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Il pessimismo della ragione e l'ottimismo della volontà

A destra e a manca. Con Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella. Intervienti di Fausto Cerulli e Fabrizio Trequatrini

foto di copertina

Caro Franco,

 

mi perdonerai se, ad uso e consumo di Fabrizio  Trequatrini (che s'è richiamato a Norberto Bobbio, il santone della laicità) e di Fausto Cerulli, che continua (con sospetta insistenza) a definirsi comunista, cito una dichiarazione di Bobbio dopo la caduta del comunismo sovietico: "La natura dell'uomo è cosa decisiva. E se non possiamo cambiarla, addio speranze di rinnovare i nostri rapporti. Noi credevamo che, togliendo all'uomo la paura e i bisogni essenziali, potessimo migliorarlo. E, invece, scopriamo che lo abbiamo peggiorato. Capite che cambia tutto? Rimane il vizio d'origine, qualcosa che assomiglia molto al peccato originale".

Io sono uno che ha creduto sempre al peccato originale e ci crede tuttora. Ma avremo modo di riparlarne e di parlare di laicità e di laicismo, di storia della Chiesa e di storia d'Italia. Anche se sono temi dei quali non parlo volentieri, non perché mi vergogno della mia fede, ma per paura, come disse un tale, che la fede si vergogni di me.

Però adesso sono preso dalla febbre delle idee e delle proposte, perché ho promesso un crescendo rossiniano di proposte avanzate da centrodestra e devo mantenere la promessa.

Voglio stupirti con la mia personale idea di trasformare Sferracavallo, da quartiere suburbano a quartiere urbano, semplicemente istituendo una navetta, in moto quasi perpetuo, per il collegamento con piazza Sant'Andrea, con corsia riservata lungo la salita di Santomanno, la Cava e il Cordone. Ho poco a che fare con Sferracavallo e con i suoi voti, ma quando la destra ha un'idea, non guarda in faccia a nessuno.

Rivelo a te per primo un progetto che il consigliere comunale del PdL, e medico, Luciano Cencioni, sta mettendo a punto: fare di Orvieto la città leader per la gastronomia dedicata a specifiche patologie: nefropatie, morbo celiaco, diabete, ipertensione e così via.  Convegni, manifestazioni, accreditamento di ristoranti, stages di formazione per cuochi ecc.  Altro che edonismo cimicchiano dello slow food.

Ti rammento che Carlo Perali (colui che, per stima e amicizia, mi ha ceduto, senza che glielo avessi chiesto,  lo scranno di consigliere comunale) sta mettendo a punto, con la mia collaborazione, la sua idea del distretto culturale, cioè la messa a sistema delle espressioni materiali e immateriali della cultura orvietana, in alleanza con altri distretti culturali, a cominciare da quello di Viterbo. Si tratta di coordinare, razionalizzare e utilizzare a scopo di lucro e non di lucro un immenso capitale. Massimo Gnagnarini apprezzerà.

Chiudo le "modeste" proposte di questa volta con un gesto di profonda umiltà, come solo la destra è in grado di fare: la presentazione di un'idea geniale che è stata concepita a sinistra e che, per fortuna, non è stata avanzata quando comandava la sinistra, perché sarebbe stata cestinata con una sinistra risatina di compatimento: la creazione in Orvieto di un  "Istituto della normazione sul vino" che raccoglierebbe legislazione, dottrina e giurisprudenza nazionali, comunitarie e internazionali sul vino, e promuoverebbe studi, convegni e corsi di formazione. Non posso rivelare chi ha partorito questa idea perché non sono autorizzato.

Poi parleremo di piccioni, raccolta differenziata, discarica, complanare, casello Orvieto-nord, ecc.

Continuerò a dilettarti con tante belle proposte, nella speranza che i pubblici amministratori, di destra e di sinistra, dimentichino presto dove le hanno lette e credano di averle pensate loro.

Ma torniamo alle tristezze del momento. Tu condividi l'ottimismo economico-finanziario dell'amico Gnagnarini?

Tuo Pier

 

