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NOTIZIE CORSIVI

Classe dirigente cercasi

Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella e noi e voi cerchiamo concittadini per dirigere la città. Intervento di Simone Mescolini e Mario Tiberi

foto di copertina

Caro Franco,

l'amabilità e il bell'italiano con cui Mario Tiberi ci esprime la sua attenzione meritano un ringraziamento e una risposta. Egli condivide le nostre opinioni sia sull'inadeguatezza della classe dirigente orvietana sia sulla definizione di classe dirigente adeguata. Poi va al nocciolo del problema: chi e come farà emergere la nuova classe dirigente? La sua proposta è movimentista. Vale a dire: chi ha chiaro il problema non aspetti un improbabile autodafé della vecchia classe dirigente e si organizzi. Certo non è facile, ma è meno difficile che organizzare le veglie di preghiera e le processioni rogatorie, anche se, secondo me, sarebbero risolutive. Te le immagini schiere di giovani secolarizzati che vanno salmodiando con i ceri in mano?

Resta il fatto che a un movimento del genere io e te non potremmo partecipare perché non siamo nuovi, non siamo particolarmente incazzati e, bene o male, facciamo parte della classe dirigente. Se guardiamo al presente tu sei un dirigente scolastico in servizio, e piuttosto movimentato. Io sono un consigliere comunale di minoranza, ma legalmente in carica, anche se nella mia elezione, in verità, il popolo sovrano non ha messo un grande impegno. Se guardiamo al passato, tu hai fatto parte per vari decenni della classe dirigente. Accidenti se ne hai fatto parte. Ne hai fatto parte a tal punto che i bracconieri della politica (nel tuo caso di sinistra) ti hanno teso mille trappole micidiali. Io ho fatto il segretario comunale (che, secondo una parte dei sociologi, apparterrebbe alla classe dirigente) e, ad abundantiam, ho fatto per quindici anni il consigliere comunale.

Orbene, non dobbiamo essere noi a giudicare se apparteniamo alla classe dirigente da sbaraccare o ad una eventuale quota da salvare. Ma, anche nella peggiore delle ipotesi, ci trae d'impaccio il noto aforisma "Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna". È ciò che ti propongo: metterci a disposizione di giovani e meno giovani, di chi aspira a entrare nella classe dirigente e di chi sospira per rimanerci. Mica vorranno sostenere che tu non abbia buone cognizioni di filosofia, la quale, come si sa, comprende l'etica? Mica vorranno sostenere che io non abbia una buona esperienza di come si fanno funzionare gli enti locali senza rubare e senza scassarli? E poi c'è spazio per tanti altri, in primis per il nostro direttore Dante Freddi che, a parte tutto, se riesce a sopportare noi, è pieno di virtù da testimoniare e da insegnare.

Quindi, a parte il forum, che, anche se indetto con scadenze plurime, ha carattere necessariamente ricognitivo e indicativo, perché non progettiamo corsi di classe dirigente? Adesso la smetto, perché mi è venuto in mente (e non riesco più a levarmelo) il titolo di un vecchio esilarante film inglese: "La scuola dei dritti".

Tuo Pier

Caro Pier,

torniamo dunque al nostro amato ragionare con una certa levità e tentiamo di approfondire ancora un po' la nostra ricerca sulla (della) classe dirigente. No, non sul versante filosofico e sociologico, né su quello generale nazionale - di cui magari diremo qualcosa nell'ambito del forum annunciato -, ma su quello di impatto più immediato (non so però se anche più utile) di livello locale. Che si possa registrare già ora in modo esplicito un allargamento del consenso sull'esistenza e sulla stessa natura del problema è cosa da annotare con compiacimento, giacché nella nostra città non accade spesso che qualcuno si esponga e dica "ebbene sì, il problema c'è ed io la penso così e così". All'inizio lo fecero Giorgio Santelli, Giampaolo Smuraglia ed altri, qualche settimana fa Fabrizio Trequattrini, Massimo Gnagnarini e Paolo Borrello, ora Mario Tiberi. Ognuno ha aggiunto qualcosa o approfondito qualche concetto o formulato qualche proposta, e comunque ha detto o fatto capire di essere disponibile ad una riflessione comune per fare qualcosa di costruttivo che cambi e migliori la situazione che viviamo oggi. Bene, se si continua così, forse non tutto è perduto. Probabilmente ci sono non pochi altri che aspettano il momento o l'occasione per esporsi e dichiararsi disponibili al confronto che stiamo impostando. Perciò credo che abbiamo l'obbligo di continuare. Hai ragione, Mario Tiberi va al cuore del problema, che è "come e chi dovrà ricercare e far emergere una nuova leadership ed evitare che detta ricerca si trasformi in un vano sforzo come quello per l'Arca perduta o per il tempo perduto". Già, la questione del chi e del come, oltre che del che cosa. Allora vediamo se riusciamo a fare un passo avanti, cominciando dal fondo, che appunto è il che cosa. Fisso - ovviamente in modo del tutto arbitrario - solo alcuni paletti come fossero comandamenti o imperativi categorici sia della coscienza individuale che di quella collettiva, anche e soprattutto quando questa non esistesse: 1. segui la scia dell'interesse comune come i Magi seguirono quella della stella cometa; 2. segui il criterio del merito anche e soprattutto se sei cosciente di non averne nemmeno uno; 3. misura la competenza dai fatti e non dalle chiacchiere che magari anche tu ami più di ogni cosa; 4. diffida di chi ti promette soluzioni facili per problemi che al solo intuito ti appaiono complessi; 5. respingi l'impoverimento del linguaggio pubblico perché porta con sé l'impoverimento del pensiero, anche tuo e dei tuoi figli. Regole semplici e chiare. Se ne possono aggiungere altre, fino a fare ad esempio un decalogo. Chi le deve seguire? Il popolo naturalmente, o chiunque sia chiamato a conferire potere a qualcuno, in particolare se si tratta di incarichi pubblici. Come? Laddove è possibile e necessario, ad esempio nella scelta dei rappresentanti nelle istituzioni, con le procedure della democrazia, che per loro stessa essenza sono soggette a mutamento e comunque non possono garantire a priori della qualità dell'esito: quando non la garantiscono bisogna cambiarle, ma senza intelligenza e responsabilità di scelta non c'è regola che tenga. Conseguenza: nessuno si può dichiarare completamente innocente; semmai si può parlare di graduazione delle responsabilità. Contano le condizioni materiali, ma conta anche la cultura diffusa e la coscienza individuale.

