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Ci salviamo solo se ci uniamo, se facciamo rete

"A Destra e a Manca" numero cinquantotto. Una visione condivisa dello sviluppo del territorio e della sua gestione potrà aiutarci ad uscire dalle secche dei bilanci striminziti e dei servizi scadenti. Contributo di Flavio Zambelli

Caro Franco,

un po' per professione, un po' per passione ho acquisito negli anni alcune nozioni di diritto comparato degli enti locali. In particolare, mi sono dedicato ai comuni della Francia dove, con un sistema molto simile a quello italiano, circa 36.000 comuni funzionano in modo molto soddisfacente. Mentre in Italia è opinione diffusa che i circa 8000 comuni funzionano male perché sono troppi. C'è qualcosa che non va sia nei comuni che nell'opinione corrente. Ho visitato tante volte la Francia e ho conversato con vari amministratori e funzionari comunali. Mi sono convinto che i piccoli comuni francesi funzionano bene perché sono poveri di risorse  e quindi devono razionalizzare i servizi e le relative spese. La provincia francese è ricchissima di forme di collaborazione fra comuni minori. Non esistono eccedenze di personale né opere pubbliche inutili. Se perfino l'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani riconosce che, in un comune come Orvieto, cinquanta dei duecento dipendenti sono di troppo, si spiega quel che sto dicendo. Il sistema di moneta unica europea ha levato all'Italia il vizio di stampare soldi e creare inflazione. Ma non è bastato a calmare la propensione allo spreco da parte dei comuni, perché 8000 sindaci sono più forti di 900 parlamentari. Sarà il federalismo fiscale, decentrando il prelievo tributario, a salvare il parlamento dal ricatto e a limare le unghie ai sindaci. In attesa del federalismo, le leggi nazionali spingono i comuni alla gestione associata dei servizi, mentre le leggi regionali s'inventano quasi ogni giorno grandi ambiti cosiddetti ottimali per espropriare i comuni minori delle loro attribuzioni e conferirle a carrozzoni nei quali imperano i grandi comuni. È un brutto momento: i comuni minori non si decidono a unire le loro forze e le regioni sguazzano.

Guardiamo alla politica ambientale in Umbria e, in particolare, allo smaltimento dei rifiuti. È la regione che decide la strategia confrontandosi con le imprese (fortissime) e con i comuni (debolissimi). Quello che sta succedendo è sotto gli occhi di tutti. Orvieto e gli altri comuni del comprensorio, che dovrebbero procedere strettamente uniti per avere forza sia propositiva che oppositiva, si beccano come i polli di Renzo. I piccoli comuni si stanno organizzando per la raccolta differenziata, cioè per portare meno soldi al proprietario della discarica orvietana e meno soldi, come tassa per il disturbo ambientale, al comune di Orvieto. Ma incontreranno insormontabili difficoltà a piazzare i rifiuti differenziati se non cambia radicalmente la politica regionale. La raccolta differenziata è antagonista del seppellimento e dell'incenerimento dei rifiuti, attività facili e lucrose. E la politica regionale può essere condizionata solo dall'unità d'intenti del comprensorio orvietano.

L'incapacità delle amministrazioni comunali di affrontare il problema dell'aggregazione per una politica comune è una drammatica realtà.

Caro Franco, aiutami, se puoi, a capire se sono troppo pessimista o troppo severo.

Tuo Pier

Caro Pier,

ti conforto, eccome se ti conforto! Io, come te, anche se per ragioni diverse, giro da tempo per l'Europa, e posso confermare quanto anche tu hai sperimentato de visu: nelle zone rurali, soprattutto in Francia, intorno ad un comune relativamente più grande c'è una costellazione di altri comuni, per cui tutto ciò che è di interesse generale viene gestito in modo unitario, con il personale indispensabile, senza inutili fronzoli e badando a spendere lo stretto necessario. Non ci si preoccupa del numero dei comuni, ma della loro efficienza. E quando il servizio pubblico non ci arriva, ci pensano i cittadini, o in modo organizzato o individualmente. Ad esempio, può capitare di vedere che in un paese non proprio piccolissimo (circa tremila abitanti), anche nella via principale, siano i cittadini stessi titolari di una qualche attività a pulire un tratto di strada, senza lamenti e scandali.

Qualche anno fa per ragioni di lavoro passai qualche giorno a Sainte-Foy La Grande (Regione dell'Aquitania, Dipartimento della Gironda), un centinaio di chilometri da Bordeaux e meno di trenta da Bergerac. E' questo un comune appunto di quasi tremila anime, a capo di un cantone (uno dei 68 dell'Aquitania) che raggruppa 14 comuni più piccoli, con una popolazione complessiva di circa 11.500 abitanti. Si tratta della Francia profonda, quella delle stupende zone a vigneto curate come gioielli, che produce  vini pregiati, molto diversa dalla Francia sofisticata che identifichiamo con Parigi, ma parimenti orgogliosa e ancor più attaccata alle radici e alle tradizioni.

