I manager di Orvieto e lo specchio di Miguel de Unamuno
A Destra e a Manca affonda il dito nella situazione amministrativa orvietana: "Va detto con nettezza che la disinvoltura nella condotta di chi amministra la cosa pubblica non va mai bene, che si tratti di Berlusconi, dei giudici di Milano, di Toni Concina o di chiunque altro..."
Caro Franco,
All'origine della Riforma protestante vi sono i Tischreden (discorsi a tavola) di Martin Lutero. Senza aspirare a mettere su un gran casino, e quindi scherzosamente, mi riferisco a uno dei nostri recenti Tischreden: quello in cui abbiamo commentato il motto latino obliti privatorum publica curate (quando vi occupate di affari pubblici dimenticate quelli privati).
Riassumo per i nostri 2,5 lettori.
Ebbene, abbiamo detto che l'uomo politico (per cancellare ogni traccia di maschilismo, potremmo dire: l'essere umano che esercita una carica pubblica) deve seguire procedimenti regolati minutamente da norme giuridiche e finalizzati al controllo da parte di organi superiori, della magistratura e del corpo elettorale. Questa è una regola che è diventata fondamentale con la fine del potere assoluto. La regola risponde al principio che una cosa è gestire gli affari propri, altra cosa è gestire gli affari altrui. È un principio che vale sempre, anche nel settore privato. Per esempio, il tutore del minorenne o dell'incapace è controllato dal giudice tutelare che ne verifica ogni affare. Chi esercita un potere deve essere controllato e controllabile, anche se ciò comporta ritardi e può far sfuggire affari molto vantaggiosi.
È per questo che la pubblica amministrazione è vincolata da molte norme e non può agire con la rapidità e con l'efficacia del privato. Su questo non ci piove, anche se le norme devono essere razionali e non devono essere usate con miopia o con malizia né dal pubblico amministratore né dalla burocrazia.
La trasparenza della pubblica amministrazione, che si è affermata come principio molto recentemente, rientra nello stesso schema: consentire al corpo elettorale e ai singoli cittadini, che vi abbiano particolare interesse, di conoscere l'attività della pubblica amministrazione in tutte la fasi del suo svolgimento. Il segreto d'ufficio è ormai eccezione e pure la cosiddetta privacy, della quale siamo tutti gelosi, soccombe quando sia in conflitto con la trasparenza della pubblica amministrazione.
Ben vengano dunque le capacità manageriali degli amministratori comunali. Ben vengano sindaci e assessori di vasta esperienza nel settore privato. Essi possono portare al comune i benefici della loro professionalità e, perché no?, della loro rete di conoscenze. Ma essi devono agire alla luce del sole, senza misteri, senza sottintesi, senza "ragazzini lasciatemi lavorare", senza dare nemmeno l'impressione che non vi sia sempre, al centro di tutto, il pubblico interesse.
Io, per il momento, posso arrivare fino a qui. Tu vedi un po'.
Tuo Pier
Caro Pier,
potrei dire subito, con i nostri amati scrittori di un tempo, "in cauda venenum" (il veleno sta nella coda). Dovrei aggiungere però: un buon veleno, un veleno opportuno, anzi, sicuramente necessario. Diciamolo: non è vero che il veleno appartiene sempre e inevitabilmente all'ambito del pericoloso e del negativo.
Questo mi fa venire in mente una lettura di qualche anno fa (lo sai, in realtà non si butta mai niente, tutto sta lì in sonno, per poi riemergere quando meno te lo aspetti). Si tratta del bel saggio che María Zambrano ha dedicato a Miguel de Unamuno, intitolato appunto "Unamuno", scritto nel 1940 ma pubblicato in Spagna solo nel 2003 e in Italia da Bruno Mondadori nel 2006. In questo saggio la Zambrano fa un importante paragone tra Seneca e Unamuno a proposito del differente atteggiamento dei due filosofi nei confronti delle "piaghe della vita": Seneca vuole "correggere, curare, sedare", mentre Unamuno "non ha mai cercato una cura che non fosse sangue e fuoco, sebbene con la sola parola a disposizione, una cura capace di liberare il demonio, il demonio muto del Vangelo ". Lo fa, sottolinea ancora la Zambiano, soprattutto nelle opere dedicate alla Spagna, " portando allo scoperto il nostro delirio, gettando fuori i demoni, mettendoci se non altro davanti agli occhi uno specchio".
