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Legittimo l'ampliamento della cava del Botto

Con la sentenza del 29 settembre. Per il Consiglio di Stato il Tar regionale ha male interpretato le norme regionali e per il basalto non vale il principio di fabbisogno regionale. La Sece annuncia anche che procederà quanto prima alla richiesta dei risarcimenti
Nota a margine di Giosuè Adimaro Fiaschi

foto di copertina

ORVIETO - Legittimo l'ampliamento della cava del Botto, il consiglio di Stato con la sentenza 4728/2009 del 29 settembre ha annullato il giudizio del Tar (settembre 2008) che dava ragione al ricorrente, il privato cittadino Giorgio Giori che opponeva come ragioni i propri diritti personali, oltre che più generici interessi di natura ambientale, ma soprattutto la non conformità tra le quantità di basalto estratte nella cava del Botto e il reale fabbisogno regionale. Il Supremo collegio di giustizia amministrativa, spiega adesso in 17 pagine di sentenza, che il Tar avrebbe, sostanzialmente, mal interpretato le disposizioni regionali in materia: per il basalto non vale, infatti, secondo i giudici, il principio del fabbisogno regionale. Questa la principale motivazione con la quale il consiglio di Stato ha ribaltato il giudizio del tribunale amministrativo regionale.  "Ed ha così sancito la perfetta legittimità degli atti autorizzatori alla escavazione della cava coltivata da Sece Spa in  località "La Spicca" - spiega meglio Manlio Morcella, avvocato del pool di professionisti a cui Fiaschi ha affidato la vicenda - Ciò sta a significare che la attività industriale è sempre stata esercitata in modo conforme a diritto". Ma tramite il legale, l'imprenditore che dopo la sentenza del tribunale amministrativo regionale ha lamentato più volte il fermo dell'attività estrattiva della Sece (una ventina di lavoratori e per un indotto ben più vasto), annuncia anche che procederà quanto prima alla richiesta dei risarcimenti. È ancora l'avvocato Manlio Morcella a parlare: "saranno subito intraprese azioni di risarcimento di danni - annuncia Morcella - nei confronti di coloro che, nel tempo, si sono resi protagonisti di malaccorte iniziative giudiziali e stragiudiziali, in pregiudizio della medesima Sece". Il ricorso in questione non metteva in discussione gli atti che, nel 2003, consentirono la riattivazione della cava dismessa, bensì il solo ampliamento autorizzato negli anni successivi, ovvero nel 2006. In giudizio si erano costituite ad adiuvandum anche numerose associazioni ambientaliste: Wwf Italia, Legambiente, Amici della Terra e Ape, l'associazione nata proprio dalla lotta contro la prevista cava di Benano - sempre di Fiaschi - che non ha mai visto la luce per la cancellazione dal prg della previsione estrattiva da parte del Comune di Orvieto. La polemica infiammo l'estate del 2005 e alla fine il sindaco di allora, Stefano Mocio si schierò apertamente a favore delle associazioni ambientaliste con atti conseguenti che cancellarono dal prg le previsione estrattiva per quell'area. Quest'ultima vicenda è tuttora oggetto di un ulteriore ricorso promosso dallo stesso imprenditore. Nel caso del Botto, Sece era affiancata invece anche dal Comune di Orvieto, dalla Regione Umbria, da Confindustria umbra e Assocave umbra.

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Pubblicato il: 03/10/2009

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