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A Destra e a manca. Impressioni dal vivo e commenti da vicino

Il patto  civico c'è o non c'è? cronaca della commissione dei capigruppo e considerazioni sulla strategia del centrodestra e del centrosinistra? ma quale centrosinistra? e poi è ora dei contenuti, è ora di riempire il "Progetto Orvieto nel Futuro" proposto da Còncina. Contributo di Mario Tiberi

foto di copertina

Caro Franco,

giovedì 4 febbraio, quasi per caso, c'ero anch'io, come spettatore, alla riunione della prima commissione consiliare di Orvieto dedicata alla stipulazione del cosiddetto patto per la città: un'intesa tra i gruppi che compongono il consiglio comunale per uscire dalla crisi, battezzata dal sindaco Concina "Progetto Orvieto nel Futuro".

È opportuno premettere, per mantenere vivo il senso della storia politica della nostra città,  che la cosiddetta prima commissione è un sotterfugio, inserito anni fa nel regolamento del consiglio comunale, per assegnare il gettone di presenza ai capigruppo, dato che la legge consente l'assegnazione del gettone ai consiglieri comunali solo per la partecipazioni alle sedute dei consigli e delle commissioni consiliari, ma non per la conferenza dei capigruppo. Quando fu adottata la generosa norma regolamentare, ci s'illudeva che il comune di Orvieto fosse ricco, e comunque si riteneva che il sotterfugio non fosse illegale. Sennonché, in seguito,  il Ministero dell'interno e la Corte dei Conti della Toscana hanno messo autorevolmente becco e hanno stabilito che il sotterfugio è illegale. Adesso che ci siamo accorti che il comune di Orvieto, non solo non è ricco, ma è sull'orlo del fallimento, e che si stanno spendendo soldi in modo non consentito, ci dovremo mettere una pezza. Ne riparleremo.

Quanto alla commissione, erano assenti Angelo Ranchino, capo, e unico componente, del gruppo di Orvieto Libera e Carlo Tonelli, capo, e unico componente, del gruppo del Partito dei Comunisti Italiani. Angelo Ranchino aveva giustificato la sua assenza e Carlo Tonelli non era presente non perché ostile al patto, ma perché insoddisfatto di una soluzione che si prospettava non organica (rimpasto della giunta) e non di legislatura. Erano presenti il sindaco e la maggior parte degli assessori.

Lo stato d'animo del sindaco Concina,  del presidente del consiglio Frizza e dei capigruppo mi è sembrato consono alla serietà del momento. Nei loro interventi si esprimevano con la gravità di chi sa di trovarsi stretto in un nodo storico. Anche se non tutti avevano manifestato, all'esordio, la necessaria lucidità sugli impegni ai quali il sindaco li stava invitando.

Mi sembra necessario riassumere l'impostazione del sindaco, che è conforme a quanto molti orvietani (tra i quali tu, io e Dante Freddi) auspicavano e che risponde positivamente anche al segnale per un "patto per la città" lanciato da Giuseppe Germani, capogruppo del PD, qualche mese fa, quando l'amministrazione Concina era ancora impegnata a decifrare i conti e sembrava navigare a vista.

Concina, dopo aver premesso (e fatto ancora più drasticamente premettere dall'assessore al bilancio) che la situazione finanziaria ed economica del comune è fra le più disastrate d'Italia, ha ipotizzato due "percorsi" (tanto per attenersi al soffice gergo tonelliano) legalmente e moralmente corretti: primo, prendere atto che il comune è dissestato e sciogliere il consiglio comunale, lasciando al commissario governativo il compito di adottare i drastici provvedimenti che la legge prevede; secondo, stipulare un accordo con tutti i gruppi consiliari disponibili per aprire, studiare e chiudere concordemente tutti i dossier (casermone, ambiente, urbanistica, servizi sociali e culturali ecc.)  che attengono alle scelte fondamentali del comune e coerentemente definire il bilancio annuale e triennale. Ovviamente il sindaco ha proposto la seconda soluzione, dichiarandosi consapevole del dovere (ma anche dell'onore e del piacere)  di lavorare per la salute città che lo ha eletto, ma anche disponibile, se posto in condizioni di non poter lavorare proficuamente, a tornare a godersi a tempo pieno la meritata pensione.

