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A DESTRA E A MANCA. Progetto Orvieto nel futuro. Senza idee chiare l'alternativa è tra un progetto senza futuro e un futuro senza progetto

foto di copertina

Caro Pier,

abbiamo detto più di una volta che non sarà facile uscire dalla difficile situazione di oggi. Credo perciò che né tu né io ci meravigliamo se più d'uno, troppo concentrato sulla pagliuzza, non vuole e forse non può vedere la trave. Noi invece ci siamo assunti il compito di ragionare sulle questioni essenziali per vedere se e con quali passaggi si potrà infine "varcare la soglia della speranza". Mi sono sembrati per questo particolarmente importanti le tue riflessioni sull'urbanistica e soprattutto il tuo invito a vedere con occhi nuovi le connessioni tra le parti e l'intero, inteso questo da una parte come centro storico e dall'altra come territorio. D'altronde va nella stessa direzione la riproposizione di una progettualità dal profilo alto (e però spero non strano) nel contesto del "patto per la città" recentemente approvato dalla quasi totalità del Consiglio Comunale.

Di ciò appunto vorrei ancora parlare a partire proprio dal riuso dell'ex Piave. Com'è noto, a suo tempo fu deciso di destinare l'ex infermeria ad uffici comunali e l'ex mensa a locali per la ASL. Non ho mai creduto facile né realizzabile in tempi brevi la ristrutturazione dell'ex mensa e il trasferimento lì degli uffici e degli ambulatori di via Postierla, ma soprattutto non mi è stato mai chiaro perché per gli uffici comunali non sia stata adottata quella che appare ancor oggi la soluzione più razionale: il risanamento e la ristrutturazione del palazzo di proprietà dell'Istituto Piccolomini in P.zza della Repubblica, a fianco del Palazzo Comunale. Perciò non mi parrebbe strano se, in una operazione di ripensamento generale e di più razionale distribuzione delle funzioni della città, si ritornasse sopra a decisioni già prese, attuate o non attuate che siano.

Ci sono poi non pochi altri aspetti che a mio avviso andrebbero presi in considerazione contestualmente. Mi riferisco anzitutto agli edifici a destinazione scolastica, per fare una domanda: siamo proprio sicuri che la cosa migliore sia mantenere le attuali localizzazioni, spendendo per il risanamento e l'adeguamento cifre notevoli, con il rischio però di non ottenere comunque il livello di funzionalità al quale tutti gli studenti hanno diritto indipendentemente dalla scuola che decidono di frequentare? O non sarebbe opportuno riconsiderare l'intero sistema (quartiere storico e quartieri nuovi), anche alla luce dell'attuazione dei nuovi corsi di studio previsti dalla cosiddetta "Riforma Gelmini"? E poi per quanti anni si pensa di potere utilizzare come localizzazione provvisoria la palazzina comando dell'ex Piave, bloccando con ciò di fatto ogni ipotesi di riuso complessivo?

C'è inoltre la questione del Tribunale: siamo sicuri che si riuscirà a mantenerlo in vita o dovremo farci carico, in caso contrario, anche di questa destinazione?

Abbiamo già discusso degli edifici che vanno dal Casermone al carcere all'ex SMEF. A questi, come ben sappiamo, si deve aggiungere l'ex Ospedale di Piazza Duomo. Come ragioniamo su tutti questi edifici? Ha ancora senso ragionarci separatamente?

Io penso che siamo di fronte sia a problemi specifici sia ad un problema generale, che richiama questioni non solo edilizie, ma di urbanistica, di cultura, di servizi territoriali, ecc., cioè di ruolo e di funzione della città, peraltro come elemento di forza e volano per lo sviluppo del territorio. Come in altre fasi della storia di Orvieto, ovviamente con le dovute differenze, anche e soprattutto di clima generale e di contesto. Nel quale si deve considerare ad esempio il fatto che appena dopo le elezioni regionali di marzo si aprirà la discussione sull'attuazione del federalismo fiscale, e dunque sull'identità dell'Umbria, e in essa dei diversi territori. E non potrà non prendere quota la prospettiva di politiche interregionali organiche, nelle quali noi dovremo stare da protagonisti rispetto sia all'Alto Lazio e Roma sia alla Bassa Toscana.

Tu che ne pensi? Non sarebbe il caso di portare la discussione politica a questo livello, visto che sta di nuovo affermandosi l'idea che solo con una progettualità di largo respiro si può guardare con fiducia al futuro? Anche la questione dell'ex Piave assumerebbe, se considerata in tale dimensione, una natura più interessante e la sua rifunzionalizzazione diventerebbe forse anche più realizzabile. E poi la storia ci ha insegnato che da grandi problemi si può uscire in avanti se si ha il coraggio di non farsi schiacciare sul presente dalle diverse spinte e controspinte e di guadagnare al contrario una visione strategica. Ci deve sorreggere peraltro la convinzione che la fase delle vacche magre prima o poi finirà e dobbiamo per allora essere pronti con progetti che siano leggibili sia nelle diverse specifiche funzioni che nel senso complessivo che si vuol dare all'operazione di rilancio di Orvieto.