Caro Pier,

questa volta comincio dal piede, anche perché è bene ogni tanto ricordarsi che camminiamo per terra e abbiamo a che fare più con la polvere e il fango che con la bellezza delle anime candide e dei pensieri celestiali. Dunque che penso dell'ottimismo economico-finanziario dell'amico Gnagnarini? Ne penso benissimo naturalmente! Glielo ho anche scritto e non lo rinnego. D'altronde senza l'ottimismo della volontà prevarrebbe il pessimismo dell'intelligenza e sai bene che di questi tempi ce ne sarebbero tutte le ragioni. Però Gnagnarini non mi pare banalmente ottimista, giacché manifesta con forza il bisogno di inquadrare le questioni di bilancio in una visione, in una prospettiva. Propone insomma una linea progettuale ambiziosa. E su questo io sono attestato da sempre; ritengo anzi che uno dei nostri guai - dico di tutti, non solo della sinistra - sia stato proprio l'abbandono di una prospettiva progettuale ambiziosa, che ovviamente non vuol dire superficiale e spendacciona. Vuol dire invece che si è più concreti e si ottengono più risultati, anche in termini di finanziamenti e di investimenti, se ci si inserisce in un contesto più vasto, cioè se si pensa e si agisce avendo un'idea del nostro ruolo territoriale nella regione e nel contesto interregionale. In verità sono convinto che questa sia la questione delle questioni e perciò te la rilancio con la speranza che non vorrai negare a me e ai nostri 25 lettori (ho esagerato?) il piacere delle tue valutazioni vista anche la tua profonda conoscenza del territorio all'incrocio tra Umbria, Lazio e Toscana, oltre ai tuoi trascorsi tuscisti. Da parte mia prometto un intervento ragionato su quello che penso dell'Umbria e della collocazione del territorio orvietano nel contesto interregionale nella fase attuale di incipiente federalismo. Ma tranquillo, senza fare un trattato.

Ora però non voglio sfuggire al compito di reagire alla sventagliata delle tue "modeste proposte". Parto dalla navetta Sferracavallo-Piazza della Repubblica. Ammetto che è originale e non può essere che di destra: la sinistra - che pure com'è noto ha con Sferracavallo un legame del tutto particolare - non ci avrebbe mai pensato, perché Santomanno e la Cava sono anche salita. Ah, se fossero state solo discesa! Purtroppo invece, come diceva Eraclito, "una e la stessa è la via all'in su e all'in giù". Va bene, fatela questa cosa. Spero di essere invitato alla prima corsa.

Il progetto del dott. Luciano Cencioni è degno di ogni rispetto, certamente di per sé, ma anche perché - lo ammetto - nella nostrana esaltazione enogastronomica si introduce così un elemento un po' meno elitario e più volto all'utilità personale e sociale. Detto questo per non apparire fazioso, e concesso anche che bisogna sempre dare ai neofiti la sensazione di essere capaci di proporre qualcosa di interessante, non penso che questo progetto debba necessariamente essere visto in conflitto con il lavoro che è stato fatto nel passato più o meno recente per fare di Orvieto una città simbolo della buona enogastronomia italiana famosa nel mondo. Si tratta semmai di portare a sintesi tutto questo e di trovare adeguate soluzioni organizzative e promozionali che durino nel tempo e non siano folate che passano alla prima crisi. Bene, vediamo che sapete fare.

Sulla buona notizia che Carlo Perali sta mettendo a punto insieme a te un'idea di distretto culturale in alleanza con altri distretti a cominciare da Viterbo ti chiedo: perché me la presenti come se fosse una minaccia? Se è un modo intelligente di valorizzare le nostre specificità, le nostre tradizioni e il nostro patrimonio culturale, io dico evviva! In realtà state nel solco che abbiamo tracciato noi a partire dagli anni '80. Lo so che quello che facevamo noi dicevate che non andava bene ma nel contempo lo studiavate di nascosto per riciclarlo al momento giusto! Riuscirete a far meglio? Sarò il primo a dirvi bravi. Vorrete sentire anche il mio parere? Se richiesto ve lo darò volentieri. Ma anche su questo credo sia necessario trovare una coerenza di pensieri, una linea progettuale che sapientemente coniughi vecchio e nuovo. Attendo notizie più precise, poi magari ne riparliamo.

