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Chi ci può dar l'ispirazione?

Orvieto è in "Una crisi locale all'interno di una crisi nazionale e in un momento di crisi generale degli enti locali. Ma credo che dobbiamo disilludere chi si rifugia nella consolazione del mal comune mezzo gaudio."  Contributo di Flavio Zambelli

foto di copertina

Caro Pier,
nella fase di gravi difficoltà e incertezze che attualmente viviamo sia a livello nazionale che locale, ovviamente nel contesto più generale di trasformazioni che non è retorico definire epocali, noi siamo chiamati ad agire facendo affidamento a categorie mentali ed a criteri di comportamento che spesso sentiamo inadeguati. Per questo ci affidiamo non solo alle nostre convinzioni, quelle che ci appaiono più solide in base alle nostre esperienze, ma anche al confronto con altri, che non necessariamente sono nostri contemporanei.
Anzi, mi accade ormai piuttosto frequentemente, e non solo nel dialogo con te e con i nostri amici, di imbattermi in citazioni di personaggi che nel passato hanno saputo indicare con il loro pensiero e la loro opera la via da percorrere in situazioni particolarmente complesse. Tu ne hai citati alcuni. Io stesso ho citato di recente l'appello ai liberi e forti di don Luigi Sturzo, e Flavio Zimbelli e il nostro Direttore hanno trovato interessanti spunti nel pensiero di Aldo Moro.
Ora io voglio sottoporre alla tua attenzione ed a quella dei nostri affezionati lettori pensieri e azioni di due personaggi del passato la cui conoscenza da parte tua mi auguro non sia così presente da essere scontata. Insomma vorrei un po' sorprenderti, anche se so di non poterlo fare più di tanto, al fine naturalmente di sviluppare la nostra riflessione sul da farsi nella nostra realtà qui ed ora, giacché sappiamo che i tempi delle scelte importanti stanno arrivando.
Si tratta, pensa un po', di Cosimo de' Medici, detto il Vecchio, fondatore della Signoria a Firenze e di fatto Signore della città dal 1434 al 1464, anno della sua morte, e di Giacomo Matteotti, il deputato socialista assassinato per mandato di Mussolini nel 1924. Epoche diverse e personaggi diversi, ma anche da qui spunti di riflessione utili.
Prendiamo il caso di Cosimo de' Medici. Egli sapeva che nella Firenze di allora, divisa tra potenti famiglie in continua competizione tra loro, ogni equilibrio sarebbe risultato sempre provvisorio e fragile. Perciò nei trent'anni del suo potere egli governò più in modo indiretto che diretto, più esercitando influenza su chi rivestiva la carica di Gonfaloniere che non rivendicando per sé tale carica, che ricoprì infatti poche volte e per brevi periodi. Sapeva anche bene, oltre che per esperienza diretta e, come diremmo oggi, per "frequentazioni assidue con gli ambienti che contano", anche per conoscenze culturali vaste e senza paraocchi, che cosa vuol dire governare in situazioni nelle quali ad un certo punto mancano i soldi o in presenza di rigidità ideologiche. Successe, sul primo versante, quando nel 1447 fallì a Barcellona la compagnia di Giovanni Venturi e Riccardo Davanzati, con pesanti conseguenze sui commerci internazionali della banca dei Medici e della stessa economia di Firenze. L'imperizia e la voglia speculativa di alcuni avevano messo in difficoltà le condizioni generali di governo della collettività. Successe, sul secondo versante, quando i prelati greci, che nel Concilio di Firenze (1439-1445) sembravano aver accettato la posizione papale per cui lo Spirito Santo procede sia dal Padre che dal Figlio, tornati a Costantinopoli, non mantennero la parola data e riaffermarono la loro posizione originaria per cui lo Spirito Santo procede solo dal Padre, con la conseguenza che il Papa si rifiutò di inviare gli aiuti richiesti e Costantinopoli cadde ad opera dei Turchi nel 1453. Una rigidità dottrinale era stata anteposta alla salvaguardia del bene comune. Però, sia nell'una che nell'altra situazione, Cosimo non si perse d'animo e continuò a lavorare con pazienza, capacità di mediazione tra spinte e interessi diversi e ottimismo nella ricerca di soluzioni possibili.
Prendiamo ora il caso di Giacomo Matteotti. Non mi riferisco tanto al deputato socialista, alla sua battaglia contro il fascismo che egli pagò al prezzo della vita, esempio fulgido di lucidità, coerenza e coraggio, quanto al Matteotti meno conosciuto, anzi sicuramente ignorato anche da coloro che spesso si riempiono la bocca di richiami al pensiero socialista e democratico. E' il Matteotti amministratore (consigliere) in alcuni comuni della provincia di Rovigo tra il 1912 e il 1920, che si fece la fama di grande "spulciatore di bilanci", instancabile nel richiamare tutti al rispetto di criteri inderogabili, come la compatibilità tra preventivi di spesa e risorse finanziarie effettivamente disponibili, per cui, se non ci sono soldi si rinuncia alla spesa o, se l'opera è assolutamente indispensabile, se ne copre il costo anche con nuove tasse, ovviamente nei limiti strettamente necessari e con assoluta trasparenza. Non a caso erano bersaglio costante dei suoi interventi anche le delibere d'urgenza delle Giunte.
Non ti pare, caro Pier, che si potrebbe imparare molto da questi personaggi? Sono convinto che vorrai aggiungere cose stimolanti e utili, più di quanto io non abbia saputo fare.
Tuo Franco

