Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: NOTIZIE
NOTIZIE CORSIVI

Dalle parole ai patti. Se un problema difficile ti sembra facile, vuol dire che non l'hai capito (detto lucano)

A 'Destra e a manca'. "La stesura e alla gestione del nuovo progetto non può prescindere da una larga partecipazione e collaborazione delle varie forze politiche"...intervento di Fabrizio Trequattrini

foto di copertina

Caro Franco,
ho sentito il dovere (e ho avuto il piacere) di rimarcare in consiglio comunale che il "Progetto Orvieto nel futuro"  di Toni Concina riproduce nel nome, ma anche nello spirito, quel "Progetto Orvieto" che, essendo sindaco  Franco Raimondo Barbabella, caratterizzò il momento più felice dell'interminabile egemonia della sinistra orvietana. Ricordo, e tu ricordi meglio di noi, che, all'epoca, Dante Freddi, Massimo Gnagnarini e il sottoscritto, cofondatori e redattori  del  "Comune Nuovo" (rivistina decorosa, se non gloriosa, di parte cattolica) non fummo propriamente esaltatori dell'ambizioso "Progetto". Lo chiamavamo "libro dei sogni", e in parte lo era, anche se si trattava di quei sogni benedetti  che sono indispensabili alla politica, come lo sono alla vita. Mi piace pensare che la nostra critica non fosse ispirata da settarismo, e tantomeno da disistima per il titolare della carica di sindaco, ma che si trattasse di "sana e costruttiva dialettica", di "positivo confronto democratico", di "coerenza col proprio ruolo politico" ecc. Tutte cose buone e giuste in una buona e giusta democrazia.
Ma veniamo all'oggi e al discorso sul metodo da applicare alla stesura e alla gestione del nuovo progetto, che non può prescindere da una larga partecipazione e collaborazione delle varie forze politiche. Nel  tentativo di approfondire le ragioni morali di tale collaborazione,  mi sono imbattuto nelle seguenti parole di Gesù Cristo: "Se un regno è diviso contro se stesso, quel regno non può sussistere. E se una casa è divisa contro se stessa, quella casa non potrà rimanere" (Marco 3,24). Nel gergo politico, si preferisce usare l'allegoria della barca e dei rematori. Nel senso che, nel momento del pericolo, si deve remare tutti nella stessa direzione. Chi rema contro ostacola la fuoriuscita dalla tempesta e rischia di far affondare la barca.
Il confronto tra le due allegorie, credo che ne metta in evidenza la diversa profondità. È ovvio che chi rema contro ostacola il percorso della barca. Ma è anche ovvio che i rematori al contrario sono l'inevitabile conseguenza del libero arbitrio. Bisogna metterli in conto e contrastarli. Se prevalgono, si cambia rotta. Ma Gesù Cristo parla di "divisione", che deve essere intesa, come ogni Sua parola, nel senso spirituale. I regni e le case crollano perché vi  è divisione degli animi, perché vi è opposizione tra i valori.
Rapportata l'allegoria evangelica alla stagione orvietana "presente e viva", mi sembra auspicabile una riflessione sui valori fondamentali. Non si tratta di far diventare la sinistra sparagnina e moderata, né di convincere la destra che con un po' di coraggio e di fantasia si può continuare a spendere come prima. Si tratta di altro. Ma, per  delineare l' "altro", chiedo il tuo aiuto, poiché mi fanno bene sperare le tue riflessioni sulla classe dirigente.
Tuo Pier


