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Orvieto. Un governo di salute pubblica. Per lavorare vicini, non a braccetto

di Dante Freddi Se addirittura Fausto Cerulli propone un governo cittadino di "Salute pubblica", allora si può ragionare senza timore che ci assalgano le usuali grida scomposte: vergogna, inciucio, traditori etc

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Se addirittura Fausto Cerulli propone un governo cittadino di "Salute pubblica", allora si può ragionare senza timore che ci assalgano le usuali grida scomposte: vergogna, inciucio, traditori etc. .
E infatti è stato così. Adesioni al suo "corsivo" e niente insulti.
Gran parte dei lettori non la pensa come  Fausto Cerulli e ad alcuni, come me, la definizione di marxista-leninista che l'avvocato ogni tanto si affibbia  fa manifestare bollicine rosse e fastidiose. Ma non c'è dubbio che lui sia una persona a cui non si possono collegare malefatte politiche, disponibilità sospette, interessi personali. Insomma, una persona perbene che può "dire ciò che vuole", secondo un famoso slogan di una trentina di anni fa rimasto nella storia della pubblicità e della comunicazione.
Ebbene, il marxista-leninista Cerulli ha scritto un pensiero ragionevole, che possono afferrare appieno però soltanto quanti non nutrono interessi particolari, di parte o personali. E' certamente possibile pensarla in altro modo, ma ritengo sbagliato liquidare questa possibilità, da mettere ovviamente a punto, con termini superficiali e propagandistici.

A destra e a sinistra c'è chi pensa che a sfasciare tutto la propria  parte ci guadagni e che ci vogliano nuove e risolutive elezioni. La soluzione, ora, è invece affrontare i problemi di Orvieto e dell'Orvietano con responsabilità e con la consapevolezza che gli errori sono di tutti, di chi li ha commessi e di chi è stato incapace a contrastarli, a ciascuno i sui.
A ciascuna persona i suoi.
La collettivizzazione dei comportamenti, per cui le colpe sono di destra o di sinistra e non hanno più nome e cognome, è ingiusta nei confronti delle persone.  Gli amministratori di Orvieto negli ultimi trent'anni non sono stati tutti uguali e non sono assimilabili in una categoria di sinistri debosciati che hanno rovinato la città. Ricordo ai miei lettori che trenta quarant'anni anni fa Orvieto era un paesetto  al centro di un'area contadina del tutto sprovvista  di strutture commerciali, a parte generi alimentari e forni. I contadini che venivano da Acquapendente o Montecchio il giovedì e il sabato erano un affare che non si ripeterà più, quali che siano gli amministratori. La caserma, poi, un regalo durato settant'anni. Il ricordo di quei tempi con poca concorrenza, tanti clienti e niente tasse è mitico ed irripetibile.  La responsabilità del cambiamento strutturale dell'economia cittadina è dei tempi, non degli amministratori, che hanno invece altre e ben gravi responsabilità per Orvieto così com'è, urbanisticamente e economicamente, di visione e di gestione.
Ma è un'altra questione.
Per ora è sufficiente fissare il principio che Barbabella e Casasole non sono Prosperini e Pacioni e Materazzo, che Cimicchi non è Mocio, che Capoccia non è Carpinelli, che Germani non è Meffi, che Conticelli non è Olimpieri. Nel senso che sono persone diverse, che hanno offerto contributi diversi, non omogeneizzabili se non in qualche piccolo aspetto del Dna politico. Le loro responsabilità nell'amministrazione della città, in positivo e negativo, sono individuali e rintracciabili nella loro storia personale.
Il mio appello, e credo quello di Cerulli, è alle persone perbene che si sentono tali e che non possono essere strette dalle responsabilità e dalle storie di altri, del "Partito" o delle correnti di partito, per decidere le scelte di oggi.
Va cambiata la liturgia e l'etica deresponsabilizzante  tipica dei partiti tradizionali, ma intanto qui e subito diamo una lettura onesta della nostra realtà, salviamo quanto c'è da salvare, allontaniamo chi si è rivelato inadeguato al compito e andiamo avanti.
Non a braccetto, ma vicini.

San Pietro Parenzo, aiutaci tu.


Pubblicato il: 05/10/2009

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