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La battaglia di Luca Coscioni per la libertà di cura e ricerca scientifica

Mentre a Roma si è svolto il primo congresso dell'associazione che porta il suo nome, nei giorni scorsi il presidente dei Radicali ha ottenuto anche il sostegno di Paolo Mieli.

Cronaca

PAOLO MIELI: CELLULE STAMINALI: RICERCA, ETICA E DEMOCRAZIA
Lunedi' 23 Dicembre 2002

E' in atto, caro Mieli, una vera e propria campagna di disinformazione di cui, purtroppo, sono responsabili, per basse ragioni ideologiche e per ancor più basse ragioni pecuniarie, anche fior di scienziati e della quale, alla faccia di quanto viene ossessivamente ripetuto, le prime vittime rischiano proprio di essere i malati. Lei dice che bisognerà sempre permettere, a chi non è d'accordo con queste tecniche di ricerca sulle cellule staminali, la libertà di non ricorrervi. Le chiedo: come? Una volta che la ricerca si fosse indirizzata tutta in questa direzione, queste persone (che sono milioni e la cui motivazione non è necessariamente la religione perché per opporsi basta la convinzione che l'embrione sia un essere umano da subito: per esempio la pensa così, da laico, Sergio Ricossa) non avrebbero, in realtà, altra scelta che ricorrervi, rinnegando le proprie convinzioni più profonde, o rinunciare a curarsi (cioè, di fatto, morire). Il ministro Sirchia, quindi, ha completamente ragione. Le chiedo infine: perché mai dovremmo rinunciare ad una tecnica in cui l'Italia è all'avanguardia, che non dà problemi etici di alcun tipo e che è molto più promettente anche per i malati per buttarci su un'altra inferiore da tutti i punti di vista e in cui saremmo gli ultimi arrivati?
Paolo Musso

La risposta di Paolo Mieli
Caro signor Musso,
prima di tutto la ringrazio per i giudizi che ha espresso sul mio lavoro nelle righe della lettera che sono stato costretto - per ragioni di spazio - a tagliare. Ma, bando ai convenevoli, rispondo partendo dalla sua ultima domanda. Cosa le fa pensare che qualcuno voglia «rinunciare ad una tecnica in cui l'Italia è all'avanguardia»? Lei si riferisce alle ricerche del professor Angelo Vescovi dell'Istituto San Raffaele di Milano che sta studiando una terapia del morbo di Parkinson che non ricorre a sperimentazioni su cellule embrionali «totipotenti», cioè capaci di generare qualsiasi tipo di tessuto.

Benissimo: mi auguro che Vescovi abbia successo e sono disponibile ad impegnarmi anche al suo fianco. Guardi che nessuno vuole una ricerca indirizzata «tutta» (come lei scrive) in un'unica direzione. Ma non vedo perché il sostegno, per dire, al professor Vescovi debba implicare un divieto nei confronti di altri tipi di studio e di ricerca. Studino tutti, ricerchino tutti in una nobile competizione che abbia come unico traguardo quello della messa a punto di terapie efficaci. Senza esprimere (lo dico, per inciso, anche al lettore Mauro Zanzi) giudizi aprioristici su tecniche superiori o inferiori; senza frapporre alcun impedimento a coloro che vorrebbero compiere esperimenti sulle cellule staminali embrionali. Giudicheremo dai risultati.

E veniamo ai problemi etici. Lei mi chiede: come fa il malato, una volta che la ricerca abbia dato risultati, a non ricorrervi sulla base di un'obiezione morale al punto di partenza della ricerca stessa? La mia risposta è semplice: può farlo, chi si rivolge abitualmente alla medicina omeopatica in qualche modo già oggi lo fa. Ma è probabile che, a fronte di esiti soddisfacenti dello studio su quel tipo di cellule, la gran parte dei malati accantonerà l'obiezione etica. Allo stesso modo in cui io e, presumo, lei quando stiamo male ricorriamo a cure che sono il frutto di leciti esperimenti su cavie animali sui quali, prendendoli in considerazione a sé stanti, entrambi avremmo molto da ridire.

E allora? La mia risposta è: si faccia in modo che siano disponibili le terapie più efficaci; il medico abbia l'obbligo di chiarire al paziente per quale via si è giunti a quei risultati - limitatamente, è ovvio, a ciò che può essere controverso sotto il profilo etico - e il malato decida. Sia lui a scegliere. A poter scegliere.
Ho letto, caro Musso, il suo libro «Convivere con la bomba» (Edizioni scientifiche italiane) prefato dal cardinal Tettamanzi e conosco perciò la sua sensibilità per le complicazioni del matrimonio tra i principi dell'etica e quelli della democrazia liberale. In gran parte il suo punto di vista - come quello del da lei citato Sergio Ricossa - è anche il mio. Ma in questo caso la morale che è dentro di me mi dice che non c'è una sola ragione valida per frapporre ostacoli alla libera ricerca scientifica sulle cellule staminali. Neanche una.



