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Se la società s'è appiattita e la politica ci deprime, la cura non è la rassegnazione al peggio, ma la speranza del meglio

A Destra e a Manca #60. "Più prima che poi con le idee e le proposte vere anche i più furbi e i più distratti dovranno fare i conti. Anche perché il mondo che già c'è e quello che si intravede pare non lascino troppo spazio ai giochi d'acqua e agli spettacoli pirotecnici". Contributo di Flavio Zambelli

Caro Franco,

lasciami sfogare: "Maledette ripe orvietane!". Non avrò pace fino a  quando i cigli della rupe che bordeggiano aree pubbliche non saranno protetti da muri alti due metri. Magari traforati da feritoie, come se vi si dovessero appoggiare antichi balestrieri. Lame di luce appena sufficienti per sbirciare la campagna e infilare gli obiettivi di piccole fotocamere giapponesi. A don Luca non posso che dire: "Riposa in pace". Né mi posso levare dalla mente i versi del poeta: "Non è ver che sia la morte / il peggior di tutti i mali: / è un sollievo pei mortali / che son stanchi di soffrir". Mi sembra di capire, da ciò che ha lasciato scritto, che si sia trattato di una sorta di delusione d'amore. Deluso dalla gerarchia cattolica, tanto amata da volerle dedicare l'intera vita come presbitero. Il resto è mistero, come è mistero dove adesso vaghi il suo spirito. Confido che abbia trovato  rifugio sotto le grandi ali della misericordia divina.

Ma il muro ci vuole. Quante altre prove ci servono che quei parapetti bassi su strapiombi di varie  decine di metri rendono tragicamente più facili i gesti disperati?

Passo ad altro, anche se con particolare disagio. Lo spettacolo della politica continua, ma in certi momenti non fa che aggravare la tristezza.

Il movimento franoso che le elezioni comunali del 2009 hanno provocato nel PD orvietano continua.

Ripartiamo da giugno dell'anno scorso. Il sindaco è perduto, ma dalle urne escono dieci seggi consiliari per il PD.

La dottoressa Annulli, ultima degli eletti, vede contestata la sua elezione dal primo dei non eletti, Oriano Ricci. Il partito non ne prende le difese, lei non si difende e perde la causa. Ricci non è accettato nel gruppo del PD per un attacco di moralismo. Era stato condannato per un reato che qualche mese prima nemmeno era reato. Dieci meno uno uguale nove.

Loriana Stella, si dimette dalla carica di consigliere. Stella era stata la candidata a sindaco della coalizione di centrosinistra e quindi era il capo naturale del centrosinistra in consiglio. Brutto segno, le sue dimissioni, di come vanno le cose dentro il partito. Peraltro spera di riaprire la strada alla dottoressa Annulli, ma sbaglia i conti ed entra in consiglio Cecilia Stopponi della Rifondazione Comunista. Nove meno uno uguale otto.

Il sindaco ha bisogno di una maggioranza che il fenomeno dell'anatra zoppa gli ha negato. Evasio Gialletti, del PSI, e Carlo Tonelli, dei Comunisti d'Italia, non se la sentono, per senso di responsabilità, di far cadere il sindaco e provocare il commissariamento del comune. Ma due consiglieri del PD garantiscono esplicitamente l'appoggio al sindaco, sono sospesi dal partito e formano un gruppo consiliare autonomo. Otto meno due uguale sei.

Il capogruppo del PD Giuseppe Germani, per diverbio con qualche consigliere del suo gruppo, si dimette. Segno di un malessere che non può riguardare solo il gruppo.

Il consigliere Leonardo Mariani, neoletto responsabile orvietano del partito, in un momento delicato per la tenuta dell'amministrazione, s'accorda con la consigliera della rifondazione comunista per far saltare l'assestamento del bilancio che doveva essere deliberato improrogabilmente entro il 30 novembre scorso. Ma lo fa maldestramente, accampando irregolarità procedurali che erano state sanate dalla sospensione del consiglio. Si trova in minoranza e non gli resta che abbandonare la seduta. Forse crede di far mancare il numero legale, non essendosi accorto che si tratta di seduta in seconda convocazione. Così il sindaco può far approvare all'unanimità l'assestamento.

Caro Franco, ho riassunto la triste storia recente del PD orvietano senza angoscia, ma anche senza soddisfazione. Infatti so bene che il momento che sta attraversando la nostra città rimane gravissimo. E un PD così sfilacciato non è utile all'uscita dal tunnel. Una volta dissi che per uscirne bisogna respirare a pieni polmoni. Se il polmone di sinistra non funziona, se oltre la metà della popolazione non si riconosce nell'amministrazione comunale, obbligata a passare da un'emergenza all'altra, sono guai. A queste conclusioni mi porta il pessimismo della ragione. Lascio a te il compito di esprimere l'ottimismo della volontà.

