bagaglio di esperienze, valori, sapienze, arte e scienza, presente nei piccoli centri, nelle ex terre marginali, nelle province e  periferie del mondo che ora si fanno centro. Significa contaminare i quartieri della grande città attraverso la qualità della vita, il mondo di relazioni e le prassi di gestione sociale ed economica sostenibili  proprie delle campagne, delle montagne, delle piccole isole;

- vivere in una città slow, ma anche amministrarla, significa vivere il tempo presente nel modo migliore possibile tenendo lo sguardo costantemente rivolto al futuro, utilizzare le grandi opportunità tecnologiche e culturali del nostro tempo senza mai dimenticare il patrimonio di esperienza che ci viene dalla storia e dalla cultura materiale dei popoli. Se Slow Food ha insegnato la difesa delle produzioni agroalimentari autoctone assieme alla messa in valore dei modi tradizionali di far cucina e dei sapori locali, da qui si parte per scoprire nelle città slow un mondo di eccellenze in diversi campi già oggi possibile e sperimentato. E' un modello da conoscere e mutuare che tocca non solo il cibo, la cultura e il sociale, ma anche l'urbanistica, l'ambiente, l'energia, i trasporti, il turismo, il mondo agricolo, la formazione dei giovani, le ragioni stesse di una comunità abitante;

- vivere in una città slow, ma anche amministrarla, significa in qualche modo declinare il moderno concetto del "buon vivere" e dell'abitare di qualità come impegno prioritario e diffuso a favore dei residenti; ma significa anche  risolvere a somma positiva la falsa contraddizione tra l'apertura ospitale verso il mondo  e l'orgoglio dell'appartenenza e delle specificità locali. Vuol dire anche avere concittadini consapevoli e informati pronti ad accogliere il moderno viaggiatore secondo i canoni dell'ospitalità più autentica;

- vivere in una città slow, ma anche amministrarla, significa riconoscere il complesso delle risorse materiali e immateriali del luogo, dall'ambiente al paesaggio naturale e urbano, dai beni storici e artistici alla cultura, anche enogastronomica, per rinsaldare o talvolta ricostruire un'identità cittadina che i mutamenti degli ultimi decenni hanno talvolta compromesso;

- vivere in una città slow, ma anche amministrarla, vuol dire mettere al centro la lentezza come valore, dare senso compiuto e concretezza alla rivoluzione temporale di chi, per storia, cultura e ambiente, ha resistito e resiste alle accelerazioni del Ventunesimo secolo, armonizzare i tempi storici con i tempi moderni, le ragioni della natura con quelle della cultura e dell'eco-nomìa;

- vivere in una città slow, ma anche amministrarla, significa in sintesi darsi il tempo per costruire qualità in tutti i settori del vivere civile, rallentare i ritmi e combattere i parossismi, per accorgersi ancora e sempre dei sapori, dei colori, dei profumi della città e del mondo"                

Pubblicato il: 08/10/2004

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