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Sull'orlo del baratro. Seconda puntata. Come salvare il nostro pezzetto d'Italia

di Pier Luigi Leoni  "Non posso tacere le mie idee; non perché le ritenga, senza nutrire dubbi, utili e risolutive, ma perché la mia funzione di consigliere comunale m'impone di alimentare il confronto delle idee con tutti i mezzi che ho." Gli spunti per un dibattito che da almeno un paio d'anni è quiescente. L'auspicio di "un vasto e temporaneo patto tra tutte le forze politiche, salvo eventuali frange lunatiche che possono avere anch'esse la loro "

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La vita mi ha insegnato a non sottovalutare l'intelligenza altrui e a non lasciarmi troppo influenzare dalle etichette politiche e culturali. È per questo che quando mi appare con evidenza che la classe politica orvietana, di destra, di centro e di sinistra, stia annaspando, non  riesco a prendermela con le singole persone. Gli amministratori comunali, di destra, di centro e di sinistra, presi singolarmente, sono brave persone; messi insieme, non riescono a cavare un ragno dal buco, cioè a partorire un'idea risolutiva. Gli antichi Romani dicevano: "Senatores boni viri, Senatus mala bestia". Nel nostro caso, più che di "mala", si tratta di bestia inutile.

Poiché faccio parte dei (veri o presunti) "boni viri", non posso tacere le mie idee; non perché le ritenga, senza nutrire dubbi, utili e risolutive, ma perché la mia funzione di consigliere comunale m'impone di alimentare il confronto delle idee con tutti i mezzi che ho.

Ebbene, il risanamento finanziario del comune di Orvieto è la madre di tutte le battaglie, il presupposto di ogni scelta politica e amministrativa. Esso è possibile solo se si perseguono e conseguono due obiettivi:

- il ripiano del disavanzo accumulato;

- il pareggio stabile delle entrate e delle uscite.

Il ripiano del disavanzo comporta l'alienazione di una quota del patrimonio. Il pareggio comporta l'incremento delle entrate e la razionalizzazione delle spese.

L'aumento delle entrate non può che imperniarsi, in via principale, sul fisco (severa politica fiscale sia nella fissazione delle aliquote, sia nella istituzione di tutti i tributi possibili, sia nella lotta all'evasione) e sull'alienazione di quel che resta del patrimonio disponibile, per estinguere buona parte dei mutui che, prosciugando le entrate correnti, rendono impossibile la copertura delle spese di funzionamento dei servizi, anche se indispensabili, nonché la possibilità di assumere nuovi mutui per rilanciare gli investimenti.

Come si realizza una politica fiscale severa lo lascio immaginare. Non senza ricordare che la leva fiscale è connaturale ad ogni ordinamento giuridico che la storia conosca.

Come si deve procedere all'alienazione del patrimonio lo stabilisce la legge, da applicare con ragionevolezza. Per alienare un consistente patrimonio pubblico, realizzandone pienamente il valore, sono indispensabili:

-     tempo (da tre a cinque anni);

-     trasparenza (cioè gare pubbliche, ripetute, se necessario, più volte, anche a distanza di tempo, lasciando la trattativa privata come ultima possibilità e sempre da svolgere alla luce del sole;

-     programmazione (sia degli usi possibili degli immobili da alienare, sia dei tempi e delle modalità, sia delle scelte comunali di contorno e di supporto alle alienazioni stesse).

Alcuni esempi.

Vigna Grande. Una società comunale, Risorse per Orvieto s.p.a., fece accurati studi e approntò proposte articolate di destinazione degli immobili del complesso in questione. Sono ancora attuali quelle proposte? Discutiamone. Sono da aggiornare? Aggiorniamole. Una volta confermate o modificate, sottoponiamole al mercato. Gli investitori privati e (perché no?) pubblici ci diranno se e quali delle destinazioni previste interessino loro, faranno delle proposte modificative o alternative, nel rispetto dei piani urbanistici, o addirittura proporranno varianti dei piani. Le modalità per rivolgersi al mercato europeo e mondiale sono previste dalle leggi. Basta decidersi.

