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Economia della 'filiera corta'. Tanta filosofia e pochi broccoletti

di Dante Freddi Tentativi apprezzabili di riscoprire e organizzare un'offerta bella buona e giusta. Se ne occuopa il Consiglio comunale su proposta del consigliere Ranchino. Qualche perplessità di Barberani, ma tutti d'ccordo. Avanti verso il passato...FILIERA CORTA. INTERVIENE ANGELO RANCHINO

foto di copertina

di Dante Freddi
Fino a qualche decennio anno fa il mercato del giovedì e del sabato a piazza del Popolo era un'esultanza di colori, c'erano decine di contadini con  verdure e frutta e animali. Le vie si animavano, i mezzadri portavano ai padroni del podere le regalie, polli, uova, verdure previsti dal contratto, altra parte dei prodotti la vendevano e andavano nei pochi negozi ad acquistare baccalà o alici o quanto serviva per variare l'alimentazione. Poi, magari, c'era l'acquisto di un capo per il corredo delle figlie, chi poteva, quando poteva.  A piazza venivano i bolsenesi, con le primizie e gli ortaggi più belli, ma anche ortolani da Tarquinia, con carciofi e fragole. Ogni donna di casa orvietana aveva il suo fornitore di fiducia, ma la merce veniva sempre contrattata. Alcuni orvietani, dopo il lavoro, curavano l'orto nel piano del Paglia e l'eccedenza di produzione la commerciavano. Erano spinaci, zucchine, melanzane e quel pezzetto di terra buona costituiva un'integrazione sostanziosa dell'economia famigliare.
 Non era un bel momento del mondo e lo illumina soltanto il ricordo della giovinezza.
L'idea del mercato a filiera corta è bella, evoca tempi da "mulino bianco", sa di bello, buono e giusto. Spesso in tv ci propongono case history interessanti, dove raccontano che si risparmia e si mangia meglio. Ci sembra impossibile che da noi, che viviamo in campagna, non ci sia una filiera cortissima e che la gente acquisti la verdura al supermercato. Il consigliere Ranchino ha proposto  in Consiglio comunale ad Orvieto una mozione a proposito perché l' "obiettivo dei mercati- ha sostenuto- è facilitare la migliore conoscenza intrinseca del prodotto e di chi lo produce. Di qui l'esigenza di organizzare un'adeguata regolamentazione".
L'assessore all'agricoltura Barberani, pur dichiarando che la Giunta è impegnata per favorire la vendita di prodotti a filiera corta, ha evidenziato che "Il problema centrale è il prodotto. Stiamo facendo acrobazie: ad Orvieto non ci sono più prodotti, il mercato di piazza del Popolo che un tempo era popolato di ortolani locali è ridotto all'osso"
Questo è uno dei limiti, oggettivo, verificato, difficile da superare.
Il fallimento del mercato del lunedì a Sferracavallo ha questa come ragione di fondo ed è emblematico. Non c'è offerta e quindi la domanda si fa sempre più debole, fino ad esaurirsi e indirizzarsi verso altre possibilità di acquisto.
Insomma, più facile trovare l'insalata alla Lidl di Sferracavallo che al mercato. In più, al di là delle evocazioni sulle cose buone di un tempo, il "coccio" è pulito, ci sono meno scarti, non sono presenti bruchi e lumachine e mettere in tavola quel piatto è veloce e meno costoso. Sciagurata nuova abitudine probabilmente, ma è così. Quando poi non viene consumata  la verdura già lavata o addirittura cotta.
I virtuosi, noi slow che leggiamo la rivista di Petrini e usiamo cibi biologici, dopo aver cercato la verdura di Pacioni e la "misticanza" di qualche altro epigone dell'orto e aver trovato con soddisfazione un po' dei rarissimi "fagioli secondi del piano" che Costantino riserva ai clienti, o le introvabili cicerchie dell'Alfina, ci accontentiamo della roba italiana alla Coop.
Così va il mondo, ma viva chi lo vuol cambiare, magari senza perdersi in chiacchiere.
Sopra, la sognora Rosa Mocetti, qualche anno fa. A lato l'inaugurazione del mercato di Sferracavallo, lo scorso anno.

Pubblicato il: 26/03/2010

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