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Ancora sulla Piave. Conviene sfogliare la margherita o andare al cuore del problema?

'A Destra e a Manca' #87 Considerazioni a margine dell'incontro sul Casermone in cui si sono confrontati Franco Raimondo Barbabella, Gianni Stella e Carlo Tonelli. Tanti sassolini tirati fuori dai piedi dolenti, ma la Piave e l'ospedale sono ancora lì,  in condizione sempre maggiore di degrado

Caro Franco,

nel confronto del 10 giugno, organizzato bene e al momento giusto dal nostro Direttore, tu e Giovanni Stella avete avuto l'opportunità di cavarvi tutti (o quasi) i sassolini dalle scarpe. Mentre Carlo Tonelli ha avuto l'occasione di dimostrare ancora una volta che è una persona per bene, e che è più scaltro di quanto viene stimato e di quanto vuol apparire. È emerso chiaramente che la posizione del sindaco, per quanto riguarda Vigna Grande (e non solo) non è comoda. L'opinione pubblica, anche quella gli è più favorevole, è quantomeno disorientata. Tu, che presiedesti la società pubblica che elaborò le proposte di destinazione di Vigna Grande, hai mostrato di essere giustamente indignato sia nei confronti della passata che della presente amministrazione per gli equivoci sull'operato della società malevolmente creati, malignamente alimentati o cinicamente tollerati. Stella, che cercò di consigliare sia il precedente che l'attuale sindaco, è stato trattato da entrambi come se fosse meno sveglio di loro. E, sebbene sia più buono e paziente di quanto voglia far credere, ha detto chiaramente che non se la sente più di essere preso in giro. Né sottacerei che, qualche giorno fa, hanno sbottato persino i consiglieri e gli assessori del PdL, che pretendono dal sindaco risposte rapide per giustificare ancora la propria fedeltà e poterlo difendere davanti alla popolazione orvietana. Del resto la popolazione è sovrana e, come  tale, può dimenticare di essere corresponsabile del disastro della città e può pretendere miracoli senza essere spennata: strepita appena le viene strappata qualche piuma, figuriamoci quando si sentirà strappare le penne più tenaci. Che le strappino amministratori eletti o che le strappi un commissario prefettizio, secondo me c'è differenza, ma ci vorrebbe un momento di realismo e di buona volontà che non è maturato né a destra né a manca. Pazienza.

Ora consentimi qualche nota a margine della riunione dell'incontro del 10 giugno.

Giovanni Stella ha tirato fuori, e diffuso in copia agli intervenuti, una lettera del giorno prima con la quale una società d'investimenti, membro del gruppo cui appartiene uno dei due soggetti che avevano partecipato all'abortita gara per la concessione di Vigna Grande, manifesta ancora interesse all'investimento. Stella ha minimizzato l'irregolarità formale che motivò l'inammissibilità delle offerte. In pratica, ci si sarebbe attaccati a un cavillo per mandare all'aria una gara alla quale la nuova amministrazione era ostile. Per quel che ne so, l'irregolarità era pesante e significativa: i soggetti offerenti non avevano presentato le cauzioni provvisorie. Orbene, le cauzioni provvisorie servono a garantire che le intenzioni dei partecipanti alla gara siano serie. Se uno partecipa a una gara pubblica e, avendola vinta, non si presenta a firmare il contratto, perde la cauzione provvisoria, che viene incamerata dall'ente. Se non c'è la cauzione provvisoria, l'ente rischia di perdere tempo e quattrini, ed è per questo che essa è indispensabile per legge. Le buste, per legge, non potevano essere aperte e Stefano Rodotà, l'illustre giurista che presiedeva la commissione di gara, non poteva permettersi di avallare una palese illegalità. Ma la sostanza del problema è un'altra: in molti avevamo intuito (e Stella, come ha affermato durante l'incontro,  sapeva bene) che una delle offerte era del tutto fasulla, mentre l'altra era seria e interessante (anche se non del tutto rispondente al bando) perché centrava l'obiettivo del bando, ma contestava la prescrizione del bando stesso di dare Vigna Grande in concessione novantennale e non in proprietà. Pretesa castrante, come Stella ha sempre detto, per chi, dovendo investire molti milioni, ha bisogno di beni in proprietà da ipotecare per garantire le banche. È per questo che, avendo già sollecitato, anche con una certa petulanza,  sindaco e assessore competente a celebrare senza indugi quella maledetta gara, sostenni che, appena annullata la gara, si doveva chiedere il consenso degli offerenti, a quel punto indispensabile, all'apertura delle buste. Si sarebbe verificato subito che un'offerta era praticamente inesistente, mentre l'altra conteneva un progetto serio (e costoso) di valorizzazione di Vigna Grande e anche una ipotesi motivata di soluzione patrimoniale. Tutte cose che sarebbe stato utile conoscere e valutare.

Prendo atto con una certa soddisfazione che Giovanni Stella (al quale, dopo il suo famoso "ultimatum" a Concina, avevo chiesto di scoprire le carte) qualche carta l'ha scoperta. Ma la partita continua.

Tuo Pier

Caro Pier,

già, la partita continua. Purtroppo non si sa, né si può sapere, per quanto tempo ancora e in che modo. Mi interessa parlare di questo. Ma prima anche da parte mia qualche riflessione a margine dell'incontro di venerdì scorso.