L'ultima proposta è, come accade con i fuochi d'artificio, la più scoppiettante. Tu riveli un'idea che, pur nata a sinistra, bontà tua definisci geniale: la creazione in Orvieto di un  "Istituto della normazione sul vino". Ti dispiace se ti correggo? Il nome esatto è "Istituto di Orvieto per il diritto del vino". Perché lo so? Svelo subito il segreto: l'idea nacque negli anni '80 nel quadro delle iniziative con cui si cercava di rilanciare il ruolo della nostra città in Umbria e in Italia legando tra loro cultura ed economia. Avevamo organizzato un convegno sulle novità legislative nel settore vitivinicolo insieme al dott. Astolfo Di Amato, allora pretore di Orvieto e oggi affermato avvocato di diritto dell'impresa, oltre che ordinario di diritto commerciale presso la Federico II° di Napoli. In quell'occasione intervennero anche il compianto prof. Vito Saccomandi, a quel tempo ordinario di economia dei mercati agricoli nella facoltà di economia dell'università di Perugia, e il prof. Pietro Perlingieri, tra l'altro fondatore e direttore della Scuola di specializzazione in diritto civile dell'università di Camerino. Tutti questi personaggi dimostrarono grande attenzione per ciò che stavamo cercando di fare e misero a disposizione le loro competenze. L'idea dell'Istituto nacque così, come altre idee di quel periodo: un mix di esperienze e bisogni locali e di competenze di livello nazionale e internazionale. Ritengo questo modo di procedere valido anche oggi e per questo, mentre ironizzo sul vippotto, metto contemporaneamente in guardia dalle chiusure localistiche, sempre in agguato dalle nostre e dalle altrui parti. Ma torniamo al nostro Istituto. Da qualche parte in Comune dovrebbe essere conservata la documentazione di quell'idea: statuto, ecc. Ti dirò un'altra volta perché non si riuscì a realizzarla allora come l'avevamo pensata. Ti posso però assicurare che questa è una di quelle volte in cui non è emerso il bisogno distruttivo della sinistra. Quel che conta però è che tu ne sia venuto a conoscenza e che abbia deciso di rilanciarla. Spero che riuscirai nell'intento. Vedi com'è generosa la sinistra? Non solo vi ha consegnato il governo della città, ma vi mette a disposizione un invidiabile patrimonio di idee con cui potrete fare la vostra bella figura. Se sarete voi a realizzarle perché dispiacersi? In fondo la storia segue quasi sempre percorsi tortuosi e spesso raggiunge i suoi obiettivi in modi strani.

Ora, avendo cominciato dal piede, concludo con la testa. Mi permetto di dire solo una piccola cosa a proposito di Norberto Bobbio: che era una bella testa proprio perché era capace di ragionare sulla realtà e di cambiare prospettiva se la ragione lo richiedeva. No, non un santone della laicità, ma un laico cultore di un corretto approccio alle cose del mondo per poterci orientare nel giudizio e se possibile contribuire al miglioramento dei rapporti tra gli uomini. Inutile che fai finta di negarlo, queste cose interessano anche te che credi nel peccato originale. D'accordo, di questo e di altro parleremo un'altra volta. Ti rilancio dunque la palla dell'inizio: perché non discutiamo un po' di come siamo messi in Umbria e nel contesto del territorio interregionale?

Tuo Franco


Da Fausto Cerulli

Cari Franco e Pierluigi, comincio da Bobbio. E comincio con una precisazione cattiva circa la personalità di questo guru della cultura italiana. Durante il fascismo, quando fu chiesto ai professori universitari di firmare un manifesto di adesione al fascio, un professore torinese rifiutò la firma. E il posto gli fu soffiato da Norberto Bobbio, che forse si disse una cattedra val bene una firma. Un episodio che tutti conoscono, ma di cui nessuno parla. Che poi Bobbio sia stato laico, è cosa risaputa: essere laici, in questa repubblica di gesuiti, è stato concesso a tutti. Io credo di essere uno dei pochi italiani ad essere stati condannati per oltraggio al Papa; e credo di essere stato laico, come confermato da due Corti d' Assise e dalla Cassazione. A me non fu concesso essere laico; perché avevo il piccolo difetto aggiuntivo di essere anche comunista. Detto di Bobbio, vengo alle vostre dissertazioni turistico- gastronomiche- ospedaliere. Mi permetto di aggiungere un suggerimento, che PieiLuigi potrebbe girare a Concina. Io abito a Porano, cinque chilometri di strada passando per la Badia; io non guido la macchina, ed il mio autista personale è spesso in ferie: per questo sono costretto a prendere l'autobus, che da Porano, invece di passare per la Badia, si fa un bellissimo giro panoramico per la strada di Buonviaggio, mi godo il panorama, ma impiego circa  quaranta minuti del mio non prezioso tempo per arrivare alla Stazione, poi mi tocca usare la funicolare, e infine un autobus navetta che passa ogni venti minuti, quando passa. Credo che sarebbe cosa sacra e giusta istituire una navetta tra Porano ed Orvieto, che passi per la Badia: in otto minuti invece che in quarantacinque, i poranesi potrebbero raggiungere Orvieto. Fausto pro domo sua. Ma un collegamento come quello da me suggerito consentirebbe anche a molti poranesi, che passano le mattinate intorno alla Quercia Grande, di fare una capatina ad Orvieto, magari per sedersi, pensionati tra pensionati, sulle panchine di Piazza della Repubblica. Per il resto convengo con le vostre proposte: mi spaventa un poco l'idea di trasformare Orvieto in una sorta di nosocomio generale, come se non bastasse il centro Messegué a Montecchio. Ma se serve a far soldi, ben venga. Non intervengo sulle questioni culinarie: Pierluigi sa che non distinguo una lasagna da una frittata agli spinaci, e quanto al vino è da anni che abbiamo litigato, e ho vinto io, che in genere vinco poco. Vorrei scusarmi se dico poco o nulla su Perali e Gnagnarini; il primo lo conosco e lo stimo, del secondo non posso dir male per lo stesso motivo che frenava l'Aretino. Non lo conosco. È peccato mortale oppur veniale? Buon dialogo, dei massimi e dei minimi e dei medi sistemi, amici miei.