Ebbene lì rimani incantato da come il sistema pubblico funziona. E' appunto un sistema: i principali servizi amministrativi sono cantonali; i problemi particolari si affrontano nel singolo comune; uno dei sindaci del cantone (normalmente il sindaco del comune maggiore) rappresenta il cantone stesso nel Conseil Général du Département (il Dipartimento francese è assimilabile alla nostra Provincia).

Mi chiedo: se lì c'è un sistema che funziona, perché non cerchiamo di capirne bene i fondamenti, la logica, e non cerchiamo di imitarlo, adattandolo alla nostra specifica situazione e magari facendo funzionare anche meglio? Perché allora non proporre al sindaco di Orvieto di organizzare una delegazione dei sindaci del territorio per una visita di approfondimento in una di queste realtà così organizzate che esistono in varie parti d'Europa? Perché non pensiamo ad organizzare tutto il nostro territorio in un organismo di tipo cantonale? Sento già le obiezioni: che li mandiamo in giro a spese nostre? Tanto abbiamo (anzi, hanno fatto) pochi debiti! E anche di peggio ovviamente. Ma chi si ferma di fronte a questa mentalità è destinato a perdersi e a far perdere ogni futuro: triste il destino della comunità che abbia avuto in sorte (abbia scelto) questo tipo di classe dirigente.

Però, che ci si voglia accorgere o no e che si voglia ammetterlo o no, il problema esiste. Ed è il problema di come ci attrezziamo oggi, ora, nel bel mezzo della crisi, per costruire il futuro delle nostre comunità locali. Ciò che richiede la rottura di schemi mentali consolidati, quelli che sono contenuti in un termine che di per sé non è tutto negativo, il localismo.

So che le autocitazioni non sono eleganti, e te ne chiedo scusa, ma in questo caso si tratta di economia mentale. Circa due mesi fa, in un articolo scritto per il blog degli "Amici di Allerona" (www.alleronaheimat.com), a proposito del dibattito su come sarà attuato il federalismo, scrivevo: "E il Centro? Si pone o no una "questione dell'Italia mediana" nei termini di come ci si organizza nelle aree centrali del Paese non per difendersi, ma per progettare insieme ruolo e opportunità? Io credo di sì, anzi, credo che le classi dirigenti delle regioni centrali e delle diverse aree che le compongono e caratterizzano siano in grave ritardo, sia culturale che di iniziativa. Non bisogna aspettare più. E si devono muovere subito le intelligenze creatrici di futuro soprattutto nelle aree cerniera, che, come le nostre, hanno più interesse di altre a smuovere le condizioni inerziali e progettare stabili prospettive di politiche intercomunali, interprovinciali e interregionali. Peraltro non si partirebbe da zero: anche in questo c'è una storia che sarebbe utile riscoprire. Dunque in sintesi direi così: bisogna rompere il conservatorismo particolaristico, che per molti versi è solo utile alle diverse consorterie di potere e non alle comunità; bisogna superare i confini, sia quelli amministrativi, che spesso sono un ostacolo all'organizzazione razionale dei servizi con risorse pubbliche in costante diminuzione, sia quelli culturali, che appartengono alla preistoria delle società moderne; bisogna prepararsi per tempo a stare da protagonisti nella fase di costruzione del federalismo, che nei prossimi otto anni impegnerà forze sociali, forze politiche e strutture amministrative, in uno sforzo colossale di riorganizzazione dei sistemi locali e regionali. In sostanza siamo di fronte alla più grande sfida che le classi dirigenti locali siano state chiamate ad affrontare dal secondo dopoguerra ad oggi. Saranno disposte ad assumerla come il loro compito primario? Si struttureranno in funzione di essa? Ne sono consapevoli? Ce la faranno? Faccio e mi faccio queste domande perché non riesco a dare per scontato proprio l'inizio del percorso, ed ovviamente tanto meno il suo esito. E' il pessimismo dell'intelligenza, che ti comanda di guardare in faccia la brutale realtà. Ma per fortuna c'è anche l'ottimismo della volontà, che non ti fa mai perdere la speranza che ciò che vedi come necessario possa ad un certo punto diventare anche possibile. Purché quel punto non arrivi fuori tempo massimo".

In realtà non ci possiamo nascondere che, se non ci siamo già, ci stiamo avvicinando a grandi passi verso il limite del tempo massimo. Perché non è solo scarsa la coscienza che il futuro delle realtà locali è nella capacità di fare sistema, ma di fatto è inerziale la condizione dell'organizzazione per raggiungere questo risultato.

