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A Destra e a manca è alla ricerca della classe dirigente

Trovarla è prioritario. E non riguarda soltanto la politica, ma anche l'economia, l'informazione, il sindacato e chiunque abbia assunto un ruolo guida nell'àmbito in cui opera. Contributo di Mario Tiberi

foto di copertina

Caro Pier,

questa volta, nel nostro discettare di cose serie, dobbiamo mettere da parte la levità che ci piace tanto e lasciarci zavorrare dalla pesantezza del tema che abbiamo scelto. Ma il tema merita, io credo, questo sacrificio. D'altronde è prevalentemente colpa mia perché è dall'inizio che tedio te e i nostri pazienti lettori con il ritornello che il problema dei problemi della nostra città - ma, va aggiunto, anche delle altre e più in generale del nostro amato Paese - è la classe dirigente. Perciò ha ragione Dante Freddi a volere che il forum si faccia su questo tema, e tu devi rassegnarti e mandar giù il boccone amaro.

Francamente però non vedo perché dovresti sentirti in imbarazzo: la tua posizione è limpida, ha dei solidi fondamenti teorici, hai riscontri importanti nella realtà.

Dal mio punto di vista l'argomento merita comunque la massima attenzione almeno per tre motivi: il primo è che tutte le società che hanno creato cose importanti e durature ed hanno espresso capacità di futuro lo hanno potuto fare in ragione del fatto che avevano una classe dirigente che sapeva interpretare le esigenze del momento e per questo aveva anche la fiducia del popolo; il secondo è che quando ci si accorge che le classi dirigenti si sono impoverite di idee e di slancio e stanno abdicando al proprio ruolo, qualcuno deve porsi e porre il problema, ed è inevitabile che questo in qualche modo accada; il terzo è che non vi sono automatismi che possano produrre rinnovamenti o sostituzioni di classi dirigenti, in altri termini nessuno ha in tasca la ricetta giusta, ma vi sono certamente delle cose da fare, delle scelte che comportano responsabilità di chi al momento detiene poteri di comando e/o di creazione del consenso.

La questione esiste nel momento storico che stiamo vivendo? Io credo di sì. La questione ci riguarda anche in quanto cittadini orvietani? Io credo di sì. E da ultimo, possiamo fare qualcosa di serio e di sensato qui ed ora, stavo per dire hic et nunc per alleggerire la zavorra? Rispondo ancora sì.

Alcuni nostri interlocutori, da Gnagnarini a Borrello, hanno dato interessanti definizioni di classe dirigente e Gnagrarini si è spinto a dire, in questo più radicale di me, che Orvieto, secondo quella definizione, non ha una classe dirigente e che dunque bisogna crearla.

Io non so ancora che cosa dirò nel forum, ma certamente proporrò alcune riflessioni sia di tipo teorico che storico e pratico per indicare un possibile percorso di azioni positive al fine di contribuire a migliorare l'attuale situazione di direzione della società in cui viviamo.

Non so se sarà il caso di cominciare dagli studiosi della società moderna e dai teorici della formazione delle élites, da Max Weber e Georg Simmel o da Gaetano Mosca e Wilfredo Pareto o Antonio Gramsci o Carlo Rosselli. Non so se sarà o meno il caso di tener conto della sociologia che ha studiato in modo meticoloso i processi di formazione delle leadership. Forse tutto questo dovrà rimanere sullo sfondo. Ma so che la questione di cui stiamo già ora discutendo riguarda la democrazia, la sua stessa essenza ed esistenza, e la democrazia la si mantiene, e la si migliora o la si peggiora, appunto qui ed ora e ciascuno per la sua parte.

Caro Pier, non ti voglio convincere per forza, ma il forum può essere un'occasione interessante, certo se si verifica che c'è interesse non solo da parte nostra e se poi c'è qualcuno che ascolta e si impegna a dar seguito ad alcune idee che si ritengono buone ed utili. Se può esserci d'aiuto anche una veglia di preghiera o una processione rogatoria facciamola, non ci farà certo male! Non ci fece male, ricordi?, quella veglia di preghiera a San Faustino con il nostro don Marcello e altri cari amici in occasione della Pasqua di alcuni (altri direbbero tanti) anni fa.