La posizione di Giuseppe Germani, capogruppo del PD, mi è sembrata quella più preoccupata, anzi più tormentata. Ho cercato di comprenderne i motivi, accollandomi uno sforzo non lieve perché ritengo il ruolo del PD essenziale in questa fase della storia cittadina.  Ma la questione è talmente complessa che le mie impressioni possono solo avere il valore di un invito, a te in primo luogo, ma anche a tutti coloro che avranno la bontà di intervenire con franchezza, a illuminare con la massima efficacia il quadro che ci sta di fronte.

Ebbene, mi è sembrato che Germani, provocato dal sindaco durante la seduta (e da me in separata sede), a svolgere un ruolo propositivo autorevole nell'esame dei dossier che sono obiettivamente sul tavolo, sia cosciente di rappresentare un gruppo consiliare non coeso e di avere alle spalle un partito che non sta elaborando proposte nuove e utili, ma che si sta trincerando, come paralizzato, dietro al programma elettorale della sinistra. Anche se tale programma, come del resto quello della destra, non è funzionale al superamento delle emergenze rivelatesi, nelle loro reali proporzioni, solo dopo le elezioni. Ciò lo deduco dal fatto che Germani ha mostrato di essersi aspettato dal sindaco e dalla giunta un ventaglio di proposte da presentare al suo gruppo e al suo partito per verificare se il gruppo e il partito siano disposti a sostenerlo almeno fino alle elezioni  regionali e all'approvazione del bilancio. Ma questo schema non regge perché sottovaluta l'intelligenza del  sindaco e la strategia politica del centrodestra. Comunque si è riservato di sentire il suo partito con la speranza di poter sciogliere presto la riserva.

Altro atteggiamento che mi è sembrato evidente è la preoccupazione di Germani di recuperare il capogruppo dei comunisti italiani Carlo Tonelli. Ma in questo caso mi sembra chiaro e giustificato il timore del partito di Germani di una concorrenza a sinistra in una fase di decisioni in qualche modo compromettenti. Non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello che, dopo ciò che è accaduto, il PD possa amare Tonelli e che Tonelli non sappia di non essere amato.

Mentre Germani tenta di essere autorizzato dal suo partito a sciogliere la riserva, tu che ne dici?

Tuo Pier

Caro Pier,

il tuo racconto della seduta della prima commissione consiliare dello scorso 4 febbraio per esaminare le condizioni di stipulazione del "Patto per la città" fa ben comprendere la complessità del quadro in cui si deve muovere chi non vuole che la città rimanga, senza speranza di uscirne in tempi brevi e con le ossa sane, nel cul-de-sac in cui oggi si trova. Alle tue impressioni affianco ora i miei commenti.

Senza riproporre per forza la visione panglossiana del mondo, comincio però col notare che intanto il quadro c'è, è complesso, ma c'è, e fino a non molto tempo fa erano pochi anche solo quelli che si chiedevano quale fosse la strada da imboccare. Poi la strada è comparsa, anzi, meglio, è venuto fuori "il percorso". C'è chi se ne è già tirato fuori, c'è chi c'è entrato obtorto collo, c'è chi ci sta con il mal di pancia, ma insomma ci siamo, tutti devono scegliere se ci stanno o no. Io ritengo che si sia creata una straordinaria occasione per mettere a verifica la classe dirigente della città, non importa se fatta solo di nuovi o anche di seminuovi e di vecchi (tutti termini da intendere tra virgolette). Infatti, mentre di questo continueranno di sicuro a discutere i professionisti del cancellino, a noi importa sapere chi è disposto, come diciamo ormai da settimane, a mettere da parte visioni ristrette e interessi di bottega per fare l'interesse di tutti e costruire adesso, subito, il futuro della città, il bene comune.

