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Ma la città è proprio sull'orlo del baratro? e come si fa a non cadere giù?

"Ping Pong" #02 La palla lanciata a Pier Luigi Leoni e a Franco Raimondo Barbabella è un'affermazione di Confcommercio Orvieto: "In questo clima di disagio e di rassegnazione bisogna rilanciare anzitutto il centro storico..." . Contributo di Mario Tiberi

foto di copertina

"Ping pong" 26 settembre

In questo clima di disagio e di rassegnazione bisogna rilanciare anzitutto il centro storico: come si può pensare di aumentare le tariffe dei parcheggi, di eliminare completamente i posti liberi, di non pensare ad un frazionamento della sosta o a tariffe dedicate ai residenti?

 

 È del tutto evidente che viviamo in un clima di disagio. Ma ci fu mai un tempo in cui vivevamo in un clima di agio? Quanto alla rassegnazione, non mi sembra proprio. Nessun orvietano è rassegnato e ciascuno ha in testa il suo piano del traffico. Parlerei piuttosto di un clima di  confusione e di incertezza. Spero che si tratti di transizione a un'epoca in cui prevarranno la razionalità, l'ordine e la chiarezza.

L'assetto del traffico, secondo i principi del diritto, che in questo caso collimano col buon senso, dovrebbe essere affrontato col seguente metodo: individuare l'obiettivo pubblico primario e adottare provvedimenti che comportino il minimo sacrificio possibile di altri obiettivi pubblici secondari e degli obiettivi dei cittadini privati, sia come singoli, sia come famiglie, sia come categorie. Il metodo è di sicura efficacia se esistono le seguenti condizioni:

a) amministratori comunali intelligenti, onesti e coraggiosi, vale a dire in grado di capire quello che stanno facendo, di dimenticare i propri interessi personali, di informare e ascoltare tutti senza prendere le parti di nessuno, di mettere a rischio, se necessario, la propria popolarità, poiché "se uno non ha il coraggio di rischiare per le proprie idee, o le sue idee non valgono niente, o non vale niente lui" (l'autore di questo splendido aforisma finì al manicomio senza essere matto);

b) personale comunale che consideri una fortuna,  un onore e una missione lavorare al servizio della comunità, invece che di un datore di lavoro privato;

c) cittadini singoli e associati dotati di senso civico, ciò con una grandezza d'animo sufficiente per comprendere che non esistono solo i loro orticelli.

È solo così che si possono contemperare interessi che, per loro natura, sono configgenti. Il comune ha bisogno di denaro e non può stamparlo. La gente tiene stretto il denaro che ha, e spesso nemmeno ce l'ha. I ricchi non vogliono impoverirsi e i poveri vogliono arricchirsi, o almeno essere protetti. I commercianti vogliono guadagnare il più possibile e i clienti vogliono spendere il meno possibile. Gli automobilisti vogliono parcheggiare comodamente spendendo poco o niente. I non automobilisti vogliono camminare tranquillamente senza respirare gli scarichi dei motori.

È utopia il contemperamento di tutti questi interessi? Non lo credo proprio, perché il mondo sarebbe molto peggiore di quello che è se non prevalessero i valori. Ma i valori, per prevalere, non hanno bisogno di prediche. Hanno invece bisogno di un clima adatto che può consistere nell'entusiasmo di una fase di crescita o nella depressione causata da un crisi recessiva. Forse Orvieto comincia a essere abbastanza umiliata dal passato e dal presente perché possiamo sperare in sprazzi di lucidità amministrativa e di saggezza popolare.

Le mie opinioni sul traffico le vado strombazzando da anni e non è questa l'occasione per insistere: devo "acchitare" e non baloccarmi troppo con la pallina.

Ma anch'io, come tutti, ho in testa il mio piano del traffico e anch'io, come gli altri, non vedo perché debba stare zitto. Ne riparleremo.