Caro Franco,
non dobbiamo vergognarci né vantarci dell'abitudine di somministrare ai nostri venticinque lettori molte citazioni storiche, filosofiche e letterarie. Infatti non ce ne vergogniamo e non ce ne vantiamo. Ma non ne possiamo fare a meno, come il mio bravissimo e costoso (e per questo sporadico) giardiniere rumeno non può fare a meno di somministrarmi disquisizioni di botanica con grande passione che ricambio con rispettosa attenzione.
Gli studi classici ci hanno insegnato a levarci rispettosamente il cappello davanti ai grandi personaggi del passato. Quelli che son considerati classici perché hanno lasciato, con azioni e con parole, tracce profonde che ci orientano nel nostro breve e difficile percorso terreno.
Perciò accolgo il tuo invito a imitare, nei frangenti orvietani, di Cosimo de' Medici l'accortezza politica e di Giacomo Matteotti l'accortezza finanziaria.
Così voglio ispirarmi al filosofo secentesco Baruch Spinoza quando diceva di essersi sempre dedicato con impegno non a deridere, non a compiangere o a detestare le altrui azioni, ma a cercare di comprenderne le ragioni (sedulo curavi humanas actiones non ridere, non lugere, neque detestari, sed intelligere). E comprendere le ragioni delle azioni degli uomini significa anche comprenderne le ragioni del cuore.
L'esempio di quell'uomo buono, riservato e geniale che fu Spinoza ci invita a comprendere le ragioni per cui una serie di comportamenti, in quello che si delinea sempre più come il decennio nero di Orvieto, abbia determinato una eccezionale crisi finanziaria. Una crisi locale all'interno di una crisi nazionale e in un momento di crisi generale degli enti locali. Ma credo che dobbiamo disilludere chi si rifugia nella consolazione del "mal comune mezzo gaudio".  Poiché la crisi nazionale (debito pubblico e interruzione della crescita) è proporzionalmente molto meno grave di quella orvietana. Così come non è vero che la maggior parte dei Comuni italiani si trovino in guai analoghi a quelli nostri. Di pianti se ne sentono tanti, ma sono lacrime interessate. L'abitudine di bussare alla porta del tesoro statale, lagnandosi e minacciando ritorsioni elettorali, è un retaggio dei tempi in cui lo Stato poteva stampare soldi e la classe politica si perpetuava comprando i consensi. Ma il gioco non poteva durare a lungo perché la nostra inflazione determinava una concorrenza sleale nei confronti dei nostri ricchi acquirenti europei, che ci misero di fronte a un aut aut: o vi fate ingabbiare nell'Unione Europea (trattato di Maastricht e moneta comune) o andate a  far compagnia al Nord Africa. E lo Stato, che aveva accentrato le grandi risorse fiscali, fa ora del tutto per ammollarle alle Regioni e ai Comuni. Col cosiddetto federalismo fiscale si libererà di un grosso potere, ma anche dalla condizione di essere ricattato dai poteri minori che gli si erano coalizzati contro per spremerlo senza dover rispondere direttamente ai contribuenti.
Se questo è il quadro, è opportuno che gli Orvietani non s'illudano di poter uscire dalla crisi senza sacrifici, senza cambiare  molte abitudini e senza ridurre molte pretese. Ma non basterà, perché saranno indispensabili interazioni virtuose col comprensorio e con le aree floride delle regioni confinanti.
Con l'esempio di Spinoza si può comprendere come persone (non sempre sprovvedute e non sempre disoneste) abbiano potuto rendersi responsabili del decennio nero. Le vacche grasse sembravano non finire mai e la popolazione era abituata a pretendere bistecche sette volte alla settimana. Per di più Orvieto aspirava ad essere il fiore all'occhiello del partito egemone nel Centro Italia.
È in quel clima di orgoglio, di esaltazione e di consensi plebiscitari che maturò anche la grande follia della speculazione finanziaria. Quella che ha fatto più danni di tutte le guerre medievali di Orvieto.
Quel clima non c'è più. Rimangono alcuni nostalgici che non vogliono capire e alcuni testoni che non riescono a capire.
Nei confronti degli uni e degli altri non c'è rimedio. Ma speriamo che non siano troppi.
Tuo Pier


