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Lettera aperta di una professoressa ad una mamma

Riceviamo e pubblichiamo la lettera ricevuta da questa insegnante, che offre un ulteriore e pacato contributo certamente utile per capire. Come volevamo, per capire non per decidere torti e ragioni

Riceviamo e pubblichiamo la lettera ricevuta da questa insegnante, che offre un ulteriore e pacato contributo certamente utile per capire.
Come volevamo, per capire non per decidere torti e ragioni.

Sono un'insegnante giovane della scuola media, con dieci anni di esperienza alle spalle e sono anche una mamma. Dopo aver letto la lettera aperta che una madre scriveva all'insegnante di suo figlio,  ho deciso di rispondere per esprimere il parere di chi all'interno della scuola vive e lavora tutti i giorni.

Sono dieci anni, purtroppo,  che vedo genitori che, appena notano un calo nella valutazione del proprio figlio, si scagliano contro il Consiglio di Classe, contro questo o quel professore, senza rendersi conto che un ragazzo di tredici anni attraversa una fase particolare della vita e che le motivazioni di uno scarso rendimento possono essere le più diversificate, spesso non legate alla scuola: ambiente familiare sfavorevole,  amori non ricambiati, genitori opprimenti. Per fortuna, nella maggior parte dei casi,  gli stessi genitori comprendono e si attivano insieme alla scuola per creare un clima più consono,  affinché il ragazzo possa proseguire il suo percorso nel migliore dei modi.

E' difficile pensare che un insegnante svolga la sua professione seguendo simpatie od antipatie, non credo che durante la mia esperienza sia mai capitato a me o ai miei colleghi, ma spesso da parte dei genitori ciò è stato recriminato.

La madre in questione usa termini molto forti: umiliazioni, vincitori e perdenti. Non è questo la scuola! Non ci sono né vincitori né vinti! Quando si parla di scuola e famiglia, i nuclei fondamentali della nostra società, si dovrebbe parlare di collaborazione, di unità di intenti affinché i cittadini in nuce, che sono i nostri figli, possano crescere e realizzarsi come uomini, migliori rispetto alla generazione che li ha messi al mondo.

Non voglio entrare in merito alla questione dei voti, anche se sembra che questa sia la preoccupazione principale della madre,  che parla solo di problemi con l'insegnante, senza pensare che forse il metodo di studio del figlio non era poi così adeguato alla terza media, come spesso succede.

Devo, infine, puntualizzare ciò che frequentemente non viene recepito dai genitori: la valutazione è un momento di riflessione sull'operato di alunni e professori. A nessun insegnante fa piacere bocciare perché la sconfitta è anche sua. Un voto non è la carta di identità di un ragazzo né vuole essere un modo per valutare l'operato dei genitori.

Colgo, quindi, l'occasione che la lettera di questa madre mi ha fornito, per ribadire che soltanto laddove c'è collaborazione e non delegittimazione può avvenire una crescita matura. La madre non avrebbe dovuto dire al figlio di "stringere i denti" perché ciò che il ragazzo ha recepito è: " Non è colpa tua ma questo ti è capitato e te lo devi tenere". Avrebbe invece dovuto, insieme a suo figlio e agli insegnanti, cercare motivazioni nuove . Non facendolo credo abbia perso un'occasione di crescita per sé e per suo figlio.

Mi dispiace per ogni insegnante che si sia potuto trovare in situazioni dello stesso tipo, in cui la forma delle recriminazioni è avvenuta in modo così plateale e non nelle sedi convenute, mi dispiace per ogni madre che pensa che l'8 sia una sconfitta per le sue aspettative e per suo figlio, ma soprattutto mi dispiace per ogni ragazzo che penserà per sempre che aver preso 8 sia stata una disfatta completa per sé e per sua madre.

Natascia Abbruzzese

Pubblicato il: 07/09/2011

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