E' vero, alcuni segnali positivi sono arrivati tempo fa dai comuni dell'Alto Orvietano e di recente anche da quelli di Allerona, Castel Giorgio e Castel Viscardo, che si sono messi insieme per gestire alcuni servizi. Ma è chiaro che è poco, sono segnali minimali, siamo lontani da una politica territoriale. Anche il processo di aggregazione per la raccolta differenziata al quale tu fai cenno ne appare una clamorosa conferma, se la logica è quella del contrasto di interesse e non quella della ricerca dell'interesse comune. Mentre da altre realtà giungono segnali di ben altra forza e significato.

Parlo della stessa Umbria, terra lenta tutta, ma non tutta incapace di accorgersi di dove tira il vento e di quel che richiede il momento storico. Venerdi scorso, in un bell'articolo pubblicato su "Il Giornale dell'Umbria" dal titolo significativo "L'Umbria dei campanili può vincere solo se fa rete", il mio amico Giovanni Codovini ha proposto di sviluppare l'idea storica dell'Umbria policentrica facendo perno sul concetto di "federalismo funzionale", cioè la riorganizzazione delle politiche regionali e locali sulla base di funzioni correlate in una logica di sistema che, da una parte, elimini una sciocca e dispendiosa concorrenza all'interno degli stessi territori e, dall'altra, li spinga a raccordarsi con quelli confinanti per fare sistema anche con essi. Appunto la moderna logica delle reti, maglie e nodi. E portava come esempio la recentissima rete territoriale costituita tra comune di Perugia e comune di Assisi per candidarsi congiuntamente ad essere "Capitale europea della cultura per il 2019". Come si vede, c'è chi si muove, e mi sembra piuttosto bene.

Caro Pier, sinceramente mi prende una tristezza infinita nel constatare lo stato inerziale della nostra realtà. Certo non mi meraviglia, se penso a come dalle nostre parti si legge la storia e si gestisce l'attualità: la legge per Orvieto diventa non (come in effetti è stato) la trasformazione di un'emergenza in un grande progetto di modernizzazione della città e del territorio (che il Consiglio d'Europa propose come modello da seguire in tutti i Paesi della Comunità per la salvaguardia del patrimonio storico e culturale), ma l'inizio di un lungo (e, sembra di capire, inevitabile) processo di degrado verso il clientelismo e l'assistenzialismo; la rifunzionalizzazione dell'area di Vigna Grande diventa non l'occasione per spingere tutti insieme verso la creazione di una storica occasione di rilancio, ma il teatro per spregiudicati, e insieme stupidi e meschini, giochi di potere, l'esperimento di come far deperire beni pubblici e opportunità, l'esercizio per distruggere persone, insomma quasi un rito di avvitamento collettivo verso il niente; perfino la nascita del COVIP sembra che in certi ambienti venga vista come pericolosa, al punto che alcuni consiglieri sarebbero stati redarguiti solo per il fatto che hanno firmato la mozione sui rifiuti da te proposta, alla quale ha dato il suo assenso, come sai, anche la nostra associazione. Non ci sono parole.

E' insensato che le cose vadano così. Non possiamo permetterlo. Comunque è nostro dovere dirlo, e se necessario gridarlo, anche usando il megafono. Almeno anche ai sordi arriverà forse un qualche rumore e in ogni caso sarà impedito a tutti di sostenere che nessuno ha mai parlato.