Tuo Pier 

 

Caro Pier

capisco il tuo stato d'animo e condivido il disagio che manifesti di fronte a questo nuovo volo giù dalla rupe. Anch'io sono stato scosso dalla morte di don Luca, sia per il fatto che per il come, e restando in silenzio di fronte all'abisso di un'anima ripeto con te "Riposa in pace". Certo però convengo che c'è da riflettere sul lungo ripetersi di questi salti nel vuoto per porre termine a laceranti pressioni di dolore psichico e trovare la pace. C'è da chiedersi se possiamo fare qualcosa e come, e non si può rifiutare a priori l'idea che possa essere un utile deterrente un ostacolo fisico: un muro, una rete metallica. Tuttavia - so di dire una cosa scontata - né muri né reti proteggeranno chi per ragioni insondabili ha deciso di farla finita. La partita, lo sappiamo bene, continuerà ed essere giocata tutta sul piano delle relazioni umane, dell'ispirazione, delle convinzioni individuali e delle risorse interiori, oltre che della buona o della cattiva sorte.

Ed a proposito di buona o cattiva sorte, a noi orvietani, caro Pier, sembra proprio che sia toccata quella cattiva, se dobbiamo stare ai dati di fatto. Tu descrivi in rapida e precisa sintesi il fallimento politico del PD, il suo non essere in grado di assumersi le dovute responsabilità di governo, e ne trai la conseguenza che senza il polmone di sinistra l'amministrazione comunale non ha il fiato necessario per percorrere la salita che abbiamo davanti. Debbo tuttavia osservare, per onestà intellettuale e per rispetto della realtà, che anche il polmone di destra non sembra proprio in condizioni di efficienza, peraltro per questioni che non hanno più a che fare solo con i numeri. Appunto, siamo conciati male: rischiamo, più che di rimanere senza ossigeno, di averne poco, la quantità sufficiente per tirare a campare, che è peggio di morire per asfissia.

Non per consolarci, ma le cose non vanno meglio se allarghiamo lo sguardo al nostro amato Paese. Il 44° Rapporto CENSIS sullo stato della società italiana, reso noto in questi giorni, descrive l'Italia "come una barca che naviga nella tempesta dove non solo il comandante e gli ufficiali sono incapaci di decidere e si azzuffano in continuazione, ma dove l'intero equipaggio è disimpegnato, indifferente, apatico, cinicamente aggrappato al proprio individuale salvagente e quindi per nulla propenso a rimboccarsi le maniche per far andare avanti la barca e portarla fuori dalla bufera" (Ernesto Auci su "Il Riformista" del 4 dicembre). Queste parole non ti ricordano nostre analoghe analisi della situazione orvietana?

Ecco, siamo conciati così, dice il CENSIS: una società appiattita, senza desiderio né ambizione. Preferiamo lamentarci e dare tutte le colpe agli altri per scacciare la cattiva coscienza di far poco o niente per risolvere i problemi anche quando sono alla nostra portata. Preferiamo affidarci agli incapaci purché siano docili. Guai a pensare, guai ad avere buone idee e a manifestarle, guai a conquistare un qualche merito facendo bene il proprio mestiere: in tutti questi casi si diventa soggetti socialmente pericolosi, persone che è bene tenere lontane.

No, caro Pier, non è solo questione di Orvieto, né è questione di destra o di sinistra, né è solo questione di crisi della finanza e dei bilanci pubblici. Ormai è questione di assetti complessivi della società, certo con alcune specificità, anche locali, come nel caso di Orvieto. Ed essendo questione di questo tipo, non se ne esce con qualche marchingegno più o meno fantasioso, né in Italia né ad Orvieto. Non a caso questa volta nemmeno il CENSIS ci propone una qualche via d'uscita fidando, come da tradizione consolidata, negli spiriti vitali della società italiana. Questa volta dobbiamo leggere attentamente e interpretare. E allora riusciamo a capire che bisogna ripartire dai fondamenti di una vera e propria rigenerazione culturale, bisogna ritrovare il gusto della sfida per la crescita individuale e sociale, bisogna rivalutare le ambizioni giustificate, e premiare il merito, e far bene il proprio mestiere. Ciò che non si può fare senza una classe dirigente che sia all'altezza della sfida. Dunque conviene rassegnarsi ai tempi lunghi, perché questioni di questa portata sono da tempi lunghi.

Ma bisogna reagire e andare da subito nella direzione giusta, con lucidità e determinazione, anche se senza illusorie scorciatoie. E bisogna andarci in ogni luogo in cui vi siano persone che ne hanno consapevolezza e volontà. Perché solo così si trasformano le classi dirigenti. Vedremo che cosa succederà nelle prossime settimane a livello nazionale. Ne saremo anche noi condizionati, ma non possiamo e non dobbiamo esserlo fino al punto da diventare consapevolmente strumenti di altri, a cui delle vicende specifiche di Orvieto non importa assolutamente nulla.