Una seconda notazione mi sembra parecchio interessante, e riguarda la denominazione di "Progetto Orvieto nel Futuro" che il sindaco Concina propone di dare al "patto per la città". E' interessante per diverse ragioni: c'è - e la cosa mi fa ovviamente piacere - la ripresa dello slogan che negli anni '80 indicò un modo per allora davvero nuovo e originale di intendere la politica, non solo cittadina; c'è poi il fatto molto concreto e non contingente che quel progetto segnò l'uscita del nostro territorio da una storica marginalità, che anche per questo veniva accettata come condizione inevitabile, e il suo inserimento attivo nel contesto regionale secondo una visione di ruolo possibile, nazionale e internazionale, sul fondamento di quell'unicum che è rappresentato dalle sue risorse storico-culturali-ambientali; c'è infine - ed è oggi l'aspetto che interessa di più - la riproposizione del legame tra progetto e futuro, e dunque la riaffermazione di un'idea di governo come sguardo lungo, visione vasta, lungimiranza, che è non solo l'unica che ci può permettere di riconquistare il ruolo che abbiamo perso negli anni recenti, ma è quella che può consentire alle forze politiche di raggiungere un accordo trasparente, serio e di spessore, e alle forze sociali di parteciparvi con matura creatività. Con buona pace degli inciucisti, dei re tentenna, dei lamentoni e dei cancellini.

A me, caro Pier, non pare nemmeno strano che quello slogan venga oggi riproposto dagli "stranieri" Concina e Romiti e sostenuto dagli "autoctoni" Leoni e Barberani e magari altri che al momento non so, comunque tutti appartenenti allo schieramento di centrodestra, sia perché ciò che ha dimostrato validità deve essere ritenuto patrimonio comune da chi assume funzioni di governo della comunità, sia perché all'epoca il Progetto Orvieto fu sostanzialmente un'invenzione di pochi, che la sinistra all'inizio digerì solo perché non poteva fare a meno dei famosi "intellettuali" - che, ritengo non a caso, mi pare continuino a dare anche oggi fastidio, oltre che agli antichi e recenti cultori delle carriere personali, anche agli autoelettisi depositari di ogni saggezza -, e dopo cercò in vario modo o di sminuire o addirittura di cancellare, cancellandone gli autori con ottime complicità trasversali.

Vengo ora all'aspetto più squisitamente politico del tuo racconto, quello che riguarda l'atteggiamento dei gruppi del PD e del PS da una parte, e del PdCI dall'altra. Sono situazioni del tutto differenti. Il PdCI di Tonelli ha le sue buone ragioni a tirarsi fuori in questo momento di incipiente campagna elettorale per le regionali, ed ha trovato una giustificazione non male lamentando la mancanza di un accordo globale comprendente il cambiamento di maggioranza e il riassetto di Giunta. Gialletti è naturalmente favorevole ad un accordo sia perché conosce bene i limiti e le responsabilità che a sinistra hanno portato alla quasi disfatta, sia perché rappresenta in modo leale gli orientamenti del partito socialista, tutto favorevole ad adottare schemi non ideologici di governo. Germani - hai ragione tu - è in difficoltà semplicemente perché il PD non riesce a risolvere i suoi problemi ed è in perenne attesa che accada qualcosa che li risolva quasi per magia. Basti pensare che, incontro dopo incontro, alla precisa domanda se ad Orvieto si possa ancora parlare di centrosinistra e in quali termini, non è stata data mai risposta. Non so se questa situazione cambierà e in quali tempi. Credo però che la maggioranza degli esponenti del PD, o forse tutti, si rendano ben conto che non vi sono alternative all'assunzione di responsabilità che è loro richiesta dall'iniziativa del sindaco Concina. Sanno benissimo che il metodo scelto è quello giusto, proprio perché consente a tutti, intorno all'idea di un patto condiviso, di partecipare alla costruzione sia delle singole scelte che dell'assetto complessivo del programma di risanamento e di rilancio. Insomma, non si può nemmeno immaginare che ci si metterà intorno al tavolo solo per boicottarlo, perché è chiaro a tutti che dopo, a situazione aggravata, vi sarebbe un totale rimescolamento delle carte politiche, cioè, rispetto alla scura situazione di oggi, buio pesto. Ciò che non vale, ovviamente, per gli amanti dello scontro a prescindere.

