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C'è PING PONG

E' il primo numero della nuova rubrica del lunedì curata da Franco Raimondo Barbabella e Pier Luigi Leoni. I due nostri "amici" raccontano la loro su una frase apparsa sul nostro giornale durante la settimana. Questa volta commentano una affermazione di Còncina sul contributo della Fondazione CRO...Contributo di Mario Tiberi

foto di copertina

Ping Pong è la nuova rubrica di orvietosì curata da Franco Raimondo Barbabella e Pier Luigi Leoni. Un appuntamento del lunedì in cui i due nostri "amici" raccontano la loro su una frase apparsa sul nostro giornale durante la settimana, una palla che io lancio ad uno dei due e che loro si rimpallano. Ci auguriamo che questo gioco vi piaccia e si ripeta il successo di "A Destra e a Manca". Naturalmente tutti i lettori sono invitati la tavolo di Ping Pong. Basta inviare una e-mail a dantefreddi@orvietosi.it 

PING PONG 1. 19 SETTEMBRE 2011

"Ringrazio la Fondazione Cassa di Risparmio - ha detto il sindaco Còncina- che, sono certo, ci consentirà in futuro di affrontare il comparto culturale con serenità, impegno e orgoglio per una città che ha bisogno di essere risollevata in un clima di rinnovata serenità, e che ne ha tutte le capacità"

Di primo acchito (sic!) mi era venuto di partire con il piacevole, familiare, 'caro Pier', ma non è consentito dalla struttura della cosa 2 (tranquilli tutti, niente a che vedere con progetti politici notoriamente falliti). Né posso dire 'caro Pong', perché né io sono Ping né Pier è Pong, giacché entrambi possiamo essere e l'uno e l'altro a seconda di chi inizia e di chi risponde.

Comunque sia, faccio partire la pallina con un colpo a sorpresa, almeno così ritengo, per chi ragiona secondo la logica binaria (quella del si/no, vero/falso, tutto bianco/tutto nero). Io penso che la Fondazione abbia fatto bene a finanziare le attività teatrali e musicali (sia scuola di musica che ujw), che da una parte contribuiscono a non far andare la qualità della vita sotto i livelli di guardia, e dall'altra qualificano l'offerta culturale e turistica della città.

D'altronde con i lumi di luna che corrono in questi tempi bui, un'attenzione alla cultura è forse antidoto efficace per contrastare tanti fenomeni negativi, chiusure, impoverimento di sensibilità e di orizzonti, depressione culturale e perfino psichica. Si tratta di cose per persone particolarmente raffinate, per élites esclusive, insomma per privilegiati? No, di cose semplicemente da comunità civilizzate che vogliono restare civili. E non è vero che si tratta di elargizioni, ma di investimenti con forte connotazione sociale e certamente anche economica.

Peraltro mi pare che il modo in cui la Fondazione, attraverso il Presidente Vincenzo Fumi, ha presentato la decisione sia ineccepibile: finanziamento annuale non generatore di aspettative ulteriori, carattere territoriale, forte invito al rigore di gestione e alla capacità di guardare al futuro con i propri occhi e di camminare con le proprie gambe.

Pericolo scampato dunque, almeno per il momento, per attività importanti che vengono dal passato e che appartengono alla storia della città anche dal punto di vista delle logiche di gestione, non sempre proprio oculate. Perciò il sindaco Concina fa bene ad essere soddisfatto del risultato ottenuto: ha chiesto un salvagente e il salvagente è arrivato. Credo però che sbaglierebbe sia se si illudesse che così il problema è risolto, sia se pensasse che questo fa andare in secondo piano altri problemi in realtà non meno urgenti, come sono quelli che derivano dall'aumento dei servizi a domanda individuale, mense, trasporti, ecc. Molte famiglie, e non solo quelle con più di un figlio in età scolare, ormai versano in gravi difficoltà, i risparmi finiscono, margini di crescita non se ne vedono, il mondo incomincia ad essere nero. E i singoli, quelli con redditi normali, non stanno certo meglio (tanto per dire che non esiste solo il costo delle mense, quello dei parcheggi, ecc.).

C'è dunque un problema di tenuta sociale. Vuol dire che sarebbe stato meglio se la Fondazione avesse finanziato questi settori piuttosto che quelli della cultura? Dubito che la questione possa essere sensatamente posta così, perché mi pare di capire che la Fondazione non può intervenire, e in ogni caso sarebbe discutibile che intervenisse, in ambiti che sono di stretta pertinenza degli enti locali, in particolare del Comune. Essa però, quando sostiene le attività non più sostenute dal Comune, di fatto interviene in modo indiretto anche sugli altri permettendo di liberare risorse in questa direzione.

Comunque spetta al Comune stabilire le priorità, come spetta al Comune fare non solo una politica della spesa, ma anche una politica dell'entrata. La si fa? Se la si fa, non si vede. Insomma, per andare al sodo, c'è un tempo in cui tutte le questioni vengono a galla e si legano tra loro. Se c'è un disegno, il legame assume un sapore di positività; senza disegno, il legame assume il sapore del tampone. E se si tampona e basta senza cure adeguate, si va avanti per un certo tempo, ma poi la ferita imputridisce.

