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Da un saggio del 1984 di Memmo Masnada uno stimolo per i cambiamenti di oggi

"A Destra e a Manca" #96 "Caro Franco, dopo ventisette anni, ancora stiamo parlando dell'albergo megalattico prossimo venturo, dello scandalo dei servizi igienici pubblici, della necessità di una città più pulita e accogliente e del Duomo-santuario. Dopo ventisette anni ancora abbiamo la faccia tosta di lagnarci del turismo mordi e fuggi, ma facciamo del tutto per farlo fuggire e per fargli pagare troppo caro quel poco che morde". Contributo di Mario Tiberi

Caro Franco,

è passata una generazione da quando, nel 1984, la redazione del "Comune Nuovo" curò la pubblicazione di un saggio di Domenico Masnada, al tempo direttore dell'Azienda di Turismo, intitolato "Realtà Immaginazione Turismo". Nella prefazione non firmata, ma scritta, almeno così mi sembra di ricordare, da Dante Freddi, sta scritto che "le potenzialità [turistiche] del comprensorio orvietano debbono essere individuate nella totalità, con un quadro chiaro ed esauriente, e le scelte degli operatori economici e degli amministratori degli enti locali debbono procedere all'unisono e coordinate all'interno di una seria programmazione."

Nell'introduzione non firmata, ma scritta, almeno così mi sembra di ricordare, dal sottoscritto, si legge che "un discorso sul turismo non può prescindere dal fatto che le due città pontificie, Orvieto e Viterbo, fanno parte di un hinterland con molteplici elementi di aggregazione: dalla realtà geografica a quella socioeconomica, dalla storia alla cultura e alle tradizioni religiose. Per quest'ultimo aspetto è poi singolare il legame tra Orvieto e Bolsena."

Masnada analizza con competenza, capacità di sintesi, e dovizia di dati i vari aspetti del turismo dei quali fa il catalogo spiegando le cose come stanno e come potrebbero essere migliorate. Per comodità dei lettori e tua, cerco di fare una sintesi. Ma prego veramente il nostro Direttore di pubblicare il saggio su Orvietosì, senza dimenticare i deliziosi disegni del bravissimo Renzo Orsini.

TURISMO RELIGIOSO

È sempre esistito in Orvieto. Sono carenti le cerimonie religiose, molto care a chi pratica tale tipo di turismo. Carenti sono pure le strutture ricettive adatte per coloro che si muovono in pullman organizzati da enti religiosi. Mancano offerte di pacchetti turistici che includano escursioni a Bolsena, Civita di Bagnoregio, Montefiascone e Viterbo.

TURISMO SCOLASTICO

Mancano offerte per ospitalità a prezzi contenuti, magari semplificando col self service il costo dei pasti, per trattenere almeno due giorni le comitive e proponendo escursioni nei vicini centri del Lazio e della Toscana celebri per le testimonianze della civiltà etrusca, medievale e rinascimentale.

TURISMO DELLA TERZA ETÀ

Orvieto è molto gradita dagli anziani perché tranquilla e riposante. Vi è però carenza di promozione turistica rivolta a enti e associazioni che si occupano della terza età.

TURISMO D'AGENZIA

La gran parte del movimento turistico fa capo alle agenzie, che devono essere raggiunte con una efficace propaganda, una puntuale informazione e con la partecipazione alle iniziative in cui si contrattano con largo anticipo i pacchetti turistici.

TURISMO CONGRESSUALE

È incrementabile mediante l'offerta di strutture ricettive di grande capacità e qualità.

TURISMO INDIVIDUALE

Chi cerca una vacanza alternativa al mare, alla montagna e al lago, raramente sceglie il territorio orvietano, perché non trova aree verdi, servizi igienici, aree di sosta attrezzate per caravan e camper, appartamenti a prezzi contenuti e quant'altro è ricercato da chi cerca un luogo di villeggiatura, generalmente insieme alla propria famiglia.

TURISMO ESTERO

Non è un tipo di turismo a sé stante, ma un aspetto che riguarda alcuni dei tipi di turismo, del quale deve essere tenuto conto nell'approntare l'offerta turistica e la sua promozione.

Caro Franco, dopo ventisette anni, ancora stiamo parlando dell'albergo megalattico prossimo venturo, dello scandalo dei servizi igienici pubblici, della necessità di una città più pulita e accogliente e del Duomo-santuario. Dopo ventisette anni ancora abbiamo la faccia tosta di lagnarci del turismo mordi e fuggi, ma facciamo del tutto per farlo fuggire e per fargli pagare troppo caro quel poco che morde.

