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Orvieto. Sarà dura, ma ce la faremo

A Destra e a Manca #83 "La Giunta e la maggioranza non hanno uno straccio di idea, né del ruolo della città e del territorio, né in questo ambito della stessa ex caserma; in secondo luogo, che stanno continuando la perversa logica della precedente amministrazione e aggiungono solo ulteriore tempo e quindi ulteriore sperpero". Contributo di Paolo Borrello

Caro Pier,

ricorderai il famoso discorso di John Fitzgerald Kennedy del 25 maggio 1961 al Congresso degli USA sulla conquista dello spazio: la nuova frontiera (discorso di Los Angeles del 14 luglio 1960) veniva proiettata verso la scienza e la tecnologia spaziale; il popolo americano sarebbe stato in grado di affrontare le grandi sfide del futuro e il sogno americano sarebbe stato realizzato.

Quel discorso mi è tornato in mente quando pochi giorni fa ho visto che l'ultimo Space Shuttle è rientrato dalla sua missione per andare in pensione, avendo fatto quello per cui è stato costruito: le missioni spaziali, con le ricerche scientifiche e gli esperimenti programmati, cioè il sogno americano di cui aveva parlato JFK nel suo discorso del 1961.

Anche noi nell'ultimo numero della nostra rubrica abbiamo parlato di un nostro sogno, che potremmo chiamare "il sogno orvietano". Me lo avevi proposto tu con riferimento a promettenti prospettive di sviluppo del nostro territorio in relazione a movimenti di modernizzazione dell'area viterbese. Io ti ho assecondato parlando a mia volta di nuovi aspetti di movimento della politica umbra, che, se visti in collegamento con quelli viterbesi, potrebbero farci sperare in un rilevante ruolo interregionale del nostro territorio. Ma ti ho anche avvertito che, senza una classe dirigente che sappia coniugare le operazioni sul deficit e sul debito con quelle sullo sviluppo, la nostra storia si ferma e la costruzione di un futuro da noi stessi costruito scompare dal nostro orizzonte.

Vedo che quello che allora temevo è poi in effetti accaduto: non solo è stato approvato un bilancio di tipo puramente contabile, direi di ragionieristica sopravvivenza, ma si è deciso di fare ciò che anche solo per sensatezza non si sarebbe mai dovuto fare, cioè vendere la palazzina comando dell'ex caserma Piave.

Ho ascoltato i tuoi interventi sia sul primo che sul secondo aspetto e ti do volentieri atto di aver detto quel che pensi fino al limite del dicibile nell'ambito di una logica di maggioranza che tu, da persona seria e coerente qual sei, rispetti.

Resta però il fatto che il bilancio 2011 non aggancia alcuna prospettiva né di risanamento né di sviluppo, ché anzi, contribuisce di sicuro ad aggravare sul piano locale le tendenze recessive e depressive già pesantemente indotte dal protrarsi e dall'aggravarsi della crisi generale del nostro Paese. E resta il fatto che, per quanto concerne la palazzina comando, la decisione di una vendita separata indica in modo incontrovertibile almeno due cose: in primo luogo, che la Giunta e la maggioranza non hanno uno straccio di idea, né del ruolo della città e del territorio, né in questo ambito della stessa ex caserma; in secondo luogo, che stanno continuando la perversa logica della precedente amministrazione e aggiungono solo ulteriore tempo e quindi ulteriore sperpero.

Il risultato è che si fa sempre più strada le demagogica e stupidissima idea che quel bene pubblico è ormai non una straordinaria occasione di qualificazione e viluppo, ma un peso gravoso, insopportabile: incapaci di risolvere il problema, dopo avere letteralmente impedito di farlo a chi ne aveva studiato e concretamente avviato il percorso, i rappresentanti del popolo orvietano si succederebbero così gli uni agli altri con la trionfale ambizione di liberarsene al più presto. E sono convinto che se per puro caso ci riuscissero, sarebbero pure capaci di presentarsi al popolo dicendo di aver ottenuto un grande successo, e non è da escludere che sarebbero forse anche creduti e premiati.

Si dice che era assolutamente necessario fare così per ragioni puramente tecniche (sostituzione di beni che non si è riusciti a vendere) e che nessuno ha intenzione di fare dell'ex caserma uno spezzatino. Ma, se è consentito, questo avvalora ancor la sensazione che ci si sa solo arrabattare e comunque si lanciano messaggi devastanti all'interno e all'esterno della città.

Caro Pier, gli americani, quando credono in qualcosa, accettano la sfida, si impegnano, si organizzano e realizzano il sogno: è accaduto con la conquista dello spazio e con parecchie altre sfide. La nostra è certamente una sfida ben diversa e non richiede sforzi immensi, ma solo buon senso, qualche capacità, un po' di lungimiranza e una buona dose di onesto e costante impegno. Cose non impossibili. Io vorrei continuare a coltivare, insieme a te e a tanti altri nostri concittadini che hanno una visione alta della politica, il sogno orvietano. Credo che non sia assurdo pretendere da noi stessi almeno di non sprecare le poche risorse di cui disponiamo, e di conseguenza di fare ogni sforzo, per impedire che si uccida il futuro di questa nostra amata città.