In attesa ti propongo due piccoli spunti: passaggi di un articolo di Ernesto Galli della Loggia pubblicato sul 'Corriere della sera' del 4 ottobre 2008 e brani della lettera aperta di Pier Luigi Celli a suo figlio pubblicata su 'La Repubblica' del 30 novembre scorso.

Dice tra l'altro Galli della Loggia: "A questo riguardo la crisi economica sembra produrre due fenomeni convergenti. Da un lato la consapevolezza dell'oggettivo bisogno di leadership autorevoli, la richiesta di qualcuno che sappia prendere in mano la situazione. Dall'altro lato un'ondata di discredito per le leadership esistenti, specie economiche, rivelatesi così inadeguate e piene di zone d'ombra". E ancora: "Si ha l'impressione che le élites tradizionali, i loro partiti, i loro programmi, ma anche i loro riti, i loro giornali, i loro intellettuali accreditati, i loro format direbbe qualcuno, facciano sempre più fatica a comprendere, e quindi a rappresentare, ciò che non da oggi sta prendendo forma negli strati profondi delle società occidentali e che la crisi economica rinvigorisce, accresce, agita potenzialmente a dismisura".

E dice a suo figlio Pier Luigi Celli, ovviamente per parlare anche a tutti noi: "Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio . Puoi solo immaginare la sofferenza con cui ti dico queste cose . Ma non posso, onestamente, nascondere quello che ho lungamente meditato. Ti conosco abbastanza per sapere quanto sia forte il tuo senso di giustizia, la voglia di arrivare ai risultati, il sentimento degli amici da tenere insieme, buoni e meno buoni che siano. E, ancora, l'idea che lo studio duro sia la sola strada per renderti credibile e affidabile nel lavoro che incontrerai. Ecco, guardati attorno. Quello che puoi vedere è che tutto questo ha sempre meno valore in una Società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili, di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l'affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza".

Non sarà oro colato, ma queste affermazioni ci invitano a pensare, a riflettere sia con riferimento al globale che al locale. E a fare ciò che ci spetta, o almeno ciò che riteniamo tale. Io penso anche che di questo ci sia una certa urgenza.

Tuo Franco

Caro Franco,

dopo aver celiato (ma non troppo) sull'avvenire dei piccioni torraioli, credo che dobbiamo tornare all'argomento che ti preme e che sarà oggetto di un forum promosso da Orvietosì. Faremo contento anche il nostro amico e garbato interlocutore Massimo Gnagnarini. Tu sai che farò la mia parte, anche se l'argomento non mi eccita. Infatti ho cercato inutilmente di stornare la priorità su altro tema, ma Dante Freddi è stato irremovibile.

Perché mi rassegno senza grande entusiasmo?

Semplicemente perché il mio modo di vedere in materia è inquadrato nella dottrina sociale cristiana, cioè nei suoi tre punti fondamentali che sono: la solidarietà, la sussidiarietà e il bene comune. A parte la solidarietà e la sussidiarietà, di cui si può discutere separatamente, non è certo auspicabile una classe dirigente che non s'ispiri al bene comune. Ciò è di tutta evidenza e va bene a tutti: cattolici, gente di altra fede, atei, agnostici, liberali e socialisti. Andrebbe bene anche a nazionalsocialisti, fascisti e marxisti-leninisti se avessero ancora voce in capitolo. Ritengo pure che, una volta sgombrato il campo dall'identificazione del bene comune con quello della razza o del partito, tutti, grosso modo, possiamo intenderci sul concetto di bene comune, che sta nell'armonia tra la giusta e ordinata convivenza sociale e la valorizzazione delle singole persone umane.