Pier Luigi Leoni

Già, e chi non ha il suo piano del traffico? Ora raccolgo la pallina e schiaccio. Ma non certo con il mio piano, che non so se coincide con quello di Pier Luigi e in ogni caso sarebbe discutibile tanto quanto il suo. Invece sposando proprio la sua tesi metodologica, che in sostanza dice: se riusciamo ad individuare l'obiettivo pubblico primario ed adottiamo i provvedimenti conseguenti, essendocene le condizioni generali, risolveremo certamente il problema del traffico posto da Confcommercio. Sì, questo è il modello, ma siamo sicuri che la realtà consente almeno di avvicinarcisi? Ma quante condizioni!, peraltro condivisibili perché logiche: avere un metodo; tenere comportamenti positivi e coerenti da parte di tutti, amministratori, impiegati, cittadini; registrare l'esistenza di un clima adatto (per fortuna non si tratta di meteorologia, perché in tal caso la partita sarebbe già persa). Tutte insieme mi paiono tante, troppe. E poi, se non ho capito male, Confcommercio lamenta una crisi generale e chiede provvedimenti contestuali su più fronti: disciplina della sosta, tariffe, pulizia della città, occupazione, ecc. ecc. Cioè chiede una politica coerente, una generale azione di governo, decisa ed efficace, che abbia il suo fulcro e le sue priorità nei provvedimenti per il centro storico.

Ottimo, anzi, eccellente! E lo dico con riferimento sia alle richieste di Confcommercio, sia al ragionamento con sbocco quasi ottimistico di Pier Luigi. Tuttavia mi viene da fare qualche domanda, che sarà anche da Pierino, ma non può essere evitata. Questa, per esempio: quali sarebbero i provvedimenti per il rilancio del centro storico? Si tratta di pulizia, mettere ordine nell'arredo urbano, eliminare le brutture, impedire che ognuno faccia il comodo proprio, e tanto altro ancora su questo piano dei comportamenti individuali e collettivi? Concordo, ma viene da chiedersi: chi, oltre a proclamare di essere d'accordo, sarebbe d'accordo sul serio nel dire tolleranza zero? Ancora, si tratta di traffico ordinato, sosta ordinata, tariffe magari differenziate, ma logiche e adeguate alla necessità di una gestione sana e non demagogica? Concordo, ma viene da chiedersi: chi, oltre a proclamare di essere d'accordo, sarebbe d'accordo sul serio nel dire tolleranza zero a sosta selvaggia, scorrettezze di vario tipo e anche qualche privilegio piuttosto evidente?

Si può continuare (le questioni della residenza e dell'occupazione sono troppo complesse per esser trattate qui in poche battute), ma è evidente che rispetto ai comportamenti scorretti non servono proclami, ma solo regole chiare che vengono rispettate per costume perché si sa che vengono fatte rispettare. Come ho già accennato, c'è bisogno di una politica, che è fatta di idee e di azioni coerenti di governo. In questo senso Confcommercio ha ragione.

Anche qui però mi viene da chiedere: dove sono queste idee e queste azioni coerenti? Chi ce le deve avere? L'Amministrazione non le tira fuori e mi pare che non si possano evincere indirettamente dalla pratica. Però sembra che questo non interessi granché, forse nemmeno all'opposizione. Confcommercio o qualcun altro ce le ha? Nessuno si offenda se rilevo che tutti chiedono qualcosa, ma non si nota chi propone analisi e soluzioni strategiche, cioè durature, che richiedono il coraggio di esporsi e la volontà di lavorare per anni con metodo. Già, idee e metodo. A questo proposito debbo fare una domanda brutale: ma com'è che con la rubrica 'A destra e a manca' abbiamo proposto idee su tutte le questioni di un qualche rilevante interesse (in particolare proprio per il rilancio del centro storico) e non c'è stato uno di quelli che hanno rilievo istituzionale o che organizzano il consenso che abbia sentito il bisogno di discuterne con autentico taglio costruttivo? Poi però, come ho detto, da più di un pulpito si chiede che si faccia qualcosa, naturalmente ignorando quello che altri dicono e fanno.