Tuo Franco


a Flavio Zambelli

Caro direttore, caro Pier, caro Franco, il fallimento del bando a trattativa privata per l'assegnazione della concessione dei parcheggi pone angosciosi quesiti sul futuro della Città. Il sindaco Concina nel Consiglio comunale del 20 ottobre ironizzava sul commissario ad acta chiamandolo ipoteticamente e scherzosamente "commissario Gargiulo ".Speriamo che si possa ancora scherzare su "Gargiulo" e che non arrivi veramente. Il comunicato degli uffici comunali non lascia spazio a dubbi. L'offerta presentata per aggiudicarsi la gestione dei parcheggi "è formalmente irricevibile". Naturalmente sapevamo tutti che l'operazione poteva riuscire solo con l'interessamento di un gruppo imprenditoriale di una certa consistenza finanziaria. Anche perché il bando richiedeva per il primo anno un versamento di € 2.800.000, per avere subito liquidità consistente e immediata per cominciare a coprire in parte il deficit di bilancio per il biennio 2009-2010. Ora per un imprenditore orvietano non era un'operazione semplice tirare fuori di tasca propria, o comunque mettere in garanzia con le banche suoi beni patrimoniali, per un importo di quella cifra , senza  un'attenta analisi dei costi e benefici della gestione. A seguito di questo ennesimo fallimento anche il sindaco si sta finalmente convincendo che l'unica strada percorribile per i parcheggi è quella della gestione diretta da parte del Comune. Che poi la si attui con una SRL e la cartolarizzazione, questo è un meccanismo da studiare a tavolino. Non voglio dire che questa è una vittoria del COVIP. Per carità. In questi casi non è necessario né opportuno mettersi nella condizione di dire "avevamo ragione". Anche perché esiste un detto popolare che ci ricorda che "la ragione è dei fessi".!! E noi rinunciamo volentieri a questo appellativo. Credo però che sia necessario mettere da parte le sterili discussioni e sedersi intorno ad un tavolo per riprendere il conteggio economico che ha realizzato per noi Massimo Gnagnarini. Con un'attenta analisi  era stato calcolato che dalla gestione diretta dei parcheggi a Orvieto, si può cominciare a coprire il disavanzo strutturale annuale tra entrate e uscite correnti. Poi ovviamente per coprire il disavanzo complessivo servono le altre misure di vendita dei beni immobiliari e il recupero dei  crediti maturati a causa dell'evasione fiscale di diversi contribuenti. E poi c'e' il discorso dei parcheggi "insilati" e le eventuali proposte di venderli ai privati una volta messo a norma il piano del traffico nel Centro storico. Il "lodo Gnagnarini" per uscire dalla crisi prevede al primo punto l'accordo tra tutte le forze politiche riazzerando la Giunta comunale. Ora, credo che sia difficile trovare un mese dopo quell'accordo che non si è trovato il 20 ottobre. E' difficile perché sarebbe comunque l'accordo tra due debolezze. Da un lato la debolezza della maggioranza e dall' altro la debolezza del PD, che non è uscito affatto rinforzato dall'ultimo Congresso comunale. E ne abbiamo già parlato in tutte le salse di questo Congresso. Il fatto di far partecipare anche il PD alla fase di stabilizzazione e risanamento del bilancio, sarebbe sicuramente la strada più corretta. In un momento di grande crisi finanziaria della Città la compartecipazione di tutte le forze politiche e sociali, sarebbe la soluzione più' logica. Tuttavia la partecipazione del PD nella Giunta comunale a seguito di un azzeramento e di una nuova ripartenza, temo che non risolva i problemi strutturali che ci portiamo dietro. Certamente servirà a condividere insieme anche gli errori e le responsabilità ; questo sì. Ma in realtà le responsabilità collettive delle forze politiche ci sono già. Il centrosinistra è responsabile degli errori delle amministrazioni passate. Il centrodestra è responsabile degli errori dell'ultimo anno e mezzo dal Giugno 2009. Periodo in cui, peraltro molti provvedimenti sono necessariamente passati con l'astensione consapevole del PD. Ma questa è una settimana importante anche perché, come è stato già detto, si discute in Consiglio comunale la mozione di Pier sui calanchi e sul loro utilizzo in chiave paesaggistica e turistica. In pratica sarebbe una variante al PRG con cambio di destinazione d'uso. E se la mozione fosse votata nel suo contenuto proposto, sarebbe un 'autentica rivoluzione . (Al momento in cui scrivo non so come andra' a finire). Si comincerebbe  anche a ragionare diversamente sul ciclo dei rifiuti  passando dalla fase delle discariche  a quella di progetti industriali moderni ed eco-compatibili, che riducano il peso e la necessita' delle discariche stesse,oltreché, laddove ci sono, anche dei termovalorizzatori. A  proposito leggo che i termovalorizzatori in Campania, sarebbero alla base delle diatribe interne al PDL , tanto da indurre il Ministro Carfagna a dare le dimissioni dopo il 14 Dicembre. Personalmente devo dire che mi dispiace perché Mara Carfagna è tra i ministri che hanno portato a casa qualche provvedimento di assoluta importanza . Penso alla legge che punisce il reato di "Stalking" contro le donne . La Carfagna ha permesso con questo provvedimento  finalmente di coprire un vuoto normativo che impediva alle forze dell'ordine di poter intervenire a tutelare le donne  oggetto di molestie continue. Questo perche' mancava  una tipologia di reato configurata dalla legge. Adesso c'e'. Ovviamente la legge, varra' anche nel caso di Stalking ai danni degli uomini, qualora dovessero avvenire .Il Ministro Carfagna,se confermera' le dimissioni, ci manchera'. Chissa' perche', nel centrodestra, le belle donne sono sempre le migliori nelle amministrazioni  nazionali e  locali . Un saluto a tutti voi.E in bocca al lupo a Pier per la sua mozione.


La rubrica di Orvietosì  "A Destra e a Manca" è alla cinquantottesima puntata. La rubrica è animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose".
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a
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La rubrica esce ogni lunedì.
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Pubblicato il: 22/11/2010

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