Abbiamo perso una generazione e ne stiamo cominciando a perdere un'altra.

Tu che sei esperto nella ricerca dei perché, aiutami a trovare il bandolo.
Tuo Pier


Caro Pier,

ti sono grato per attribuirmi spesso capacità che non ho. Anche nel settore del turismo, per il quale tuttavia mi esercito in analisi e proposte perché qui in particolare mi sembra che le categorie ermeneutiche generaliste possano essere applicate con un certo successo. Vengo dunque al tema, non prima però di aver magnificato la scelta di dedicare al turismo le riflessioni di questo numero ferragostano della nostra rubrica, con la consueta illusione che quello che diciamo risulti in qualche modo utile.

Ricordo benissimo il saggio del carissimo amico Memmo Masnada, pubblicato negli anni in cui ero sindaco. Lo lessi e lo apprezzai, per la lucidità e la concretezza, e soprattutto per quel taglio moderno che proponeva di sostituire l'idea del turismo (fenomeno indistinto) con quella dei turismi (fenomeno articolato che richiede politiche specifiche, interventi mirati e professionalità elevate).

Allora mi dispiacque non poco constatare, e oggi mi dispiace di non riuscire ancora a digerire, il fatto che quella pubblicazione fu fatta in polemica manco tanto sfumata con l'amministrazione comunale, quasi a voler sostenere che poco o nulla l'amministrazione (e ovviamente non solo l'amministrazione) faceva per la modernizzazione del turismo. Eravamo al contrario negli anni del massimo sforzo (mai portato fino ad allora a quel livello ad Orvieto) per generare uno sviluppo moderno a scala territoriale, sulla base della trasformazione del risanamento della rupe da problema a opportunità e progetto. Erano appunto gli anni del Progetto Orvieto, il tentativo di considerare i problemi in modo unitario e di dare ad essi una soluzione coordinata e coerente tale da essere efficace e di durare nel tempo. Una sfida ad una storia di marginalizzazione ed alla mentalità della rinuncia.

Caro Pier, allora con te e Dante, e con gli altri amici del Comune Nuovo non ci capimmo. E' vero che prevaleva la contrapposizione ideologica ed è anche vero che lo strapotere della sinistra poco spazio lasciava ad una libera dialettica pluralistica, ma è anche vero che dall'altra parte c'era un atteggiamento ostile e liquidatorio proprio nei confronti di chi tentava con tutte le forze di portare la sinistra su posizioni culturali, politiche ed economiche, di tipo europeo, intendo dire di socialdemocrazia europea. Ti ricordo che non a caso settori della DC "flirtavano" costantemente con i settori più conservatori del PCI e non a caso, quando si trattò di liquidare senza troppi complimenti quell'esperienza, quel flirt divenne una vera e propria alleanza ed ebbe successo. Insomma, sia di qua che di là c'erano soggetti che volevano cambiamenti reali, ma questi soggetti non si cercarono e non si capirono, e prevalsero gli interessi più forti delle buone idee e delle buone intenzioni.

Quanto detto ora solo per non attribuire agli altri la responsabilità esclusiva di ciò che è accaduto. Ma, appunto ciò detto, occorre dare a Cesare quel che è di Cesare, senza ipocrisie. E la metto come di seguito, stringatamente perché è ferragosto, e non voglio in alcun modo approfittare della pazienza di quei coraggiosi che decidono di leggerci anche in questo periodo. La realtà orvietana è fortemente caratterizzata da una diffusa e soda resistenza al cambiamento, non riconducibile solo all'influenza della cultura contadina, ma anche ad altri fattori, tra i quali in particolare la debolezza e la pigrizia dei ceti medi. Una situazione sulla quale ha prosperato una classe dirigente che ha lavorato più a tener buoni che a stimolare, più a preparare carriere che ad elaborare progetti. Il cambiamento è stato sì praticato, ma sulla base di una legge non scritta fatta di un solo articolo, quello che recita "Levati tu, ché mi ci metto io", cioè l'assassinio di ogni cambiamento. Alla lotta delle idee ovviamente si sono preferite cose più semplici e sbrigative come la maldicenza e l'intrigo.