Si può anche dire che mi sono levato qualche sassolino dalle scarpe, ma soprattutto, dal mio punto di vista, ho fatto le puntualizzazioni necessarie a capire ciò che è successo negli anni in cui ho presieduto RPO. Le ho ritenute necessarie in questa occasione, come nelle altre che ci sono state. E ritengo che dovrò farlo in tutte le altre che ci saranno fin tanto che non si sarà affermata un'idea di verità e non si cesserà di ripetere stancamente banalità e falsità sul nostro operato. Per tre ragioni.

La prima: non può essere ritenuto normale fare danni alla città per ragioni di parte e nel contempo lasciare che vengano accusati altri di averli fatti. Al CdA di RPO è stato fatto questo ed a questo si deve reagire. Anzi, una città civile avrebbe dovuto impedire che questo potesse accadere e comunque, una volta accaduto, avrebbe dovuto reagire con forza per marcare i confini appunto dei livelli dei civiltà. Certo, non mi sono mai fatto soverchie illusioni, ben sapendo ciò che è connaturato con le società in cui gioca un ruolo importante la piazza, dall'Atene del V° secolo avanti Cristo ad oggi: allora il gusto della maldicenza portò alla morte violenta un uomo come Socrate, oggi le dicerie portano alla morte civile le persone innocenti e, nei casi più gravi, quando entra in azione la cyberdiceria e la paura di massa, si mandano in crisi interi comparti dei sistemi produttivi. Però resto convinto che i livelli di civiltà si misurino molto con questi parametri.

La seconda: c'è un bel po' di gente che si scoccia quando si ricordano verità palmari che riguardano fatti accaduti sotto i suoi occhi, perché - così dice - questo è il passato, e invece bisogna guardare avanti. Certo che bisogna guardare avanti, che diamine! Ma come può guardare avanti una città farcita di gente (popolo/non popolo, dirigenti/diretti, e ops!) che non legge, non si informa, e però si scoccia quando qualcuno la informa, e preferisce ondeggiare ad ogni brezza in attesa che arrivi l'uomo dei miracoli, pronta però a cambiarlo con un altro non appena la brezza cambia direzione. Resto convinto che una città che non sa o non vuol fare i conti con il proprio passato non può avere idee e forza per costruire il proprio futuro.

La terza: RPO Spa è stata un'anomalia nel panorama orvietano. Il suo CdA, nominato dalla politica per un accordo tra partiti, si è comportato come si deve comportare il CdA di una società per azioni: operare nell'esclusivo interesse del socio proprietario, in questo caso il socio unico Comune di Orvieto, dunque la comunità stessa. Quel CdA non ha tenuto in alcun conto spinte e interessi di parte, è andato dritto per la strada tracciata dalle leggi e dalle competenze professionali, ha adottato criteri di efficienza ed efficacia, ha rispettato esattamente tempi e obiettivi fissati dal socio proprietario. Un'anomalia probabilmente insopportabile per un potere politico abituato al rispetto delle tre regole su cui poggia la società italiana secondo l'analisi che ne ha fatto ieri Galli della Loggia sul Corriere della sera: corporativismo, privilegio, demagogia (il contrario di merito, trasparenza, interesse generale). Tant'è che gli è stato impedito di portare  a termine il proprio lavoro. Resto convinto però che il CdA di RPO Spa ha fatto bene ad agire come ha agito: la coscienza dei suoi membri è tranquilla, anche se essi hanno il dispiacere di essere stati fermati proprio quando (e forse proprio perché) il progetto costruito con tanto impegno, professionalità e passione, stava per andare in porto. Peraltro quel progetto resta l'unico prodotto elaborato e l'unica soluzione seria che si sia stati in grado di presentare e discutere negli organismi eletti e nella città. Il resto ad oggi sono solo chiacchiere.

Si dice: ma questo è il passato, e invece bisogna risolvere il problema oggi. Ma come? Non si sa nulla di che cosa pensi l'Amministrazione comunale e per questo Carlo Tonelli non ha potuto dire nulla. Giovanni Stella invece ripropone con convinzione la vendita come unica scelta possibile e presenta la lettera di un imprenditore che si dice interessato a comprare sia l'ex caserma che l'ex ospedale. Sulla vendita si dichiara d'accordo anche il PdL e mi pare che concordi anche tu. Nessuno però dice per farci che cosa. Perciò resta in piedi tutto ciò che su questo punto ho detto solo due settimane fa, innanzitutto non il diritto ma il dovere del potere pubblico cittadino di dire che cosa è utile per la città. Solo subordinatamente si potrà decidere se vendere o dare in concessione e a quali condizioni nell'uno e nell'altro caso. Ma c'è di più: se, come ha confermato anche Giovanni Stella, il legame tra ex caserma ed ex ospedale è talmente stretto che nessun imprenditore comprerebbe l'uno senza l'altro, allora mi si spiega finalmente come si può trovare una soluzione che non sia concordata tra Comune e Regione, visto che quest'ultima è l'unico soggetto proprietario dell'ex ospedale? Già, caro Pier, hai ragione, la partita continua.

Tuo Franco


La rubrica di Orvietosì  "A Destra e a Manca"è alla ottantasettesima puntata. La rubrica è animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose". 
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca". 
La rubrica esce ogni lunedì.

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Pubblicato il: 13/06/2011

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