Da Fabrizio Trequatrini


 Da "Agnostico" impenitente, quale sono, non mi rassegnerò mai all'idea di accettare, come vizio di origine "il peccato originale" e, senza scomodare le contraddizioni, a volte, sublimi della Bibbia o citare Vangeli apocrifi, confermo la mia fede nella Laicità anche quando degenera nel Laicismo.
  Non credo al peccato originale come condanna antropologica perché sarebbe come ammettere che, nonostante le ripetute prove (corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico !), non abbiamo imparato la lezione, anzi, perpetriamo il delittuoso e colpevole comportamento di "ricadervi".
  Mesi fa, in piena campagna elettorale, mi spinsi ad ironizzare sull'eventuale Sindacatura di Loriana Stella dicendo agli Orvietani di stare tranquilli perché, dopo 25 anni di Sindaci di Allerona, ci saremmo avvicinati a Sferracavallo e, poi, ci sarebbe stato, di nuovo, un Sindaco di Orvieto !
  Invece, come bilie impazzite in un flipper d'antan, è stato eletto uno "straniero", un Dalmata, come scherzosamente lo chiama qualche irriverente mio concittadino, che con un colpo di teatro ben assestato è salito sulle macerie di un Partito che aveva governato, non sempre bene, questa città per 60 anni, ha approfittato degli odi di bottega, delle liti in famiglia, dei delitti più o meno confessati in corso d'opera ed ha  conquistato il "potere".
Ma di che tipo di Potere stiamo parlando?
  Difficile programmare qualcosa con la "cassa" vuota, o se, concedetemi licenza, risultasse necessario chiudere il sacco prima di riempirlo di idee, anche se riesumate da un  passato "ragionevole" nel quale non si riusciva a realizzare nuovi progetti tante erano le intuizioni partorite.
  Certo, guardando Orvieto da Sferracavallo, la città appare, davvero, "alta e strana", percorrere a ritroso la salita che porta a Piazza della Repubblica è impresa da "vigoressici" incalliti, amanti del footing estremo, ma quello che ci aspetta è, esattamente, uno sforzo intellettuale e fisico di non poco conto se vogliamo uscire da queste sabbie mobili.
  Bando a navette specifiche che colleghino Sferracavallo alla Città, ad Istituti per il diritto del vino,
a cucine specialistiche di supporto a patologie dell'era moderna, molto interessanti ma non esaustivi, continuiamo a buttarle là in un vortice di pensieri che lasciano pensare che ci sia un premio per chi ne ha pensate di più o prima, esercizio piacevole di lettura per chi volesse, finalmente, avere un quadro di insieme delle nostre apprezzabili qualità.
  Se non sbaglio, il problema era ed è come recuperare quel buon senso che è alla base di una classe dirigente che, prima di esserne qualitativamente capace, si sarebbe dovuta formare sull'emergenza "prima" di questa Città: come evitare di desertificare le nostre vie cittadine ignorando il reale crollo di presenze, non solo turistiche.
  Anni fa sono tornato a Spello per visitare la Cappella Baglioni e gli affreschi del Pinturicchio che sono in Duomo, poi ho fatto una passeggiata fino alla fine della Via principale, in salita e salendo, faticosamente e lentamente, ho potuto constatare che non c'erano più negozi commerciali di un certo rilievo e mancavano, totalmente, botteghe artigiane, studi d'arte e gallerie, al loro posto birrerie, piadinerie e locali di ristoro nei quali si potevano degustare gli ottimi vini della zona ed i prodotti tipici dell'Alta Umbria.
  Anche questo è un modo per sopravvivere.......ma il tessuto sociale e produttivo di una Città ed il suo grado culturale si nota subito, basta passeggiare per le sue Vie!!!


A destra e a manca. E' la nuova rubrica di Orvietosì  che è oggi alla seconda puntata. E' animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose", fatti orvietani o no visti da punti di vista diversi, certamente autorevoli.
I due sono amici fraterni da decenni e quindi le idee potranno risultare discordi ma il tono è quello amicale e piacevole che usano persone che vivono la "vita" con reciproco affetto.
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a
dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca".
La rubrica esce ogni lunedì.

Qui il link per tornare indietro alle puntate precedenti


Pubblicato il: 16/11/2009

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