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Quando l'imitazione è indice di intelligenza e di coraggio. Congiungiamoci a Perugia e Assisi per essere 'Capitale europea della cultura per il 2019'

A Destra e a Manca #59. Sindaco ed assessore alla Cultura "sono invitati a darsi da fare, spiegandoci come e quando, o, se decidono di non darsi da fare, a spiegarci il perché". Se vorranno. Contributo di Flavio Zambelli

Caro Pier,
come sai, l'antropologo René Girard sostiene che la legge universale del comportamento umano consiste nel "carattere mimetico del desiderio". In altre parole, la nostra capacità di apprendimento, dal bambino all'adulto, dipende dal meccanismo dell'imitazione: senza di esso non ci sarebbero né il linguaggio né la trasmissione della cultura. Si tratta di una teoria molto interessante, che di recente è stata corroborata dai risultati della ricerca nel campo delle neuroscienze, con conseguenze importanti, anche se ancora tutte da studiare, in altri campi, a partire da quello pedagogico. Ma, anche senza scomodare le frontiere della ricerca, sappiamo tutti che l'imitazione fa parte delle strategie di vita. Ci sono addirittura popoli che ne hanno fatto un punto di forza per il loro sviluppo economico: si pensi ai cinesi. Insomma, con Girard possiamo dire che l'imitazione caratterizza il comportamento umano, e dunque non è disdicevole. Semmai bisogna sempre distinguere ciò che è bene imitare e ciò che invece è bene contro-imitare, cioè tenere lontano.
Queste considerazioni mi sono venute in mente mentre ripensavo all'articolo di Giovanni Codovini "L'Umbria dei campanili può vincere solo se fa rete", che ho citato lo scorso lunedì. Come ricorderai, in questo articolo veniva portato come esempio della capacità di fare rete (certamente una virtù strategica per una regione come l'Umbria e in particolare per territori di confine come il nostro) il recentissimo accordo tra i comuni di Perugia e di Assisi per candidarsi congiuntamente ad essere "Capitale europea della cultura per il 2019" (appunto una rete territoriale).
Altre volte è successo che siamo stati noi orvietani ad avere buone idee, che altri poi hanno imitato. Posso citare più di un esempio. Uno è proprio quel Progetto Orvieto, che oggi si tende a dimenticare, quando non si cerca di banalizzare o di trasformare nel suo contrario. Forse per evitare strazianti confronti di realtà. Il Progetto Orvieto fu indicato dal Consiglio d'Europa come modello da seguire per la salvaguardia e la valorizzazione dei centri storici. E in effetti ci furono città che ne imitarono l'impostazione. Ad esempio, in Italia, Ascoli Piceno con il "Progetto Ascoli". Altro esempio è la legge speciale, anch'essa non a caso oggi presa di mira come origine dei mali orvietani, senza accorgersi che in tal modo si scambia l'ombrello con la pioggia, cioè si rovescia la realtà. In questo caso chi ci imitò fu Todi, la città a noi vicina e con noi protagonista della battaglia per fare del proprio patrimonio storico e naturale una risorsa da utilizzare per uno sviluppo qualificato in una dimensione internazionale: ogni nostra proposta di intervento funzionale al progetto-città (ad esempio il ripristino della funicolare e la mobilità alternativa o il risanamento e l'uso turistico della città sotterranea) veniva imitata con riferimento alle caratteristiche e alle esigenze di Todi (la realizzazione di una scala mobile per accedere al centro o il risanamento e l'uso turistico dei pozzi romani) e diventava così proposta congiunta e di tipo generale. Noi non ci scandalizzammo perché ci era chiaro che questa imitazione rafforzava la nostra stessa battaglia. Che in effetti fu vinta, perché l'unità delle due città significava anche coinvolgimento delle due Province, cioè interesse complessivo della Regione, peraltro con il sostegno del Consiglio d'Europa e del Parlamento europeo. Due casi dunque di imitazione positiva delle nostre iniziative.
Oggi invece potremmo essere noi ad utilizzare con intelligenza e coraggio il meccanismo dell'imitazione. E c'è l'occasione appropriata. Perché infatti non dovremmo agganciare la splendida idea che hanno avuto Perugia ed Assisi? Intanto in provincia di Terni solo Orvieto ha le caratteristiche di fondo per essere considerata "capitale europea della cultura". In secondo luogo una candidatura di questo tipo non è credibile se non è supportata innanzitutto dalla Regione e, tramite essa, da una fitta rete di relazioni sia istituzionali che di soggetti e organizzazioni a vastissimo raggio. E la Regione è tale se, come nel caso della legge speciale, lavora con la visione complessiva del territorio, che è fatto di due Province. In terzo luogo la candidatura di Orvieto, lungi dal disperdere le risorse e le forze, le amplierebbe e le renderebbe più produttive e interessanti. Questo per ciò che riguarda il rafforzamento dell'iniziativa di Perugia e di Assisi.
Per ciò che riguarda poi l'interesse di Orvieto, c'è solo da dire che si tratterebbe di un'occasione eccezionale non solo per dare continuità ad una politica della cultura come risorsa che solo un miope produttivismo può considerare non produttiva, ma per rilanciare tutto il meccanismo delle iniziative economiche e turistiche. Questa candidatura può diventare infatti il quadro entro cui collocare non solo il riuso dell'area di Vigna Grande e di altri beni, e di fare una scelta lungimirante sul ciclo dei rifiuti, ma la rivisitazione dell'idea stessa della città e del territorio, delle sue ricchezze e caratteristiche, delle strutture e delle attività compatibili, delle logiche amministrative, delle forze umane da formare e da qualificare.
Caro Pier, forse ho enfatizzato troppo un'idea che comunque mi sembra splendida. Troppo per un'epoca come questa in cui prevalgono le ragioni del contingente, si preferisce espellere dall'orizzonte ogni idea di futuro possibile, si smorza ogni entusiasmo e si lascia spazio anche senza volerlo solo al disincanto e alla rassegnazione. Ma tu sei certamente in grado di valutare la validità dell'idea di cui ho fatto cenno e di contrastare meglio di me, se la condividi, scettici e rassegnati. Aiutami, perché non vorrei arrendermi al peggio.
Tuo Franco