Prendiamo (non a caso) il caso dell'ex caserma. Nel 2005 un progetto elaborato da una società del Comune fu approvato dal Consiglio comunale, e la Giunta di allora lo boicottò e lo mise da parte senza alcuna sensata ragione. Qualcuno di quelli che oggi invocano soluzioni purchessia per la ex Piave, e si danno da fare per dare indicazioni tra le più fantasiose, a suo tempo hanno fatto qualcosa degno di restare nella memoria contro quel comportamento dannoso della Giunta e di una parte rilevante del mondo politico? Hanno detto qualcosa di significativo? Hanno esaminato sul serio quel progetto? E, se non l'hanno fatto allora, lo fanno oggi? E se non piace o non si ritiene adeguato, che cosa si propone di diverso e alternativo? A Confcommercio e a tutti coloro che sono interessati al rilancio del centro storico sento perciò di dover chiedere (proprio il dovere di chiedere): se, com'è evidente, c'entra qualcosa con quell'obiettivo sacrosanto il riuso dell'ex caserma (turismo, cultura, formazione, ricettività, commercio, ecc. ecc.) siamo d'accordo che quell'area (Vigna Grande) deve essere usata a fini produttivi moderni, cioè in sintonia con la storia della città e insieme con le sue potenzialità di sviluppo dentro i processi di trasformazione che caratterizzano oggi l'economia e la società? Siamo disposti a dare battaglia senza interessi di parte (e per parte intendo non solo le parti politiche, ma quelle di ogni tipo e di ogni luogo) perché sia esclusa ogni soluzione pasticciata minimalista (tipo mettiamoci le mani noi, ché vi facciamo vedere quanto siamo bravi) oppure una soluzione spezzatino o purchessia, che poi significa solo furbate, speculazione o svendita? Ultima domanda, più generale, all'universo mondo: siamo d'accordo che bisogna superare la cultura del "tiè e dà qua" e adottare quella delle scelte strategiche che puntano a risultati duraturi perché fondate su analisi serie e interessi generali prioritari e perciò capaci di generare speranza e impegno collettivo?

So che con questo torno anche al discorso di fondo su che cosa si debba intendere per classe dirigente oggi, nella situazione di cambiamento radicale che in parte ci viene imposta dalla realtà che ci sovrasta, e però in parte spetta proprio a noi intendere, promuovere e realizzare. Il fatto è che, come diceva il saggio, "ciò che non si può evitare di fare si deve almeno incominciare a dire". Non escludo perciò che si possa aderire al prudente ottimismo di Pier Luigi, ma certo lo si può solo con una bella dose di coraggio: del pensare, del dire e del fare.

Franco Raimondo Barbabella


da Mario Tiberi

Amici a me carissimi,

Il tema da Voi trattato, nella seconda puntata della Rubrica "Ping-Pong", mi ha riportato con la memoria ad uno scritto che titolai "Orvieto opaca e le nuove generazioni". Tra le righe e non solo, potrete trovare quelle ragioni di prudente ottimismo e di coraggio che, mi pare, siano il motivo conduttore del Vostro dialogare odierno.

Nell'unire il predetto scritto, Vi saluto con cordiale affettuosità.