Caro Pier,
ero presente all'ultimo Consiglio e ti ho ascoltato. Ti ringrazio di quanto hai detto a proposito del "Progetto Orvieto" nel quadro della discussione sul "Progetto Orvieto nel futuro" (ma è questo il titolo esatto o le virgolette vanno spostate in avanti cosicché esso diventa "Progetto 'Orvieto nel futuro'", che non è esattamente la stessa cosa?), ed a tal proposito sento di dover ringraziare lo stesso sindaco e quanti altri hanno ritenuto utile, oltre che corretto, riferirsi a quella fase della politica orvietana in cui sembrò che le idee centrate sul bene e sul futuro di tutti potessero prevalere su quelle preoccupate solo del bene e della carriera di qualcuno. E' un riconoscimento che mi fa piacere, perché sentire di essere stati utili è uno dei sentimenti importanti per giustificare a nostri occhi ciò che abbiamo sottratto a chi ci sta vicino, ma mi fa piacere soprattutto perché esso è diretto anche a chi oggi non può ascoltare le tue parole e però sono sicuro che le avrebbe apprezzate avendo avuto anch'egli allora un ruolo rilevante sia nell'elaborazione che nella gestione di quella fase, dura e difficile non meno dell'attuale essendo anch'essa fortemente carica di innovazione.
Sì, ricordo bene, stavamo su opposte sponde, e sarei ipocrita se dicessi oggi che la vostra opposizione mi riempiva di gioia, anche perché sia io che Adriano - forse di più lui - sentivamo che spesso le vostre critiche erano forzate e sarebbe stato bello poterci mettere intorno ad un tavolo e verificare ciò che ci univa nella sostanza (poi lo facemmo, ricordi? - tu e Paolo Borri da una parte e io e Adriano Casasole dall'altra -, sul problema dell'Istituto Piccolomini). Anche perché il tema che ci univa tutti c'era anche allora, ed era come uscire dalla stasi e dalla marginalità dovuta non solo agli altri ma anche a noi stessi essendo da sempre prevalsa in questo nostro territorio la cultura della rinuncia e della rassegnazione.
Ti confesso che mi sarebbe piaciuto che questi temi fossero stati ripresi anche dagli esponenti della sinistra, e non perché sento il bisogno di riconoscimenti, ma solo perché ciò avrebbe indicato la volontà, finora mai sul serio esercitata, di fare i conti con il passato e dunque anche la capacità di sprigionare le buone e vitali energie di rinnovamento oggi di nuovo indispensabili. Ma tant'è, non si può avere tutto, non ti pare? E poi, se a manca si vuol essere ciechi e sordi, sarà la realtà stessa a dare presto un'altra bella svegliata a chi non solo dorme ma vorrebbe che tutti dormissero.
Comunque, visto che a destra monta una inusitata generosità di giudizio verso almeno un'epoca del governo della sinistra, mi spingo avanti - essendo sicuro di rivolgermi alla persona giusta - e ti ricordo che è prossimo il trentesimo anniversario sia del dispiegamento dei lavori di risanamento della Rupe (1981) sia della nascita dello stesso Progetto Orvieto (inizio 1981, convegno "Orvieto: i luoghi della cultura"; 1982, approvazione da parte del Consiglio Comunale del documento "Nuovo ruolo della città antica nell'ambito urbano"). Le amministrazioni di sinistra non hanno ritenuto opportuno e/o utile ricordare tutto ciò (beninteso, non in senso celebrativo, bensì come occasione di riflessione e di rilancio di idee, progetti, iniziative) né in occasione del ventesimo anniversario né in altre occasioni. Io ti propongo invece di farne oggetto di riflessione insieme, come occasione per vedere quali possono essere oggi le strategie e le proposte concrete per ridefinire (qualora se ne ravveda la necessità) l'identità della città e per rilanciarne il ruolo nella regione e a livello nazionale e internazionale.
E vengo alla tua proposta di riprendere i nostri ragionamenti sul tema della classe dirigente. Tu, richiamando il Vangelo di Marco, dici che "I regni e le case crollano perché vi  è divisione degli animi, perché vi è opposizione tra i valori". Ritengo il tuo approccio denso di significati e fonte di interessanti implicazioni. Tuttavia la mia tesi è diversa: io penso che i regni e le case crollano quando, pur in presenza di valori diversi anche in forte contrasto tra loro, non si riconosce e non si condivide più un collante comune che dà senso e fondamento al vivere insieme e giustifica comuni limitazioni per ottenere comuni risultati e vantaggi. Non è la mia una posizione materialista contrapposta ad una spiritualista, ma più semplicemente la constatazione esperienziale dei guai che derivano dall'impoverimento culturale e morale delle classi dirigenti e dal contestuale prevalere di particolarismi e personalismi, che rendono impossibile un'interpretazione corretta della realtà ed un lavoro lucido di ricomposizione degli interessi secondo una visione larga che dà luogo a disegni condivisi.
Ora siamo di fronte alla novità che aspettavamo e per la quale anche noi ci siamo spesi. Lo dicevo lunedì scorso: se ci sarà un accordo anche ai minimi termini dobbiamo rallegrarci. Dell'accordo per evitare commissariamento e dissesto si sono poste le basi, e noi appunto ce ne rallegriamo. Ma siamo ai minimi termini e - mi cito - "la distanza tra il bisogno di rilancio della città e la capacità della classe dirigente, generalmente intesa, di interpretarlo, resta davvero grande". Si riuscirà a superare questo gap, seppure con tutta la necessaria gradualità? Non posso rispondere di sì, visto anche il "percorso" con cui si è riusciti - bisogna riconoscerlo, con rara capacità e celerità - a smantellare un progetto di innovazione e modernizzazione che avrebbe potuto dare importanti frutti, oltre che nei tempi brevi, anche, e forse soprattutto, in quelli lunghi. Sento però di dovermi chiedere e di dover domandare: perché no? Ripeto anche questo: "ci tireremo fuori dal pantano solo se prevarranno le virtù dei tempi difficili". Tutti siamo alla prova, e perciò mettiamoci tutti alla prova. Non ci sono garanzie: siamo in mare aperto, le acque non sono calme, la ciurma è agitata e il porto non è alle viste. Credo che abbiamo un bel po' da fare, però ci deve incoraggiare il fatto che non stiamo più fermi e che un'idea di come fare c'è. Dunque, caro Pier, ora conviene mettere mano quanto prima anche al che cosa e al chi.
Tuo Franco