Come vedi, caro Pier, anch'io, se mi affido alla coscienza, ho ben presente la complessità della faccenda. Si tratta di processi, non di decisioni che qualcuno può prendere a tavolino. Però il dato di fatto è che il problema di avere una classe dirigente all'altezza dei problemi c'è, ed è urgente che si affronti nei modi appropriati. Chi dà l'avvio? L'avvio lo ha già dato la realtà, e dunque anche noi che della nostra realtà facciamo parte; e a pieno titolo, perché appunto facciamo parte della classe dirigente e di tutte le sue complesse dinamiche. La mia opinione è che, quando la realtà spinge al cambiamento, chi sente di doversene fare interprete e di fatto se ne fa interprete sta già all'interno della classe dirigente, ed è dal movimento che viene generato dalle azioni e dalle reazioni tipiche di queste fasi che nuove forze possono avanzare se hanno cuore, testa e gambe.

Noi, che lo vogliamo o no, facciamo parte del movimento, anche quando ce ne dichiarassimo estranei o ci ritirassimo su un improbabile Aventino. Insomma, diciamolo chiaro e tondo: non sono riusciti a liberarsi di noi, pur avendole tentate quasi tutte, almeno con me, e non se ne libereranno nemmeno ora. Lo sanno, e perciò tenteranno di neutralizzarci ancora, innanzitutto con il silenzio più che con le chiacchiere. E allora sfidiamoli, togliamo di mezzo il muro di gomma. Abbiamo lanciato l'idea del forum e il forum si farà. Invitiamoci i soggetti che riteniamo abbiano un ruolo decisivo, a cominciare dai dirigenti dei partiti, e poniamo loro il problema di come si esce dalla pessima situazione in cui ci si è cacciati, e soprattutto loro ci hanno cacciati. Perché c'è una scadenza ravvicinata di fronte alla quale i giochi non sono più possibili: il bilancio 2010. Si dica con chiarezza che cosa si vuol fare: ci si accorda sulle scelte essenziali per risanare non solo il bilancio, ma per guardare al futuro rilanciando con iniziative forti e lungimiranti il ruolo di Orvieto e dell'intero nostro territorio, o si dà ancora spazio alle logiche di sopravvivenza dei gruppetti e delle cordate a scapito di ogni prospettiva? Se non vi sarà nessuna risposta convincente e nessuna prospettiva credibile, mettiamo in piedi un  movimento che rompa gli schemi e le incrostazioni e getti le basi di un "governo di responsabilità civica". E poi, se vedremo che le cose camminano nella direzione giusta, potremo ritirarci in santa pace e farci una bella partita a briscola e tressette, magari accompagnata a pane e prosciutto casereccio e ad un buon bicchiere di vino rosso.

La scomposizione di una classe dirigente egoista e miope in parte, ma solo in parte, è già avvenuta. La ricomposizione è appena cominciata. Per il cambiamento e il rinnovamento vedremo, sia sul piano quantitativo che soprattutto qualitativo. Ma è chiaro - a me sembra così - che se nel parlare di classe dirigente vogliamo stare sul piano della realtà, dobbiamo riferirci ai passaggi cruciali nei quali si vede se c'è, chi è, chi si comporta da classe dirigente. Il bilancio 2010 è uno di questi passaggi. Poi subito dopo ce n'è un altro, ma di questo parleremo in seguito, se lo vorremo e se il nostro direttore Dante Freddi nella sua infinita bontà continuerà a sopportarci.