ORVIETO  OPACA  E  LE  NUOVE  GENERAZIONI.
Non capita tutti i giorni che il nome della nostra città venga elevato agli onori della cronaca come, poche mattine orsono, è accaduto in una trasmissione televisiva irradiata sui canali nazionali.
Detta trasmissione era incentrata sulle confessioni di due giovani fidanzati che da Roma, per ragioni di lavoro di lui, si erano da circa un anno trasferiti ad Orvieto.
Già una prima stranezza è rintracciabile nel fatto che motivi occupazionali spingano un lavoratore a migrare da una realtà metropolitana ad una di provincia quando, in via di normalità, avviene quasi sempre il contrario; la seconda, da rimarcare con maiuscola sottolineatura, consiste nella dichiarazione resa dalla ragazza che ha attribuito, senza mezzi termini, la fine del suo rapporto di coppia alla permanenza sul pianoro della Rupe.
Abituata alla vita frenetica, diurna e notturna, di un immenso bacino come Roma e alle sue mille attrattive ed occasioni di impegno e di svago, non ha esitato a dichiarare di essersi sentita alla stregua di una leonessa in gabbia e a definire la nostra città come spenta, triste soprattutto di notte, opaca e idonea ad ospitare solo gli anziani e i vecchi. E' stato un colpo al cuore per un amante di Orvieto come lo è l'orvietano che Vi scrive!.
Le bellezze paesaggistiche; gli angoli ameni; le piazze ornate da monumenti civili e religiosi unici al mondo; l'enogastronomia di qualità; l'artigianato d'eccellenza nella lavorazione del ferro e dei metalli preziosi, nelle ceramiche e nei trini e merletti; il Mancinelli con il suo nutrito cartellone teatrale e i concerti musicali; Umbria Jazz Winter ormai non bastano più a rendere attrattiva la nobile "Urbs Vetus" affinché i forestieri, particolarmente tra i giovani, vi possano vivere felicemente in modo stabile e duraturo.
Eppure io ricordo, avendole vissute in prima persona nei verdi anni della mia età, la vivacità di una città che era presente nelle case degli italiani e degli europei essendo protagonista di eventi televisivi quali "Campanile Sera" e "Giochi senza Frontiere", la brillantezza delle stagioni teatrali estive alla Fortezza dell'Albornoz di cui, memorabile, fu la rappresentazione del "Miles Gloriosus" di Plauto nella interpretazione di Alberto Lupo e Maria Grazia Spina, l'effervescenza contagiante per l'intera popolazione cittadina dei gemellaggi con la tedesca Lemgo, la francese Saint-Amand-les-Eaux e l'italiana Civitavecchia culminati nella preparazione di una pantagruelica frittura di pesce effettuata all'interno di un gigantesco padellone.
Con pochi spiccioli e tanta fantasiosa inventiva e per la proficua collaborazione tra Comune, Enti Statali e Azienda di Promozione Turistica, allora sapientemente guidata dall'indimenticato Avv.to Romolo Romoli, furono possibili avvenimenti che, oggi, non possiamo che rimpiangere.
Si dirà: erano altri tempi con esigenze ridotte e attese collettive che potevano essere soddisfatte con limitate risorse finanziarie; è vero, ma il segreto risiedeva proprio in questa magia che era così taumaturgica da consentire alla nostra città di essere viva e pulsante.
Un detto latino, forse poco conosciuto dal grande pubblico, così recita: "Si parva licet componere magnis", vale a dire che se è lecito paragonare le cose piccole alle grandi è possibile trarre sagaci insegnamenti dalle prime in funzione delle seconde.
Se, poi, scambiamo l'accusativo di "parva" con il dativo di "magnis" e il detto lo trasformiamo in "Si parvis licet componere magna", avremo allora che, se è lecito mettere insieme grandi cose con piccoli sforzi di buona volontà, non sarà impossibile riportare Orvieto agli allori di un tempo che sta ancora dietro l'angolo e che ci guarda con occhi vigili e severi.
Post-scriptum: il verbo "componere" può reggere sia l'accusativo che il dativo; se regge il dativo ha significato di comparare, confrontare, paragonare mentre, quando regge l'accusativo, assume quello di riunire, comporre, assiemare.



Ping Pong è la nuova rubrica di Orvietosì curata da Franco Raimondo Barbabella e Pier Luigi Leoni. Un appuntamento del lunedì in cui i due nostri "amici" raccontano la loro su una frase apparsa sul nostro giornale durante la settimana, una palla che io lancio ad uno dei due e che loro si rimpallano. Ci auguriamo che questo gioco vi piaccia e si ripeta il successo di "A Destra e a Manca". Naturalmente tutti i lettori sono invitati la tavolo di Ping Pong. Basta inviare una e-mail a dantefreddi@orvietosi.it 
Questa è la puntata 02.
Per verificare le puntate precedenti clicca qui

 

 

Pubblicato il: 26/09/2011

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