Ecco, andare in quella direzione significa che dobbiamo continuare, almeno noi e i nostri amici del COVIP, a pensare che la realtà è modificabile e che i problemi si possono affrontare senza farci imporre dall'esterno le soluzioni. Significa che dobbiamo scegliere le questioni più rilevanti, discuterne alla luce del sole, studiare le soluzioni possibili, fare proposte credibili. Ciò è già avvenuto sul bilancio, sui parcheggi e sul ciclo dei rifiuti. E' avvenuto a proposito della candidatura congiunta di Assisi e Perugia a "capitale europea della cultura per il 2019". Avverrà sull'area di Vigna Grande. Forse saremo ascoltati, forse no. Resta però il fatto che noi siamo un luogo di discussione vera. E più prima che poi con le idee e le proposte vere anche i più furbi e i più distratti dovranno fare i conti. Anche perché il mondo che già c'è e quello che si intravede pare non lascino troppo spazio ai giochi d'acqua e agli spettacoli pirotecnici. Se poi non sarà così, vorrà dire semplicemente che ha avuto ragione chi è campato di trucchi.

Tuo Franco


da Flavio Zambelli
Caro direttore, caro Pier,caro Franco, con i vostri temi trattati siete passati dal sacro al profano. Avete parlato della grande tragedia dei suicidi tramite tuffo dalle mura di cinta della Rupe. Qui possiamo scrivere trattati di sociologia e psicologia ma alla fine purtroppo tutto è riconducibile alla complessità della natura umana e psicologica del singolo individuo. E' difficile farne una teoria che sia valida in ogni situazione e per tutte le tipologie di persone. Certamente il ruolo dei servizi sociali può giocare la sua parte, ma non possiamo chiedere agli psicologi o ai medici in generale di farsi carico di tutte quante le situazioni di disagio e di depressione presenti nella mente umana dei singoli individui. A volte questi stati depressivi o quant'altro, non sono avvertiti in maniera evidente, nemmeno dai parenti e dai familiari più stretti. Nel caso specifico di Don Luca sarebbe stata una brutta notizia improvvisa a destabilizzare in maniera definitiva la  mente del diacono pugliese in servizio spirituale a Orvieto. Quello che è certo è che non bisogna abbassare la guardia nemmeno sotto il profilo della deterrenza a livello preventivo. I bastioni più alti, o le reti protettive sotto la Rupe, sono misure già adottate da altre realtà italiane che hanno un centro storico con le mura di cinta intorno  , simili a quelle di Orvieto. Possono essere utili sicuramente a livello di sicurezza; in parte anche a scopo di deterrenza contro le tentazioni suicide. Ma è chiaro, come  da voi puntualmente detto, che chi ha deciso di  togliersi la vita può trovare mille altri modi di farla finita, e non fermarsi alla presenza di reti protettive sotto la Rupe. Serve anche molta prevenzione a livello medico, e psicoterapeutico, pur con tutte le difficoltà del caso, come già spiegavo prima. La morte di Don Luca si va ad inserire in una settimana già decisamente tragica per la Città di Orvieto. Andrea Biritognolo, giovane guardia penitenziaria, ha perso la vita in un drammatico incidente stradale, le cui cause sono tutt'ora in corso di accertamento .Da queste che sono tragedie vere, drammatiche , passiamo al "profano". A tipi di tragedie decisamente meno gravi. La prima tragedia riguarda la situazione interna al PD di Orvieto: il polmone sinistro. Mentre scrivo non so ancora come andrà a finire il Coordinamento del PD, in cui potrebbero emergere situazioni in controtendenza rispetto al  recente voto congressuale. Per il resto Pier ha fotografato con una precisione matematica la propensione all'autolesionismo di questo partito democratico. Franco ha completato il quadro estendendo il ragionamento anche alla controparte politica .Infatti  l'altra tragedia riguarda la situazione dei conti pubblici nel Comune di Orvieto; situazione alla quale ancora non è riuscita a porvi rimedio l 'amministrazione di centrodestra: il polmone destro. IL COVIP, dovrà svolgere una funzione di "pronto soccorso" cittadino, portando nuovo ossigeno ai due polmoni scarichi . Ossigeno fatto di proposte, di discussione aperta e libera da vincoli ideologici o di appartenenza, di competenza in alcune materie specifiche. Un saluto a tutti voi.


La rubrica di Orvietosì  "A Destra e a Manca" è alla csessantesina puntata. La rubrica è animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose".
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a
dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca".
La rubrica esce ogni lunedì.

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Pubblicato il: 06/12/2010

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