Per questo sento di doverti e poterti chiedere: in queste condizioni, tu pensi che sia ancora possibile?

Tuo Franco

Caro Franco,

circola una battutaccia sulla vicenda dell'ex caserma Piave. Gli amministratori comunali continuano a comportarsi come il cane che fa la guardia all'aglio: non lo mangia, ma impedisce agli altri di mangiarlo, così finisce che l'aglio va a male. La società RPO, sotto la tua presidenza, studiò e propose delle utilizzazioni. L'amministrazione Mocio boicottò quelle soluzioni; l'amministrazione Concina ha boicottato le soluzioni di Mocio. Adesso, per far contenta la Corte dei Conti, la palazzina comando è stata inserita tra i beni da vendere per ripianare il deficit. Ma si sa che il prezzo è alto e lo stabile non è libero. Del casermone si sa solo che sta andando a male.

Tu dici che non c'è una classe dirigente. Io penso che ci sia, ma non la fanno dirigere. Un tempo me la presi col retaggio contadino degli amministratori di sinistra. Sostenni che essi non amavano l'acropoli orvietana, dove per secoli s'erano annidati i padroni terrieri, nonché gli artigiani, i bottegai e i braccianti, che si odiavano tra loro ma li univa il disprezzo per i contadini. Sostenni che avevano voluto il dilagare dei sobborghi perché li consideravano loro creature, perché lì potevano abitare in case di loro proprietà e non negli odiati casali degli odiati padroni, perché lì si potevano lavare con l'acqua corrente, circolare puliti, fare vita sociale, sentirsi forti politicamente e dominare la città antica. Avrei voluto completare l'opera scrivendo un saggio sulla pavidità, l'inettitudine, l'opportunismo e la pochezza intellettuale del ceto medio. Ma a quel ceto appartenevo e mi convinsi che doveva essere la gente di sinistra a replicare. La replica non è mai arrivata. Segno è che la casta si sentiva molto forte e sicura.

Dopo quindici anni dal mio pamphlet "Orvieto kaputt - la vendetta del villano", non posso prendermela ancora con la mentalità post-contadina. So bene che le idee fisse sono pericolose, anche se da un bel po' hanno abolito i manicomi. Quindi devo almeno abbozzare una teoria per spiegare l'assenza di una classe dirigente. È per questo che sostengo che la classe dirigente c'è, ma non la fanno dirigere. Per esempio, non penso proprio che tu non sia in grado di dirigere. Dirigi egregiamente il più grande istituto scolastico orvietano, non saresti in grado di fare la tua parte al servizio del comune? Quanto alla mia modesta persona, non pensare che io mi stimi tanto poco da ritenermi soddisfatto del credito che ottengo come consigliere comunale. Ma potrei fare l'elenco di varie persone che, più degnamente di me, potrebbero essere valorizzate e, se già occupano cariche importanti, dovrebbero essere più apprezzate e aiutate. Allora devo pensare che la protervia post-contadina si è saldata con la frustrazione piccolo-borghese per impedire una evoluzione delle cose che annienterebbe entrambe. Dobbiamo combatterle a oltranza.

Tuo Pier


da Paolo Borrello

Gli interrogativi che vi siete posti sono molto interessanti: c'è o non c'è una classe dirigente a Orvieto? E se c'è è vero che non viene lasciata dirigere? A mio avviso,  molto sinteticamente, le risposte sarebbero le seguenti.
Ci sono alcuni ad Orvieto che potrebbero far parte della classe dirigente della nostra città, ma sono pochi. Mancano soprattutto coloro che pur dovendosi e volendosi occupare anche delle questioni locali hanno, contemporaneamente, una visione generale, di quello che succede in Italia e nel Mondo. E la carenza di classe dirigente contraddistingue tutte le fasce di età, nel senso che non mi sembra che sia maggiore fra i giovani e neppure, all'opposto, che sia maggiore fra gli "anziani" (fra questi ultimi mi ci metto anche io).
Quei pochi che potrebbero far parte della classe dirigente sono ostacolati in molti modi. Sono ostacolati soprattutto coloro che pensano con la loro testa, coloro che intendono mantenere la propria autonomia di giudizio, coloro che cercano di perseguire non solamente i propri interessi personali.
Nella consapevolezza, però, che tutto ciò non si verifica solo a Orvieto, ma rappresenta, purtroppo, un elemento caratterizzante del sistema politico, economico e sociale del nostro paese (volutamente con la p minuscola.).


La rubrica di Orvietosì  "A Destra e a Manca"è alla novantatreesima puntata. La rubrica è animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose". 
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca". 
La rubrica esce ogni lunedì.

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Pubblicato il: 25/07/2011

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