La palla dunque è in mano a chi l'ha voluta. La pallina invece parte per fare Pong.

Franco Raimondo Barbabella

Se la palla mi arriva così alta e senza l'insidia dell'effetto, sono costretto a schiacciare. Anche perché, quando sento parlare di Fondazione Cassa di Risparmio, divento cattivo. Sono stato per alcuni anni socio della Fondazione e quindi membro dell'assemblea. Penso che a tutti capiti di sprecare il proprio tempo per compiacere agli amici e al contesto in cui si vive. Ma il tempo che ho sprecato nelle riunioni assembleari mi rimorde anche di più di quello che ho dissipato nelle sedi dei partiti e nelle partite di tressette. Sono tanto arrabbiato che sono costretto a citarmi, richiamando stralci di un mio scritto che è passato al vaglio degli innumerevoli avvocati orvietani senza che trovassero appigli per farmi querelare.

"Bisogna partire dall'evidenza che la democrazia rappresentativa tende a portare al potere politico persone che rispecchiano la qualità morale e intellettuale media della popolazione. Perciò staremmo freschi se non esistessero numerosi contrappesi di natura non democratica per limitare i danni dei politici democraticamente eletti. Il contrappeso più formidabile è la magistratura, una casta che detiene le chiavi delle manette e delle prigioni. Chiavi che spaventano più degli interminabili processi. Altri contrappesi a livello nazionale sono gli ordini professionali, gli ecclesiastici, le sette sommerse e quelle emerse. Ma esistono anche contrappesi a livello locale, uno di questi sono le fondazioni bancarie. Hanno ben poco di democratico, infatti le loro assemblee si rigenerano per cooptazione, pescando nella cosiddetta società civile gente tranquilla e di buoni costumi, purché non sia povera. Le fondazioni gestiscono tanti soldi per interventi mirati di utilità sociale, molti più di quelli che gestisce la concorrenza, rappresentata dalle amministrazioni comunali. Le fondazioni dovrebbero essere in grado di evitare ciò che le amministrazioni comunali non sono in grado di evitare, cioè la distribuzione di denaro per acquisire il consenso. Dovrebbero realizzare interventi di alto valore sociale che la pubblica amministrazione trascura perché non portano voti, o ne portano pochi."

Allora era presidente l'arch. Torquato Terracina, del quale ammiravo l'abilità con la quale gestiva quella bella fetta di risorse finanziarie "dimostrando intelligenza, spregiudicatezza e tenacia eccezionali" e sapendo utilizzare "leggi malfatte, statuto colabrodo e dabbenaggine di molta gente per esercitare una specie di dittatura". Scrivevo: "Il presidente Terracina è in grado di partorire idee brillanti a getto continuo, alcune discutibili, altre infelici, ma molte ineccepibili. È  una mente feconda in mezzo a menti sterili, perciò si affeziona alle proprie idee e le realizza. Per poter esercitare la propria dittatura ha bisogno di tranquillità interna, che, in linea di massima, gli è garantita dall'interesse o dal candore o dalla dabbenaggine o dalla svogliatezza o anche dalla sincera stima dei componenti dei vari organi della Fondazione. Ma ha bisogno anche di tranquillità esterna, che egli si garantisce facendo il favore alle amministrazioni comunali, e soprattutto a quella di Orvieto, di cospargere cospicui fondi come e dove i Comuni hanno interesse, ma non possono per difficoltà di bilancio".

Adesso il presidente della Fondazione è un'altra persona per bene. E tutto funziona come prima.

E il sindaco Concina, che è uomo di mondo, è costretto a ringraziare pubblicamente e a stare pure attento a quel che dice in privato.

Sfoglio sempre i quotidiani alla ricerca di disegni di legge che seppelliscano le fondazioni bancarie. Perché, se è vero che le democrazia è piena di difetti, non è quella la strada per correggerli.

Pier Luigi Leoni


da Mario Tiberi

Carissimi Dante, Pier e Franco,
 
                          è con grande gioia e piacere che accolgo la nascita della nuova rubrica di Orvietosì battezzata "Ping-Pong". Sono convinto che, al pari di A Destra e A Manca, saprà tenere alto il livello del dibattito culturale e politico nella nostra realtà cittadina ed anche fuori di essa.
Ricordo che, agli inizi degli anni settanta, tenne banco per alcuni mesi quella che è passata alla storia come la "strategia del ping-pong", e cioè l'inizio della fase del disgelo nelle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cina. Non so se Voi siate degli abili giocatori come gli americani e i cinesi; so per certo, però, che siete degli attenti e arguti osservatori delle vicende umane e, quindi, da Voi ci attendiamo ulteriori e preziosi contributi nell'analisi dei fenomeni contemporanei.
Non entro nel merito della questione dissertata in questo primo numero perché, quando si parla di fondazioni bancarie, si parla di soldi e Vi confesso che il culto del "dio quattrino" non mi ha più tra i suoi fedeli. Mi riservo, invece, di intervenire su argomenti maggiormente alla mia portata.
Nel salutarVi cordialmente, Vi auguro ogni miglior successo. Il Vostro amico Mario Tiberi.


 

 

 

 

Pubblicato il: 19/09/2011

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