Tuo Franco

Caro Franco,

Guglielmo Giannini, il fondatore dell' "Uomo Qualunque", diceva che per gestire bene lo Stato basta un buon ragioniere. È grazie ad affermazioni come queste che invalse l'uso di bollare come "qualunquista" chiunque opinasse di preferire i tecnici ai politici nella gestione della cosa pubblica. Se poi, oltre alla capacità tecnica, si pretende dai politici  l'onestà privata si va a cozzare contro ciò che lucidamente scrisse Benedetto Croce: "È strano che, laddove nessuno, quando si tratti di curare i propri malanni o sottoporsi a una operazione chirurgica, chiede un onest'uomo, e neppure un onest'uomo filosofo o scienziato, ma tutti chiedono e cercano e si procurano medici e chirurghi, onesti o disonesti che siano purché abili in medicina e chirurgia, nelle cose della politica si chiedano invece non uomini politici ma onest'uomini". Io, se mi consenti, sono parzialmente qualunquista e parzialmente crociano. Concordo con Croce che la capacità politica è cosa diversa dalla capacità tecnica, e può essere compatibile con una condotta privata non irreprensibile (anche se capacità tecnica e moralità privata possono felicemente coesistere con la capacità politica) ma la capacità politica non deve essere disgiunta da moralità politica e da umiltà nel rapporto coi tecnici. E mi sembra pure indispensabile nell'uomo politico un livello di cultura generale adeguato alla complessità dei tempi in cui viviamo. Deve insomma saper leggere e scrivere e fare di conto. Non  sono indispensabili titoli accademici (Antonio di Pietro è laureato e Benedetto Croce non lo era), ma un ignorante, finché rimarrà ignorante, sarà un politico pericoloso.

Questa tiritera per dire che la nostra città avrà un futuro peggiore del recente passato se i pubblici amministratori non avranno un rapporto di umiltà con i tecnici. Se non coinvolgeranno tecnici di livello adeguato nei serissimi problemi di una città piena di radon, di debiti, di abitazioni non abitate, di rancore e di sfiducia.

Tu ed io stiamo mettendo su carta, anzi nel web, macigni enormi che non possono essere né pesati, né misurati, né rimossi senza il parere, il consiglio e l'aiuto di tecnici di alto livello. Possiamo auspicare che il Tribunale resterà, ma dovremmo prepararci al peggio, anzi all'alternativa. Altrimenti potremmo perdere il Tribunale ed avere anche il problema di non sapere che fare dello stabile che attualmente lo ospita. È già successo col Casermone. Così dovremmo prepararci a una soluzione alternativa al carcere e alla caserma della Guardia di Finanza. Le scuole superiori della Rupe vanno ristrutturate. La palazzina comando del Casermone, che ospita temporaneamente il Liceo Classico, farà da tappabuchi per dieci anni? Addio speranze di prossimi grandi investimenti in quel comprensorio. Sono temi che fanno tremare le vene e i polsi. C'è bisogno di urbanisti ed economisti con gli attributi, da affiancare agli amministratori comunali.

Un po' per animare il dibattito, un po' per divertimento, un po' perché "nessun dorma", ho espresso, soprattutto in questa corrispondenza con te, alcune idee. Ma non ho insistito perché, in mancanza di interlocutori che, dal punto di vista tecnico, ne sappiano più di me e mi dicano ciò che va scartato e ciò che va approfondito, farei la fine dei pensionati che s'aggirano tra Sant'Andrea e il Moro per attaccar bottone con le loro idee fisse. Per esempio, ho detto che un collegamento rapido e diretto (l'ho chiamato "navetta") tra Sferracavallo e il Centro Storico trasformerebbe un quartiere suburbano in quartiere urbano, con reciproco vantaggio dei due insediamenti. Il Centro Storico salirebbe da 5000 a 8000 abitanti. Ma ho bisogno di un esperto di traffico, di un urbanista e di un economista per sapere se dico una stupidaggine o se la cosa è fattibile e utile. Altro esempio. Ho detto che il Centro Storico è un mercato naturale e che la destinazione del Casermone all'arricchimento dei servizi ricettivi, professionali, ricreativi e strettamente commerciali porterebbe lavoro e benessere, nel rispetto della vocazione storica della città. Se ho detto una fesseria non me lo deve rimproverare un imbecille qualsiasi che scrive commenti anonimi su internet, ma economisti e urbanisti. Potrei dire che il vecchio ospedale andrebbe destinato a centro integrato di assistenza agli anziani (casa di riposo, casa famiglia, centro ricreativo, fisioterapia e riabilitazione, mensa integrata per anziani, disabili, studenti, operai e indigenti) come inutilmente proposi anni fa con l'ottimo dottor Tomasso Verrucci. Potrei rispolverare la mia vecchia idea (non certo originale) di completare il Palazzo comunale. Potrei, anche sfruttando i tuoi preziosi spunti, suggerimenti, consigli e provocazioni, tirar  fuori tante idee. Ma ho bisogno del confronto con esperti nelle discipline coinvolte.

Come se ne esce? L'unica speranza è che sindaco, assessori, consiglieri e dirigenti comunali si rendano conto che non sono esperti di tutto e che devono ricorrere ad altri  esperti. Tra gli amministratori e i dirigenti  comunali vi sono dei professionisti e di fronte a loro mi levo il cappello, ma non bastano. La popolazione orvietana è ricca di persone di alto livello tecnico. Se non bastano gli Orvietani ci sono i forestieri. Se non bastano i forestieri ci sono gli stranieri.

Speriamo.

Tuo Pier


A destra e a manca  è la rubrica di Orvietosì  oggi alla diciannovesima puntata. E' animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose", fatti orvietani o no visti da punti di vista diversi, certamente autorevoli.
I due sono amici fraterni da decenni e quindi le idee potranno risultare discordi ma il tono è quello amicale e piacevole che usano persone che vivono la "vita" con reciproco affetto.
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a
dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca".
La rubrica esce ogni lunedì.

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Pubblicato il: 01/03/2010

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