Caro Franco,
la teoria di René Girard ti è venuta a "pipa di cocco" per far capire che Orvieto deve prima di subito infilarsi nell'iniziativa di Perugia e Assisi. Le due città, tradizionalmente rivali, essendo singolarmente troppo piccole per candidarsi a "capitale europea della cultura per il 2019", stanno facendo rete. Orvieto, per le ragioni che tu dici, ci starebbe come "la fava nel baccello". Perdonami, se, contrariamente al mio costume, ho già infilato nel discorso due espressioni popolaresche. Più tu voli in alto e più mi spingi verso il basso. Ma va bene così, perché i nostri interlocutori hanno bisogno di essere stimolati nei loro intelletti con ragionamenti eruditi, ma anche di essere svegliati con qualche mortaretto. E i nostri interlocutori, in questo caso, sono il dottor Concina Antonio e l'avvocato Barberani come sopra. L'uno sindaco e l'altro assessore alla cultura del comune di Orvieto, sono invitati a darsi da fare, spiegandoci come e quando, o, se decidono di non darsi da fare, a spiegarci il perché.
E, se a qualcuno venisse in mente di dirci che si fa presto a parlare e che, tra il dire e il fare, c'è di mezzo il mare, dovremmo replicare, avvalendoci di Oscar Wilde (così mi tiro fuori dal fango del vernacolo), che "è molto più difficile parlare di una cosa che farla".
Se si applica la massima di Wilde ai grandi temi che appassionano e angosciano gli orvietani ancora capaci di angosciarsi - il destino di Vigna Grande, la politica dei rifiuti e la vendita di beni comunali per ripianare il deficit - vengono fuori spontaneamente alcune considerazioni.
Le proposte per utilizzare il complesso immobiliare di Vigna Grande sono 21.053, tante quanti sono gli abitanti di Orvieto. È vero, ci sono i bambini e i rimbambiti, che non propongono niente; ma c'è pure chi ha varie proposte alternative. Quindi il compito più difficile è stato svolto, si tratta ora di scegliere e di fare. La città ha un sindaco, una giunta e un consiglio comunale che (lo dice persino la legge) sono organi di governo. Che governino. "L'anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va", dice un mio coetaneo che fa il cantante.
Di proposte per la politica dei rifiuti ce ne sono. C'è quella del gestore della discarica. C'è quella degli ambientalisti. C'è persino quella di un consigliere comunale che vorrebbe tagliare la testa al toro mettendo per iscritto, sul piano regolatore, che i calanchi sono elementi preziosi del paesaggio orvietano e che non ci si deve più buttare la "monnezza"; anzi, si deve cominciare a pensare come levare quella che c'è stata messa. Ma qui "si sta senza parlare per intere settimane, e a quelli che hanno niente da dire del tempo ne rimane", come canta il mio coetaneo di cui sopra. 
Di vendere un bel di roba (praticamente tutto il vendibile) e mettere a posto i conti per non farsi azzannare dai creditori, si parla da un anno e mezzo. Sono stati fatti gli elenchi, sono stati stabiliti i valori, sono state indicate le procedure. È stata mandata pure una preletterina di Natale alla Corte dei Conti, piena di scuse e di buoni propositi. E la Corte ha letto, ha mostrato di crederci e ci ha detto, in sintesi, che sono c nostri. Ma non s'è venduta nemmeno un spilla da balia. I creditori aspettano. Ma quanto aspettano? Se andiamo avanti così "senza grandi disturbi qualcuno sparirà, saranno forse i troppo furbi e i cretini di ogni età", concluderebbe il mio coetaneo.