da Fabrizio Trequattrini
 
Ora i miei incanti son tutti spezzati,
e quella forza che ho è mia soltanto
e assai debole. Ora senza dubbio
potete confinarmi qua
o farmi andare a Napoli. Non vogliate,
giacché ho riavuto il mio ducato
e perdonato al traditore, che io resti ad abitare,
in grazia del vostro magico potere, questa isola;
ma liberatemi da ogni inceppo
con l'aiuto delle vostre valide mani.
Un gentil vostro soffio deve gonfiar le mie vele,
altrimenti fallisce il mio scopo
che era quello di divertire. Ora non ho
spiriti a cui comandare, né arte da far incantesimi,
e la mia fine sarà disperata
a meno che non sia soccorso da una preghiera
che sia così commovente da vincere
la stessa divina misericordia e liberare da ogni peccato.
E come voi vorreste esser perdonati di ogni colpa,
fate che io sia affrancato dalla vostra indulgenza. »
Prospero nella tempesta - ( W. Shakespeare ).


Viviamo la storia di Prospero ma rivendico il "diritto all'oblio", ovvero il diritto di dimenticare o ricordare al tempo giusto, con l'arbitrio "libero" da pregiudizi e capace di essere indulgente con la storia passata, senza sconti alla memoria di quel che ci ha portato al presente. Provo una strana ma piacevole sensazione nel constatare che alcuni progetti della Sinistra appaiano a Destra non troppo sinistri, ma avverto un certo turbamento all'idea che si voglia ripartire dal concetto fondante quel "progetto" pur sapendo di non poter contare sulla qualità di quella "classe dirigente". Ma ne vale la pena ! Magari, questa volta, sarà il "progetto" a partorire un gruppo di illuminati politici e, forse, con i vostri corsivi settimanali avete gettato le basi per costruire questa speranza civica e, come meritate, vi daremo una mano, Buon lavoro !


A destra e a manca  è la rubrica di Orvietosì  oggi alla diciottesima puntata. E' animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose", fatti orvietani o no visti da punti di vista diversi, certamente autorevoli.
I due sono amici fraterni da decenni e quindi le idee potranno risultare discordi ma il tono è quello amicale e piacevole che usano persone che vivono la "vita" con reciproco affetto.
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a
dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca".
La rubrica esce ogni lunedì.

Per leggere le precedenti puntate di 'A destra e a manca' clicca qui




Pubblicato il: 22/02/2010

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