LIBERA SCIENZA: LA "MARATONA"
di Luca Coscioni
Ho letto con piacere, caro Mieli, il suo intervento a proposito della ricerca sulle cellule staminali.
Ci sono infatti così poche voci in Italia che si alzano a difesa della libertà di ricerca e di cura, al contrario di quanto avviene negli Usa dove per altro nessuno si sogna neanche lontanamente di vietare la ricerca sugli embrioni se finanziata da fondi privati. Non so cosa mi risponderebbe il Ministro Sirchia, perché non ha mai avuto il coraggio di rispondere alle domande che pure più volte gli ho posto. Io rappresento infatti uno di quei dieci milioni di malati (questa la cifra individuata dal rapporto della Commissione presieduta dal Premio Nobel Renato Dulbecco e istituita dall'allora ministro della Sanità Umberto Veronesi) che potrebbero essere curati (o quantomeno "soffrire un po' meno") grazie alla ricerca sulle cellule staminali, comprese quelle derivate dalle migliaia di embrioni congelati conservati nei centri per la fecondazione assistita e attualmente destinanti alla spazzatura.

Nel 1995, infatti, sono stato colpito dalla sclerosi laterale amiotrofica, malattia neurologica degenerativa che mi ha già portato alla paralisi e a potermi esprimere soltanto grazie a un sintetizzatore vocale collegato al mio computer. Armato soltanto del mio corpo e delle mie parole tentai, candidandomi con le liste radicali di Emma Bonino, di portare il problema della libertà di ricerca scientifica al centro della campagna elettorale.

Il sistema lottizzato dei media mi impedì di parlare, più di quanto non riuscisse e riesca a fare già la mia malattia, e il risultato elettorale non mi consentì di portare questo problema in Parlamento.
Nonostate la sconfitta elettorale, l'indifferenza di tutti i partiti rispetto a questa questione, gli anatemi del Vaticano e del ministro Sirchia, il disegno di legge oscurantista sulla procreazione assistita attualmente in discussione in Senato che vieta ogni ricerca sugli embrioni, nonostante tutto ciò io non mi sono arreso.

Ho appena pubblicato un libro con la prefazione di Umberto Veronesi intitolato "Il Maratoneta - Da caso pietoso a caso pericoloso - Storia di una battaglia di libertà". Prima di ammalarmi, infatti, correvo la maratona, oltre a essere professore di politica economica all'Università di Viterbo. Una maratona che continuo a correre, anche se in modo diverso. Sabato e domenica 22 dicembre prossimi, infatti, si terrà il primo congresso dall'associazione per la libertà di ricerca scientifica che porta il mio nome, è presieduta dallo scrittore José Saramago e raccoglie ricercatori, malati, medici ed esponenti laici di varie forze politiche (a Roma, Hotel Visconti Palace, Via Federico Cesi 37).
Chi oggi lotta per la libertà di ricerca e di cura in Italia non può contare, purtroppo, su grandi nomi del cinema, mogli di ex presidenti, centri di ricerca di avanguardia. Non esistono nel nostro Paese quelle contraddizioni e quegli interessi che possono rompere il muro di silenzio che è il primo responsabile della morte della libertà e poi anche delle vite. Possiamo quindi soltanto contare sull'informazione, sulla fiducia nel dialogo, sulla forza delle nostre parole e dei nostri corpi, seppure costretti su una sedia a rotelle.

Le nostre esistenze hanno bisogno di libertà per la ricerca scientifica. Ma non possono aspettare. Non possono aspettare le scuse di uno dei prossimo Papi.

Risposta di Paolo Mieli
Caro Coscioni,
la sua è una grande battaglia di civiltà e, per quel che vale, mi iscrivo anch'io alla corsa della "maratona" al suo fianco.
Il vostro congresso purtroppo cade in un giorno di sciopero dei giornali. Per questo ritengo sia giusto affidare a lei, oggi, l'intero spazio della mia rubrica, informando nel contempo i lettori che tra qualche dì risponderò a una lettera di seria critica alla mia presa di posizione sulle cellule staminali.
La libertà di ricerca scientifica è qualcosa di molto importante: non c'è da essere ottimisti ma, la prego caro Coscioni, stamane non si senta solo.

Pubblicato il: 28/12/2002

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