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È stato il vescovo della gente. Molto più che il vescovo del Clero. Sette anni con noi

Un vescovo aperto e disponibile al dialogo, con gli uomini di cultura, come con gli ultimi

foto di copertina

ORVIETO - È stato il vescovo della gente. Molto più che il vescovo del Clero. E le presenze (o meglio le assenze) delle tonache ieri mattina a Spagliagrano lo hanno dimostrato chiaramente per l'ennesima volta.

Padre Giovanni Scanavino, agostiniano, classe 1939, è stato nominato vescovo di Orvieto Todi l'8 novembre 2003 e ordinato vescovo il 27 dicembre 2003 con immediata presa di possesso. Di lui, da subito, ha colpito il modo diretto e semplice di rapportarsi alle persone.

Un vescovo dal sorriso aperto che faceva jogging in Confaloniera (la passeggiata degli orvietani) e che non era difficile incontrare per strada, in chiesa o in casa sua. Un vescovo aperto e disponibile al dialogo, con gli uomini di cultura, come con gli ultimi. Al punto che sulla porta dell'Episcopio una volta è comparso anche un singolare cartello. Con lo spirito che lo contraddistingue, il vescovo faceva sapere che "la cassa del vescovo è esaurita. Conviene - diceva - andare a lavorare alla raccolta dell'uva , del tabacco, delle olive. Arrivederci a dicembre".

Il suo primo pensiero è stato sempre per i giovani. A loro, al loro futuro ha pensato quando ha lanciato il monito "Orvieto, la bella addormentata", quando stabilendo sinergie tra Cna, Opera del Duomo e Centro studi ha sognato una scuola per recuperare gli antichi mestieri perché -  è sempre stato convinto Scanavino - "gli orvietani hanno il bernoccolo dell'arte". E sempre dei giovani si è preoccupato quando non più tardi dello scorso anno è sceso sui binari della stazione ferroviaria, insieme ai pendolari, contro il depotenziamento dello scalo orvietano. Una parte del Clero, da subito, è rimasta spiazzata.

Per non parlare poi del fatto che dopo circa un anno dal suo arrivo Scanavino ha iniziato una riorganizzazione all'interno della diocesi anche qui all'insegna delle nuove generazioni. Molti gli rimproverano di essere andato avanti troppo spesso per la sua strada, senza coinvolgere il resto del Clero, di essersi fatto prendere la mano troppo da singoli progetti. Frizioni queste che gli sono costate anche la visita apostolica.

Sconvolse la sua disponibilità ad un ipotetico esame del Dna sul Santissimo Corporale, argomento tabu per il predecessore di Scanavino, Decio Lucio Grandoni. L'allora neo vescovo, per la prima volta, diede la propria disponibilità a trattare con gli ambientalisti per la festa della Palombella. Ma il presule piemontese è stato anche il primo vescovo a far entrare il Corpus Domini in carcere.

Fece storcere più di qualche naso quando, nel 2005, entrò nel comitato etico della Fondazione Walter Pierpaoli, di cui era socio fondatore, il finanziere Giancarlo Parretti. Sotto la sua guida pastorale, infine, è stata aperta la mensa Caritas di Todi e presto vedrà la luce anche quella di Orvieto. Qualcuno forse porterà avanti un altro suo sogno, quello di vedere l'apertura di una casa per ragazze madri. E forse qualcun altro realizzerà quello del Duomo - santuario eucaristico. Ma questa è un'altra storia.

 

 

Pubblicato il: 06/03/2011

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