Nel contempo - l'idea mi piace - organizziamo pure "corsi di classe dirigente". Però mi viene subito pensato: noi abbiamo certamente delle cose da dire, ma ci sarà chi le vorrà ascoltare? Vedremo. Anche perché il titolo della commedia inglese che tu citi, "La scuola dei dritti" di Robert Hamer, mi fa venire in mente che il protagonista, stanco di subire imbrogli, si iscrive ad un corso tenuto da un imbroglione professionista allo scopo non solo di imparare le tecniche per evitare le fregature, ma anche per darle, ciò che poi farà con successo. Mi chiedo: ma chi può sperare di imparare qualcosa da noi, e - consentimelo - soprattutto da me, che le fregature le abbiamo (le ho) solo prese, direi a raffica? Mettiamola così, con un bel po' di smodata fiducia: verranno a sentirci tutti coloro che ambiscono ad essere classe dirigente senza fare imbrogli. E allora, caro Pier, diciamolo che abbiamo un'irrefrenabile propensione per le strade in salita!

Tuo Franco


contributo di Simone Mescolini

Mi intrufolo impropriamente all'interno di questa rubrica , vista la caratura delle personalità che fino ad oggi vi hanno scritto, per fare alcune semplicissime riflessioni. La selezione di una nuova classe dirigente credibile, valida e competente è una delle cose più difficili da realizzarsi. L'ostilità degli "apparati" rispetto a questi processi è evidente. Come diceva l'amico Mario Tiberi, è impossibile pensare che chi oggi detiene anche un minimo briciolo di potere, sia intenzionato a salutare e lasciare campo ad altri, anche se più meritevoli.  La strada per il rinnovamento all'interno dei partiti  e conseguentemente della classe dirigente, è dura e inutile visto che dall' alto non ce n' è l'intenzione. Qualora a volte questa volontà si manifesti è solo di comodo. L'individuazione di una nuova classe dirigente, inoltre, non può essere "artificiale" o fatta dall'alto come avvenuto fino ad oggi, è un processo che dovrebbe partire dal basso, in cui partiti ed esponenti politici dovrebbero giocare lealmente e in maniera trasparente. Si dovrebbe andare oltre l'interesse dei singoli, riconoscere i propri limiti e il merito degli altri. Un processo in cui i più maturi dovrebbero avere la bontà di lasciare campo e accompagnare, come qualsiasi buon padre di famiglia, chi, giovane di venti o trenta anni vuole fare qualcosa per il futuro della propria generazione.  Purtroppo però questi sono comportamenti che non appartengono né alla politica né alla società italiana in generale.. Parlando di giovani, invece, credo che dovrebbero essere loro il nucleo della nuova classe dirigente. Gli viene però realmente data la possibilità di entrare a farne parte senza "compromessi"? Perché sono più quelli che scappano dall'esperienza politica che quelli che ne sono attratti precludendosi quindi questa possibilità?   Con queste due domande Vi saluto cordialmente.



contributo di Mario Tiberi

Carissimo Simone,

le Tue considerazioni sono sì semplici, ma piene di grande realismo e di maturo buon senso.

Del resto anche la risoluzione della questione che ci occupa sarebbe di per sé semplice se non intervenisse, come purtroppo spesso accade, un ufficio aperto giorno e notte: l'UCAS, ufficio complicazione affari semplici. Come puoi ben capire, è una battuta e forse non delle migliori; ha però il pregio di sintetizzare che nelle vicende umane, in primis quelle politiche, è la cattiva volontà a frenare il fluido dispiegarsi delle esperienze deontologiche a fronte della paralisi ontologica ed immanente.

Non mi resta che rinnovarTi l'invito a non demordere e a ritornare quanto prima a batterTi per la giusta causa anche da Te lucidamente inquadrata con argomentazioni fondate e dialettiche.

Un abbraccio affettuoso.

Cortesi Pier Luigi e Franco Raimondo,

che ne pensate se tra la "di" e la "erre" della "Scuola dei dritti" mettessimo una "i" che, come nella prima declinazione greca, renderebbe l'alfa (la "a" in italiano), simbolo dell'inizio della Vita, da impura a pura? Diventerebbe la "Scuola dei diritti", tra i quali, anche quelli di vederci governati da uomini e donne onesti e preparati, di sceglierli noi del popolo e non dover più subire le imposizioni delle oligarchie partitiche, di ristabilire un corretto e permanente rapporto fiduciario tra elettorato attivo e passivoet cetera.

Vi porgo i miei più deferenti ossequi.


A destra e a manca. E' la rubrica di Orvietosì  oggi alla nona puntata. E' animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose", fatti orvietani o no visti da punti di vista diversi, certamente autorevoli.
I due sono amici fraterni da decenni e quindi le idee potranno risultare discordi ma il tono è quello amicale e piacevole che usano persone che vivono la "vita" con reciproco affetto.
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a
dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca".
La rubrica esce ogni lunedì.

Qui il link per risalire valle precedenti puntate


 

  

Pubblicato il: 14/12/2009

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