Ex ospedale. Un accordo tra Regione e Comune dovrebbe coordinare l'alienazione di quel complesso immobiliare con quella di Vigna Grande. Entrambi gli enti hanno un evidente interesse a stipulare l'accordo.

Posti macchina nel sottosuolo. L'acropoli orvietana (poco più di 5000 abitanti) è dotata di 1200 posti auto al coperto. È un patrimonio enorme che, facendo pagare il giusto, deve essere messo nella disponibilità di chi risiede o lavora nel centro storico e non possiede un'autorimessa né come proprietario né come affittuario. Certo, si tratta di far decidere gli Orvietani a scucire alcuni milioni di euro. Come si fa? Grosso  modo come fanno i rivenditori di automobili che espongono le auto da vendere, le reclamizzano, offrono soluzioni rateali, fanno ben notare che l'alternativa è andare a piedi, viaggiare in bicicletta, in motorino e (Dio ne scampi!) coi mezzi pubblici. Il comune, per essere convincente, dovrebbe smetterla di consentire che il centro storico sia a disposizione di chiunque per parcheggiare gratis in barba al buon senso e spesso anche calpestando le regole. Una scorsa al codice della strada e un'occhiata a quel che fanno le città storiche bene amministrate basta e avanza per capire come si fa.

Nel contempo, i creditori del comune dovrebbero essere tenuti buoni facendo loro presente che l'alternativa è la dichiarazione di dissesto, col rischio, per loro, di perdere fino al 40 per cento dei crediti. 

Il risanamento è indispensabile per assicurare un futuro decente e, possibilmente, brillante alla città. Nel frattempo, proprio grazie al risanamento in corso, sarebbe possibile salvaguardare le realizzazioni positive di cui la città di Orvieto giustamente si vanta (Centro Studi, Teatro, Scuola di Musica, eventi annuali di rilievo culturale e turistico) orientandoli il più possibile verso l'autosufficienza economica. Lo strumento delle sponsorizzazioni può essere utilizzato con maggiore incisività. Va da sé che i servizi sociali, in particolare quelli scolastici e per gli anziani, devono essere mantenuti ad alto livello. E va da sé che le politiche infrastrutturali (secondo casello autostradale e annessi e connessi), scolastiche, sanitarie, dei trasporti e dei rifiuti devono essere attentamente pensate e attuate. Sarebbe pure il caso di riprendere l'idea, che il Centro Studi improvvidamente accantonò, di una scuola interregionale di polizia locale, della quale si sente la mancanza e alla quale Orvieto è vocata sia per posizione che per dimensione. Essa non comporterebbe oneri per il comune, ma porterebbe grandi vantaggi alla città. Altra idea è quella, attuabilissima da subito, della navetta Sferracavallo-Orvieto Centro, che trasformerebbe un popoloso sobborgo in quartiere urbano.

Insomma, tutte le idee, vecchie  e nuove, diverrebbero, a mano a mano, attuabili se si riuscisse a impostare una vera, efficace e coraggiosa politica di rinnovamento.

Queste sono le mie opinioni, condivise, più o meno, da vari miei amici. Ma senz'altro tra gli amministratori comunali e nella società orvietana circolano idee anche migliori, non  è l'intelligenza che manca, ma la forza di affrontare l'impopolarità che un vero risanamento, almeno nelle prime fasi, comporta.

Non mi resta quindi che richiamare la prima puntata e auspicare un vasto e temporaneo patto tra tutte le forze politiche, salvo eventuali frange lunatiche che possono avere anch'esse la loro utilità. Può tornare utile una riflessione sul motto che si è scelto il Centro Orvietano di Vita Politica Senatore Romolo Tiberi. Sotto due buoi aggiogati che trainano l'aratro c'è scritto "iuncti arant, disiuncti errant", cioè "uniti arano, disuniti vagano". Purtroppo stiamo ancora vagando per paura del giogo, ciascuno geloso del colore delle proprie corna. Finiremo col rompercele?

Pubblicato il: 28/05/2011

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