E' tempo di rispettare noi stessi per avere un futuro come comunità e popolo. Ricordare, riflettere, agire nel giorno della libertà
di Pier Giorgio Oliveti, Anpi Orvieto
Le idee
<< Tirannide indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo>>.
Vittorio Alfieri, 1790.
Il 25 aprile è alle porte: vogliamo provare tutti assieme a spegnere per un attimo lo smartphone e a ripensare le ragioni dell'importanza di questa data, senza ideologismi, parafrasi o superaffettazioni di parte? Più si allontana la data del 25 Aprile 1945 - il giorno in cui l'intero territorio nazionale(con la significativa eccezione dei 7.625 km² di territorio persi ad est, da Trieste al Quarnero, più una valle sulle Alpi Marittime) fu liberato dall'oppressione nazista e dal governo fantoccio di Salò, più risulta chiara e limpida la visione, si diradano le nebbie ideologiche degli odi contrapposti, le ragnatele dell'anima che ci hanno frenato per decenni. La Liberazione avvenne a seguito di una presa d'atto di un intero popolo, e poi di una guerra di Resistenza da parte di una consistente ed eroica minoranza che contribuì in modo significativo alla vittoria finale degli Alleati e in molti casi consegnò agli stessi intere città liberate. Come successe? Perché? Utilizzando un facile artifizio retorico, sono voluto partire da una straordinaria citazione dell'Alfieri, il quale ai tempi di Robespierre spiegò in modo inequivocabile l'esatto contrario della Libertà e della Democrazia, ovvero la tirannide. Da notare che fu proprio il popolo, ovvero tutti noi, i nostri padri e nonni, tante persone comuni, oggi diremmo con un'infelice espressione, la "società civile", a ritenere conclusa una fase della storia italiana, che ci portò alla dittatura, alle leggi razziali nel 1938, e poi al baratro della guerra. Fu una sollevazione di popolo per conquistare la democrazia. Sì, certo, proprio quella democrazia cui oggi tanto aspiriamo e che sembra volerci sfuggire di mano ogni giorno che passa. Un tempo (non lontano) era travolta e limitata dalla ragion di Stato e da "superiori logiche internazionali", oggi dalla vergognosa deriva familistico-affaristica che sembra congenita alla stirpe italica E' notizia di oggi: i sondaggi ci dicono che il 48% degli italiani se si votasse domani non andrebbe ai seggi. Un dato fino a ieri inimmaginabile e drammatico per la stessa tenuta del sistema italiano, basato fino a prova contraria sulla rappresentanza politica dei partitiD'altro canto non può esserci democrazia e libertà senza un'etica civile condivisa e regole rispettate e fatte rispettare. Celebriamo dunque oggi il 25 Aprile, cercando di archiviare ogni tentazione che ci riconduca al salvifico tiranno, al "capo carismatico" in salsa populista, ai partiti "nome e cognome", ma piuttosto impegniamoci a costruire giorno per giorno davvero una democrazia compiuta, a partire dalle nostre azioni, sul lavoro, a scuola, in famiglia, nella società. Le nuove generazioni hanno davanti una grande opportunità, complessa certo ma ricca di possibilità. Forse per la prima volta il vento è cambiato, sospinto da una profonda crisi di sistema che come scrive Carlo Petrini, è anche "entropica". Ovvero, non sarà più possibile immaginare nelle moderne democrazie la produzione illimitata di beni e di servizi senza un legame con l'economia reale, con il lavoro, con il territorio, un po' come le galline messe a produrre in gabbia, "senza terra". I giovani scambiano facilmente, easy, informazioni, stili di vita, saperi complessi, e hanno più dei predecessori l'occasione di fare tesoro degli errori del passato. Abbiamo così la possibilità di archiviare misunderstanding e prospettive fallaci: alla frase di Antonio Gramsci "qualunque sia la classe dominante, vi è bisogno di capi", noi preferiamo di gran lunga oggi la democrazia partecipativa e matura cui finalmente si tende in tutta Europa. Questa sarà peraltro una delle linee di indirizzo strutturali a livello UE nella programmazione 2013-2020. Al "capo" in auto blu o grigia, preferiremo sempre il Ministro dei Trasporti svizzero, che ogni mattina, borsa di documenti in mano, dal suo villaggio si reca al lavoro a Berna con un treno pubblico, anonimo e normale. Ma per combattere la pericolosa "antipolitica" che fa di ogni erba un fascio(= nomen omen est), tocca perseguire una democrazia davvero compiuta ovunque nel nostro paese, in Europa, nel Maghreb e nei paesi del Vicino Oriente, che da pochi mesi hanno avviato processi di "liberazione". Ciò richiede coscienza e impegno. A questo proposito, bene fa nei suoi editoriali Agnese Moro a ricordare le parole