Ritengo dunque giusto riscoprire oggi il contributo di Memmo del lontano 1984: ci sono lì aspetti ancora attuali e comunque allora si trattò, come ho detto prima, di un lavoro intelligente. Avverto però l'esigenza di ribadire un concetto su cui insisto ormai da molto tempo: se non c'è chi sa ascoltare, è inutile dire; e se non ci sono le condizioni bisogna crearle. Noi ci abbiamo creduto e ci lavoriamo. Se non basta bisogna fare di più e meglio. Se le strade percorse non sono buone, cambiamo le strade. Peraltro bisognerà tener ben presente che i cambiamenti in corso sia a livello internazionale che europeo e, da ultimo, italiano, sono di tale portata che costringeranno tutti a rivedere moltissime cose, analisi, giudizi, prospettive. Si dovranno compiere riorganizzazioni, reinventare strategie, fare scelte dolorose. Basti pensare ad esempio a ciò che si dovrà fare sul piano istituzionale: una vera e propria rivoluzione!

Nota di pessimismo: Memmo, alla metà degli anni ottanta, voleva un turismo moderno in una città migliore; lo volevamo anche noi; non capendoci, abbiamo consentito che vincessero i nemici del cambiamento. Nota di ottimismo: chissà che oggi, a barriere ideologiche cadute, a cambiamenti radicali generali in corso sopra le nostre teste, con l'acqua alla gola per gli errori compiuti dai decisori di ieri e di oggi e per la loro mancanza di coraggio nel fare le scelte che servono sul serio, non si realizzino le condizioni che per quasi trent'anni non si sono realizzate! Questa volta però niente falsi profeti e tanto meno rivoluzionari di professione. Solo gente normale, che sa e sa fare. C'è anche ad Orvieto. Ma deve lavorare insieme.

Tuo Franco


da Mario Tiberi

Carissimi Pier e Franco,

                        con cadenza settimanale seguo sempre con viva attenzione le Vostre acute riflessioni sul mondo contemporaneo, specie quello orvietano, e ne ricavo utilissimi elementi di meditazione che mi accompagnano per intere giornate. Scrivere e leggere, olisticamente parlando, serve a vivere meglio e, soprattutto, aiuta a conoscere se stessi e gli altri più in profondità.
Di rado, e me ne scuso, intervengo nella discussione da Voi di volta in volta aperta e, ciò, per non prestare il fianco a critiche del tipo di quelli che se la cantano e se la suonano da soli.
Nella rubrica uscita ieri, però, sono rimasto così colpito dalla frase che andrò a riportare tanto da non potermi esimere dal brevemente commentarla.
In sintesi, si sostiene che è da sfrontati doversi lagnare del turismo "mordi e fuggi" tipico della nostra città, quando si fa di tutto per farlo fuggire e per fargli pagare troppo caro quel poco che morde.
Lapidarie parole, sacrosante e vere, reale rappresentazione del mesto scenario cittadino, caduto verticalmente a cagione di una mediocrità diffusa sia tra il popolo che tra i suoi amministratori, non tutti in verità, e di maggioranza e di opposizione. Pochi si salvano, e tra questi certamente il coautore di "A destra e a manca", ma alle intuizioni e alle valide idee di codesti pochi non si presta il dovuto ascolto, semmai li si blandisce con una pacca sulle spalle e niente di più.
 E la città langue e si dispera. E si dispera invano perché non è tanto onesta da ammettere che la causa dei suoi mali, non altrove, ma solo in se stessa deve ricercarla. Lo scaricabarile delle responsabilità è in pieno svolgimento e, di questo passo, non si saprà più con chi prendersela, quando invece sarebbe saggio imboccare ben altre strade ed abbandonare per sempre quella della ricerca del tempo perduto.
Orvieto lo deve sapere una volta per tutte: noi del COVIP ci siamo, la nostra porta è sulla via principale e, perché sia aperta, basterà che i nostri concittadini vi bussino con un elementare tocco, magari lieve e di soppiatto per non scoprirsi eccessivamente.
O per insano masochismo, cari Orvietani, preferite il fondo del pozzo cupo pur di non concederci soddisfazione?.
Vi saluto con affetto.


La rubrica di Orvietosì  "A Destra e a Manca"è alla novantaseiesima puntata. La rubrica è animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose". 
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca". 
La rubrica esce ogni lunedì.

Per verificare le pubblicazioni passate clicca qui.

Pubblicato il: 15/08/2011

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