da Flavio Zambelli

Colgo l'occasione per rivolgere i miei più sentiti auguri al nuovo Centro di vita politica orvietana che in settimana avete provveduto a costituire. Di un'iniziativa del genere credo di esserne sempre stato un ispiratore, pur senza avere l'onere e l'onore di esserne anche tra i fondatori. Non si può fare a meno di citare grandi personaggi del passato, perché solo con la memoria storica dei tempi andati si può costruire una società del futuro. Franco Barbabella  ha ricordato una mia citazione di Aldo Moro, e lo ringrazio ; ma ancor più lo ringrazio perché ci ha ricordato la figura di Giacomo Matteotti. Lo statista , uno dei padri del socialismo riformista italiano, viene ricordato per il suo rigore nel controllo delle finanze pubbliche, oltreché' per il suo grande coraggio. Fu il primo politico italiano antifascista ,a sfidare apertamente in Parlamento le violenze squadriste fasciste  degli uomini del Duce, Benito  Mussolini . Fu antifascista in un'epoca in cui di antifascisti in Italia ce n'erano assai pochi. Spero che tra le finalità' del Centro ci sia anche spazio per l' approfondimento storico-culturale, in modo da dare a tutti i giovani che siano interessati, delle basi culturali sulla nostra storia moderna e contemporanea; questo indipendentemente dalle idee di ognuno . Un Centro intitolato alla figura politica e umana di Romolo Tiberi, non può che partire con i migliori auspici. I principi ispiratori non possono che essere quelli in cui il senatore Romolo Tiberi ha sempre creduto e per cui si  è sempre battuto. Spero che quei principi li sappiate difendere e far durare nel tempo. Un po' come disse un altro grande antifascista: Alcide de Gasperi, padre della DC,( dopo l'approvazione all'Assemblea costituente degli articoli della  Costituzione del 1948) : Vivant sequentes !!  Ci sarà tempo e modo di spiegare meglio obbiettivi e finalità del COVIP. In  bocca al lupo a voi tutti. Cordiali saluti. Flavio Zambelli.


La rubrica di Orvietosì  "A Destra e a Manca" è alla quarantaduesima puntata. La rubrica è animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose".
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a
dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca".
La rubrica esce ogni lunedì.

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Pubblicato il: 02/08/2010

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