A costoro - penso, caro Pier, che questo possa far piacere anche a te - vorrei ricordare che sulle conseguenze delle lotte tra fazioni e delle guerre per bande, che si sia trattato di adulti o di ragazzini poco importa, è stato detto già tutto o quasi, nel trecento dal Sommo Poeta, nel novecento da Ferenc Molnár. Ecco i notissimi versi della Commedia dantesca: "Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,/ Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura,/ color già tristi, e questi con sospetti!" (Purg. VI). Ed ecco, a conclusione del romanzo di Ferenc Molnár, I ragazzi della via Pál - il racconto affascinante della guerra per bande di due gruppi di ragazzi alla conquista di un terreno di gioco nella Budapest di fine ottocento -, che si conclude con la tragica fine del 'soldato semplice' Ernesto Nemecsek, che cosa succede nella mente del 'generale' János Boka, il capo del gruppo alla fine vincitore: "Guardava serio davanti a sé e, per la prima volta, nella sua anima di fanciullo, ebbe l'impressione vaga ed oscura di che cos'è in realtà questa nostra vita, talvolta lieta e talvolta triste, la quale ci costringe a lottare sempre, perché non siamo, per essa, che umili servitori". Credo sia giunto il momento, per tutti, di trarre insegnamento non solo dai versi di Dante, ma anche dalle riflessioni di Ferenc Molnár.

Concludo. Leggo nel documento sottoposto ai capigruppo consiliari che il GLP (Gruppo di Lavoro Politico) è diventato Gruppo di lavoro misto, ancora non tradotto in sigla, segno di prudenza e provvisorietà. Anche se non amo le sigle, mi auguro che la sigla alla fine ci sia, perché vuol dire che la situazione si è finalmente stabilizzata e si lavora sui contenuti. Tuttavia, sigla o no, sui contenuti si deve lavorare, e non perché, come dice un comunicato del PD, il sindaco Concina non ha una proposta di bilancio e di programma, ma proprio perché tale proposta, se "il patto" ha un senso, deve essere costruita dai contraenti dello stesso. Dunque, se finalmente gli incerti usciranno dall'incertezza, e se il Gruppo di lavoro misto prenderà quota e forma, allora arriverà anche il momento di dargli una mano. Propongo perciò a te, caro Pier, al nostro amico Dante, e a tutti gli uomini e le donne di mente sgombra da pregiudizi e di buona volontà, di riunirci due giorni in luogo adatto alle meditazioni, ad esempio un convento, per mettere nero su bianco quella proposta di programma che si invoca. Noi senza pretese per noi, ma con la pretesa per gli altri che la smettano di accampare scuse formali. Il tempo delle decisioni è alle porte.

Tuo Franco


da Mario Tiberi

Gentile Direttore e carissimi Pier Luigi e Franco,
con vivo piacere e interesse noto che il dibattito di "A destra e a manca", totalmente incentrato ad oggi a ricercare uno sbocco positivo alle ponderose difficoltà finanziarie del nostro Comune, sta procedendo spedito e convinto.

Convengo con Voi che, dopo fiumi di parole, sia giunto il momento di dare corpo e luce propria alle molteplici idee scaturite da Ottobre a questa parte e conferire loro un ordine organico e fondato sui canoni della logica razionale.

Quale miglior luogo se non gli ameni spazi di un romitorio e i suoi silenzi a fungere da provvidi consiglieri?.

Ai tempi della prima Repubblica, intorno agli anni ottanta, in un periodo di grave sbandamento del partito democristiano orvietano, fui io a proporre ai dirigenti di allora di chiuderci in "conclave" per tentare un amichevole componimento delle discordie che ci angustiavano.

Furono scelti due luoghi, l'Istituto San Paolo e il Convento di Pantanelli in Baschi, e due date ravvicinate al fine di celebrare l'evento che mi stava a cuore. Gli esiti, in tutta onestà, non furono straordinari; servirono però a quantomeno rasserenare gli animi e a fornire la giusta dose di lucidità che consentì di mantenere il presidio del campo con dignità e spirito di servizio per la collettività tutta. Il Direttore Dante Freddi mi può suffragare di valida testimonianza a tal riguardo.

Non aggiungo altro se non restare in attesa di un qualche riscontro da parte Vostra.

"Si valete, ego valeo".

 


A destra e a manca  è la rubrica di Orvietosì  oggi alla diciassettesima puntata. E' animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose", fatti orvietani o no visti da punti di vista diversi, certamente autorevoli.
I due sono amici fraterni da decenni e quindi le idee potranno risultare discordi ma il tono è quello amicale e piacevole che usano persone che vivono la "vita" con reciproco affetto.
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a
dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca".
La rubrica esce ogni lunedì.

Per leggere le precedenti puntate di 'A destra e a manca' clicca qui


Pubblicato il: 08/02/2010

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