modernissime e fresche, a zero retorica, di Piero Calamandrei , autorevole membro dell'Assemblea Costituente: << Se nel campo morale la Resistenza significò rivendicazione della uguale dignità umana di tutti gli uomini e il rifiuto di tutte le tirannie che tendono a trasformare l'uomo in cosa, nel campo politico la Resistenza significò volontà di creare una società retta sulla volontaria collaborazione degli uomini liberi e uguali, sul senso di autodisciplina che necessariamente si stabilisce quando tutti gli uomini si sentono ugualmente artefici e partecipi del destino comune, e non divisi tra padroni e servi. La maledizione che ha gravato per secoli sul popolo italiano è stata proprio questa separazione, questa scissione tra popolo e Stato, per cui il popolo ha sentito lo Stato come un'oppressione estranea, come una tirannia, come un nemico che stava al di sopra e al di fuori di lui>>. Oggi è più che mai tempo di rispettare noi stessi per avere un futuro come comunità e popolo. Per fare questo tocca dare ciascuno un contributo per riequilibrare un sistema divenuto nei fatti sempre più iniquo e illiberale, dove chi rispetta le regole e ad esempio ha pagato e paga le tasse(che non a caso in italiano sono sinonimo di "imposte"), si sente minore, defraudato, vilipeso dal sistema e dai pari. Festa della Liberazione significa oggi anche liberarsi dalla tirannia dei nostri vizi del passato, essere meno sudditi e schiavi di noi stessi per traguardare un futuro di pace e prosperità per tutti. Lo Stato siamo noi: miglioriamoci.
Le azioni
Una Pietra di inciampo per non dimenticare Angelo Costanzi
L'Anpi di Orvieto si impegna a dedicare una Pietra di Inciampo alla memoria di Angelo Costanzi, l'antifascista orvietano deportato in Germania alla fine della Seconda guerra mondiale. Le Pietre d'inciampo (ted. Stolpersteine) sono un progetto dell'artista tedesco Gunter Demning in memoria di cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti, attivato in diversi paesi europei tra cui il nostro. L'iniziativa è partita nel 1995, a Colonia. Sono state fino ad ora installate più di 23.000 "pietre" in Germania, Austria, Ungheria, Ucraina, Cechia, Slovacchia, Polonia e Italia. Materialmente, la memoria consiste in una piccola targa d'ottone della dimensione di un sampietrino (10 x 10 cm), posta davanti alla porta della casa in cui abitò la vittima del sopruso, sulla quale sono incisi il nome della persona deportata per ricordare chi si voleva ridurre soltanto a un numero. Un inciampo non fisico, dunque, ma visivo e mentale, per far fermare a riflettere chi vi passa vicino. Come Delegazione Anpi di Orvieto vorremmo dedicare una Pietra di Inciampo ad Angelo Costanzi, che abitava in via Magoni, 20, ad Orvieto. L'iniziativa sarà realizzata in collaborazione con il Comune di Orvieto.
Progetto "Mai più homo homini lupus"
"Mi fa male più che altro ammettere che siamo tutti uomini normali"(Giorgio Gaber, Mi fa male il mondo, 1994)
All'interno delle poliennali attività di studio e di comunicazione rivolte in particolare alla popolazione scolastica del nostro comune per trasmettere i valori universali derivati dalla Resistenza al Nazi-fascismo e oggi ben rappresentati all'interno della Costituzione italiana, la Sezione Anpi di Orvieto ha proposto ai dirigenti degli Istituti Superiori di Orvieto un percorso formativo/informativo di durata semestrale da programmare nel prossimo Anno Scolastico 2012-2013 per "portare" i ragazzi attraverso letture mirate, lezioni con docenti cointeressati al tema, a formarsi una cultura ed una coscienza atta a prevenire le trappole psicologiche e gli errori di percezione che sono la premessa di ogni violenza. L'idea alla base di questo progetto è: indagare sulle origini seminali del male nei gruppi e di pluricausalità dei crimini massivi. Dalla Shoah a Pol Pot, da Srebrenica ad Abu Ghraib, fino ai fatti di Genova del 2001, vorremmo occuparci delle "prigioni della mente", delle relazioni di oppressione e resistenza, dell'inerzia dello spettatore di fronte alle atrocità collettive, presenti anche oggi nella nostra società. Con il supporto della professoressa Claudia Mazzucato dell'Università Cattolica S.Cuore di Milano, verrà fornita alle classi una bibliografia ragionata sull'argomento e svolta una specifica programmazione didattica con i docenti. Se il progetto verrà accolto, al termine del percorso nella Primavera 2013 verrà organizzata a cura dell'Anpi una sessione allargata con tutti gli studenti coinvolti che potrebbero in quella sede esporre i risultati dei lavori svolti e confrontarsi con gli esperti.
Pubblicato il: 23/04/2012