Ma se mi è chiara la fonte dei miei convincimenti (Vangelo e magistero della Chiesa) non mi è chiara la fonte cui attingono tutti i cosiddetti laici che abbondano sia a destra che a sinistra. Poiché, con tutta l'umiltà che mi è possibile, mi riesce difficile convincermi che siano tutte persone dotate di una mente tanto più lucida della mia da non aver bisogno del mistero, tendo a pensare che abbiano una fede implicita, forse inconscia, o forse quella che si chiama anima naturaliter christiana.

Caro Franco, con te queste cose le posso dire, e posso farle sapere anche ai nostri venticinque lettori, ma nel forum mi sentirò in imbarazzo. Ovviamente cercherò di capire i ragionamenti altrui, ma credo che non ammetterò mai che una classe dirigente moralmente all'altezza possa venir fuori dagli approfondimenti culturali e dai discorsi, senza un risveglio della fede: religiosa o laica o implicita o subliminale o subconscia. La si chiami come si vuole.

Più che un forum, organizzerei un veglia di preghiera, anzi una processione rogatoria

come quelle che indicevano i parroci di campagna per impetrare la pioggia.

Tuo Pier


da Mario Tiberi
Cari Pierluigi, Franco Raimondo e Dante,

seguo con interesse, fin dalla sua prima uscita, la rubrica "a destra e a manca" e, se non ricordo male, inviai un commento a margine del primo numero dedicato alla rivincita del centrosinistra sul centrodestra nell'ambito delle vicende politiche nostrane.
Dante ha perfettamente ragione nell'aver sollevato la questione della urgente selezione di una nuova e credibile classe dirigente come è nel vero Franco quando sostiene che tale questione è il problema dei problemi e, non da meno, convengo con Pierluigi che attribuisce l'auspicio della soluzione della selezione al comune sentire di ogni onesto cittadino.
Ma il problema dei problemi nasconde, a monte di esso, un quesito prioritario: come e chi dovrà ricercare e far emergere una nuova leadership ed evitare che detta ricerca si trasformi in un vano sforzo come quello per l'Arca perduta o per il tempo perduto.
Il come sembrerebbe più agevole se il merito inteso come competenza, conoscenza e capacità fosse davvero elevato a criterio di giudizio universalmente riconosciuto e praticato.
Per il chi, la faccenda si complica e si complica enormemente: è difficile, se non impossibile, pensare che, per coloro che attualmente detengono anche un benché minino briciolo di potere, possa farsi strada l'idea salutare di lasciare spazio ai meritevoli perché hanno piena la consapevolezza che questo comporterebbe inevitabilmente la loro definitiva uscita dalla stanza dei bottoni.
Proprio per queste ragioni, un considerevole numero di giovani promesse ( Simone, Annalisa, Lorenzo, Alessio, Marianna, Luca ed altri) hanno deciso di disimpegnarsi dallo "officium" pubblico fintantoché certi meccanismi e soprattutto certi uomini la faranno da padroni.
Ho parlato, ovviamente, della "parrocchia" alla quale mi sento di appartenere non so ancora per quanto, ma ritengo che anche in altre la condizione sia più o meno la stessa.
E allora? Allora bisognerà mettere mano fin da subito a un movimento che rivoluzioni il sistema selettivo vigente consci che, se così non sarà, non avremo futuro.
Non scendo in particolari, ma se lo riterrete opportuno consideratemi a Vostra disposizione.
Complimenti, infine, per la bella immagine di De Gasperi, Adenauer e Schuman.
Cordiali saluti.



A destra e a manca. E' la rubrica di Orvietosì  oggi all'ottava puntata. E' animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose", fatti orvietani o no visti da punti di vista diversi, certamente autorevoli.
I due sono amici fraterni da decenni e quindi le idee potranno risultare discordi ma il tono è quello amicale e piacevole che usano persone che vivono la "vita" con reciproco affetto.
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a
dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca".
La rubrica esce ogni lunedì.

Qui il link per risalire alle puntate predenti di " A destra e a manca"


 

 


 

Pubblicato il: 07/12/2009

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