Ecco il veleno positivo cui accennavo sopra: lo specchio di Unamuno, per guardarci in faccia e domandare a noi stessi in ogni momento che cosa stiamo facendo e se lo stiamo facendo come regole comandano. E, se amministriamo cose di altri, per render conto sia alla nostra coscienza che agli altri di ciò che facciamo e di come lo facciamo. Tu dunque hai detto bene a proposito della trasparenza come regola aurea dei pubblici amministratori, regola che si può sposare benissimo con la competenza e l'efficienza. Che poi sia effettivamente così si può ovviamente verificare solo con l'osservazione dei fatti.
Dunque nessun pregiudizio è legittimo nei confronti di chicchessia, ma i fatti non sono pregiudizi e i fatti vanno osservati con mente sgombra. I fatti dicono, ad Orvieto come altrove, che non basta il mito del manager per risolvere i problemi e mettersi al sicuro. E' stato scritto proprio su questo giornale che a Toni Concina viene concesso ciò che ad altri non sarebbe mai stato concesso. E' vero, ad esempio di nominare assessori o presidenti, che, per il solo fatto di essere a costo zero ed essere definiti manager, sembrano esentati dal dover dar conto di ciò che fanno o non fanno e dal dover essere valutati da chi li ha nominati rispetto all'espletamento dei compiti assegnati. Viene concesso così di continuare con nuove nomine, non si sa con quali obiettivi, per cambiare che cosa e per fare che cosa. In maggioranza si sa che ci sono mugugni, ma solo mugugni. Le opposizioni tacciono, annichilite anche rispetto al loro semplice dovere di chiedere ragione di ciò che accade. Io credo invece che ci sia un dovere prioritario: non quello di protestare scioccamente o di fare la facile propaganda gridando al fallimento, ma quello di chiedere puntuale, rigorosa ragione di ciò che il sindaco e l'amministrazione stanno facendo.
Abbiamo poi potuto leggere nei giorni scorsi ancora su questo giornale che per risolvere il problema della ex Piave "sarà costituita un task force di gente illuminata che ragionerà sull'argomento e elaborerà i contatti con imprenditori e professionisti interessati all'affare", ed è stato aggiunto: "Se non fosse Toni Còncina ad operare con questa prassi disinvolta, avremmo di che preoccuparci". Già, ma non è affatto pacifico che vada bene così, Toni Concina o non Toni Concina. Va detto con nettezza, come del resto hai fatto tu, che la disinvoltura nella condotta di chi amministra la cosa pubblica non va mai bene, che si tratti di Berlusconi, dei giudici di Milano, di Toni Concina o di chiunque altro. Non c'è solo che abbiamo il diritto di sapere, c'è che non va bene quel metodo. E il Consiglio comunale deve reagire subito, io credo indipendentemente dalle appartenenze. Peraltro quando si parla di ex caserma Piave va sempre ricordato che si è giocato al massacro di chi se ne occupava sul serio, con responsabilità trasversali chiarissime. La vecchia amministrazione ha buttato a mare un lavoro che stava andando verso il successo ed ha sprecato così colpevolmente ben sei anni, la nuova amministrazione è già al secondo anno di un percorso che potremmo ormai definire dell'inconcludenza. Fanno così otto anni, e pensare che tutti hanno sempre gridato all'urgenza! Con questo sullo sfondo, non si può ritenere normale che un intero Consiglio comunale, forze politiche, organizzazioni sociali e quant'altro esiste di organizzato in questa città, stiano tutti zitti e buoni ad aspettare l'ennesimo fallimento o una soluzione purchessia, non si sa bene dove maturata e da chi decisa, come se si fosse di fronte al bisogno impellente di liberarci di un peso e non invece ad un'occasione storica di rilancio della città e dell'intero territorio. Attenzione, non ci sarà un'altra occasione, e Orvieto ne ha perse già troppe, lamentandosi sempre solo a cose fatte e non più rimediabili.
Caro Pier, penso che ormai ci sia la necessità di capire se l'amministrazione agisce secondo un'idea generale o è tutto sporadico, improvvisato, provvisorio. E poi: c'è un punto unificante delle dinamiche politiche? Se c'è va portato alla luce e discusso. Lo specchio di Unamuno non vale solo per gli spagnoli.
Tuo Franco
La rubrica di Orvietosì "A Destra e a Manca" è alla sessantaseiesima puntata. La rubrica è animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose".
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca".
La rubrica esce ogni lunedì.
Per verificare le pubblicazioni passate clicca qui.
Pubblicato il: 17/01/2011