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Vite vendute. Il Pd di Orvieto in difesa della Provincia, contro i conquistatori di stelle

" I sogni "irredentisti" di "piccole patrie", con un po' di Tuscia e un po' del Senese, sono comunque destinati a restare nel cassetto". "E' davvero stupefacente dover registrare le grida di gioia (recenti articoli degli esponenti del centro destra nostrano) alla parola d'ordine: "Abbasso la provincia di Terni"

foto di copertina

Riceviamo dal Partito Democratico di Orvieto e pubblichiamo

Al ritorno dalle ferie ferragostane gli italiani si troveranno di fronte alla manovra bis, capolavoro - speriamo l'ultimo - di questo sciagurato governo.

Concepita e varata in tutta fretta - quando tutti i nodi sono venuti al pettine e dietro l'avvertimento perentorio dell'Unione europea - è riuscita talmente sgangherata che ancora oggi non si sa come sarà riscritta e emendata dalla maggioranza che l'ha elaborata. Gli stessi partiti che oggi sostengono il governo Berlusconi sono a ferri corti l'un contro l'altro. Il Pdl contro la Lega che dipinge il futuro dell'Italia a tinte fosche, e torna a sognare la sua Padania indipendente. Modifiche alla manovra sono state promesse anche per bocca del presidente del Consiglio. Però, "a saldi invariati". Il Partito democratico presenterà le sue controproposte martedì.

Quello che per ora si legge e si sa della manovra è che si abbatterà come una scure sulla maggioranza degli italiani: un'ulteriore stretta per chi vive di suo lavoro, un taglio secco a ciò che era rimasto del welfare italiano, una aggravata condizione di incertezza per lavoratori e famiglie. Senza contare il duro colpo ad un federalismo ragionato.

Soprattutto, in assenza di un seppur minimo accenno alle politiche di sviluppo, la manovra cassa ogni visione del futuro per le giovani generazioni che, di fatto, si troveranno con le loro vite già vendute.

Molto si è parlato, in occasione di questa manovra, del "costo della politica" e del costo della "casta". La manovra identifica il rimedio al "costo della politica" - oltre al ridimensionamento dei consigli regionali e comunali - nella soppressione delle piccole province. Tra cui la provincia di Terni, perché la popolazione conta meno di 300.000 anime. Tra esse, anche noi di Orvieto.

E' davvero stupefacente dover registrare le grida di gioia (recenti articoli degli esponenti del centro destra nostrano) alla parola d'ordine: "Abbasso la provincia di Terni"! C'è chi vi vede l'embrione della rinascita della "Nazione" composta da "piccole patrie", chi l'agognata possibilità di riabbracciare i fratelli della Tuscia viterbese, oppure di fare l'aggancio al contrario, verso la fiorente Siena. Una vera "Sfida alle stelle", purché fuori dagli schemi ternani e perugini. Pare che basti abbattere la provincia di Terni per far rifiorire Orvieto, la "desolata landa" di oggi, come qualcuno si è espresso.

Ora, si fa presto a dire "Abbasso le province!" E poi? Le Province non sono soltanto palazzi di potere dove si annidano "quelli della casta" che "non vogliono lavorare" e "si fanno mantenere dagli onesti cittadini". Sono delle istituzioni con compiti ben precisi (rete stradale, edifici scolastici, uffici per l'impiego, difesa del suolo, del territorio, protezione civile), e incidono complessivamente per poco più dell'1,10% sul costo dello Stato. E' evidente che, così come la struttura complessiva dello Stato, necessitano di una riforma profonda. Per aumentarne l'efficacia e il rendimento; per tagliare la spesa improduttiva; per ripensare l'organizzazione della burocrazia dello Stato. Ma non certo per colmare il buco nelle casse del governo centrale.

Molte leggi, in questo senso, sono anche state approvate, ma non attuate. Il Partito democratico ha presentato, in data 21 giugno scorso, primo firmatario Pierluigi Bersani, una proposta di legge costituzionale per il riordino delle Province, "Modifica all'art. 133 della Costituzione" (www.partitodemocratico.it).

E' tuttavia ovvio che va approfondita la proposta che alcuni avanzano per la creazione comunque di un ente intermedio tra la Regione e le piccole realtà. Serve, anzi, è fondamentale: le competenze, oggi delle Province, sono di dimensioni troppo vaste per venir gestite dai singoli Comuni; e troppo specifiche, troppo legate alle realtà territoriali per lasciarle in capo alle Regioni. Nel caso dell'Umbria, si verificherebbe inoltre la situazione paradossale di una Regione che territorialmente coincide con l'unica Provincia, quella di Perugia.

In breve: la discussione odierna sulla sorte delle Province - anche della Provincia di Terni - riporta all'urgenza di ragionare sempre più e sempre con più incisività sul problema di "aria vasta". Aumentare le sinergie e la collaborazione a tutto campo tra enti di una data realtà geografica (e umana e culturale), si chiami Provincia o la si chiami in altro modo, è necessario oggi, e a partire da domani, indispensabile. Senza una rappresentanza e una forza "intermedia" concordata, i piccoli Comuni (come quelli dell'Orvietano) rischiano di ridursi in questuanti da anticamera negli uffici regionali.

Solo il rozzo semplicismo dell'attuale governo (un ukase: "soppressione"!, sulla base di un crudo calcolo demografico di una Provincia) può sortire il giubilo dei "patrioti" nostrani: come spiegare altrimenti la loro gioia di trovarsi domani, magari, tutti inclusi in un'unica provincia, quella di Perugia? Perché i sogni "irredentisti" di "piccole patrie", con un po' di Tuscia e un po' del Senese, sono comunque destinati a restare nel cassetto.

      

  

Pubblicato il: 23/08/2011

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