da Flavio Zambelli

Caro direttore, caro Pier,caro Franco, fate bene a parlare di cultura e a voler inserire Orvieto in un progetto culturale più ampio insieme con Perugia e Assisi. Ma in questi giorni ci sono state altre emergenze ancor più importanti che hanno messo in secondo piano la cultura e la collocazione di Orvieto nel quadro turistico-culturale regionale. La prima emergenza, ormai ben nota, riguarda l'assestamento del Bilancio preventivo votato il 20 ottobre scorso dal Consiglio comunale. Si devono individuare risorse finanziarie con una certa urgenza dopo il fallimento del bando sui parcheggi, si deve in sostanza dare attuazione al piano di vendita dei beni immobiliari del Comune, e al nuovo bando di vendita del mattatoio. Una seconda urgenza è definire il piano dei rifiuti qui nel territorio orvietano, rispondendo anche alle questioni che Pier ha posto nella sua mozione di lunedì scorso. Non si tratta di dire semplicemente no al terzo calanco. Ma si tratta di individuare proposte alternative valide per gestire la fase di emergenza e di transizione. Si tratta di Individuare un nuovo sito di scarico dei rifiuti nell'area compresa tra Orvieto e Ficulle, secondo eventuali accordi che rientrano nell'unione dei comuni limitrofi, salvaguardando l'area calanchiva della Località Le Crete. Questo consentirebbe nel frattempo di avviare : 1) Una raccolta differenziata spinta 2) avviare oltre alla centrale di compostaggio, anche un impianto di separazione, che consente di riciclare e recuperare materia plastica e mettere in discarica solo i rifiuti non riutilizzabili. 3) secondo tecniche e procedure industriali, svuotare e ripristinare eventualmente il primo calanco,solo in caso di emergenza-rifiuti. Emergenza che non ci dovrà essere se evitiamo di portare altri rifiuti da fuori Regione. E con questo rispondo a un certo "savoiardello" che chiedeva una mia posizione in merito. La mia posizione è chiara e netta: NO A QUALSIASI RIFIUTO PROVENIENTE DA QUALSIASI REGIONE ESTERNA ALL'UMBRIA, CAMPANIA COMPRESA, E LIMITARSI AI RIFIUTI DEL PIANO D'AMBITO. L'ho scritto in stampatello in modo che sia chiaro a tutti , anche al signor "savoiardello". La terza urgenza è quella dell'emergenza maltempo che ha messo a nudo  errori di progettazione nella costruzione di argini di difesa dalle piene dei fiumi.  Andrea Scopetti e Maurizio Conticelli avevano, in tempi non sospetti, evidenziato questi errori,( ma non furono ascoltati) quando si fece il Parco Fluviale del Paglia, che oggi è diventato un lago artificiale, più che una zona di passeggio pedonale. Questa emergenza si aggiunge al più ampio problema dei ritardi nella realizzazione dei lavori pubblici. E qui, devo dire che il consigliere provinciale Andrea Sacripanti ha ragione nel denunciare ritardi e mancanze della Giunta provinciale nelle competenze specifiche, soprattutto di chi rappresenta Orvieto . Nel frattempo l'Associazione COVIP è ufficialmente nata, e saluto con piacere la nomina di Franco Barbabella come presidente di questa fase costitutiva del gruppo. Un saluto a tutti.



La rubrica di Orvietosì  "A Destra e a Manca" è alla cinquantanovesima puntata. La rubrica è animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose".
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a
dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca".
La rubrica esce ogni lunedì.

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Pubblicato il: 29/11/2010

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