Orvieto e il suo comprensorio: lavoro e sviluppo
di Giuseppe Germani, capogruppo del Partito Democratico al Comune di Orvieto
Giuseppe Germani, Capogruppo del Partito Democratico al Comune di Orvieto
Le scelte devono tenere conto che la capacità delle famiglie di far fronte alle necessità quotidiane non può ridursi ulteriormente, che il livello di disoccupazione non può aumentare ulteriormente, che la pressione fiscale non può essere ulteriormente inasprita.
Il contributo dei governi democratici e progressisti, in Europa e in Italia, come in Umbria del resto, sarà da questo punto di vista determinante.
L'Umbria è investita, al pari del resto del Paese, da una crisi di carattere strutturale destinata ad aggravarsi nel breve periodo. Se da una parte è indispensabile un cambiamento delle politiche europee e nazionali, dall'altro bisogna risolvere i vari e numerosi problemi che la questione economica solleva, primo fra tutti l'efficienza e la celerità della pubblica amministrazione nonché la valorizzazione dei punti peculiari di forza della nostra Regione.
In primo luogo, occorre concentrare gli sforzi per contrastare il processo di deindustrializzazione in atto nella Regione che è sempre più accentuato anche nel territorio orvietano. Comparti fondamentali dell'economia umbra e nazionale rischiano di scomparire valgano per tutti i casi di Merloni e Basell - o messi fortemente in discussione come la siderurgia ternana. Per l'Umbria si impone un profondo ripensamento dei fattori strategici che sono alla base delle politiche del lavoro, aprendo una prospettiva solidale fra tutte le forze produttive che animano il tessuto economico e sociale della Regione.
In secondo luogo, è necessario operare in direzione della qualificazione del lavoro, riprogettando il sistema della formazione e della formazione-lavoro, tessendo modalità alternative di rapporto tra Università, soggetti produttori di sapere e cultura e universo produttivo e professionale.
In terzo luogo, è decisivo riconoscere e valorizzare le nuove professioni. Attraverso la cosiddetta green economy e i comparti tecnologicamente più avanzati, è fondamentale guardare a nuove competenze per aprire nuovi spazi di mercato in ambito anche internazionale.
In quarto luogo, va messa in prospettiva l'Umbria come Regione dell'Europa, affinché sia fortemente orientata ad alimentare legami e relazioni nel settore del lavoro e dello sviluppo, allacciando e armonizzando in maniera robusta e sistemica la politica regionale con quella dell'Unione europea.
Nel territorio orvietano quel poco di attività industriale che è rimasta nei settori tessile, elettronico e delle costruzioni vive ormai una crisi drammatica.
Occorre ripartire da qui, proprio in questo momento di grande difficoltà generale per rilanciare il futuro del nostro comprensorio.
Le difficoltà economiche del territorio orvietano sono sotto gli occhi di tutti: non c'è settore che non abbia subito colpi gravissimi e la disoccupazione ha raggiunto livelli insostenibili, soprattutto quella che colpisce donne e giovani.
Ci vuole ovviamente un cambiamento delle politiche europee e nazionali che rilancino la domanda interna e i consumi, ma unitamente alle scelte in campo energetico, infrastrutturale, della ricerca, dell'innovazione, si deve comunque tenere presente il significativo ruolo di promozione e sviluppo che possono svolgere i Comuni.
Va detto che le difficoltà hanno anche ragioni locali. Bisogna essere in grado di praticare scelte innovative e coraggiose, che superino i condizionamenti che possono essere imposti dalle categorie produttive e dagli interessi economici dominanti.
Prendere coscienza di questo ci deve portare a ridefinire l'orizzonte di fondo che deve mettere al centro il bene comune e l'interesse supremo della collettività, costi quel che costi, dall'impopolarità alla perdita di consenso. Privi del senso di bene comune facciamo poca strada.
Abbiamo un territorio di incomparabile bellezza, disponiamo di un patrimonio di beni culturali enorme, abbiamo le condizioni ambientali, sociali, infrastrutturali, idonee a favorire il processo di sviluppo.
Gli ingredienti ci sono tutti, dobbiamo metterci solo a studiare la ricetta. Le nuove politiche energetiche che porteranno a sostituire le risorse fossili tradizionali con quelle alternative non saranno solo una scelta ecologica ma anche fonte di sviluppo e ricchezza.
Il nostro territorio ospita la più imponente e consistente foresta regionale, quella del Monte Peglia e della Selva di Meana, che può diventare una risorsa strategica in tempi di turismo ecologico e responsabile e di utilizzo di biomasse di recupero ai fini energetici.
Il "made in Italy" in Umbria ha ancora un significato e Orvieto non è seconda a nessuno con la sua diffusa esperienza artigianale in tutti i settori della produzione.
Sono profondamente convinto che solo partendo da questi elementi si può rilanciare lo sviluppo economico del nostro territorio che dispone peraltro di asset di enorme valore.
A partire dal patrimonio pubblico, che va messo a disposizione dello sviluppo come capitale di dotazione per la nascita di nuove iniziative imprenditoriali nei cinque settori strategici: l'agricoltura, la comunicazione, le biotecnologie, i beni culturali e l'artigianato.
Il crollo delle aziende che lavoravano nella sub fornitura non deve farci abbandonare il campo nel manifatturiero dove si può puntare alle produzioni di qualità e di alta gamma. Il tessile, le telecomunicazioni, i prodotti tipici della lavorazione artigianale possono prendere quota battendo questa strada.
La fortuna di avere monumenti e siti ambientali di grandissimo pregio non è di per sé una fortuna economica se non si traduce in un'azione intelligente di promozione degli stessi.
La nostra location ha fatto da cornice a numerose manifestazioni, come Umbria Jazz Winter e Slow Food, che hanno creato forte indotto economico: questa è la strada da perseguire, implementando manifestazioni musicali, culturali, ricreative, magari però con una regia unitaria ed una adeguata concertazione tra quanti in città stanno svolgendo un ruolo nella politica culturale e turistica. Manca anche in questo settore la presenza di un organo di governance, che sappia da un lato 'valorizzare le iniziative, tutte meritorie, e dall'altro riportare nel giusto alveo i compiti dei diversi enti della Città.
Del pari hanno bisogno di un piano strategico a dimensione comprensoriale l?economia verde e le fonti alternative, che possono rappresentare un contributo importante per l?occupazione e lo sviluppo, ma sono processi che vanno governati affinché possano garantire un adeguato incremento economico. Molto importante sarà in tal senso anche la costituenda Agenzia Forestale Regionale che assorbirà i lavoratori forestali delle Comunità Montane e che avrà la propria sede operativa nel Comune di San Venanzo.
Tutto ciò non potrà trovare però un tessuto socio-economico lacerato, per questo ci vuole un patto territoriale per il sociale, che garantisca adeguati servizi per le categorie più deboli, che sono aumentate proprio negli ultimi anni per la perdita nel nostro territorio di centinaia di posti di lavoro. Sarà in tal senso necessario realizzare una grande convergenza tra pubblico e privato che veda tra gli altri anche la Fondazione bancaria, altro importante asset di cui la collettività dispone, quale attore compartecipe nelle scelte per il destino della Città, proprio in questo momento di profonda crisi.
Il nostro territorio gode sicuramente di una posizione favorevole e soffre meno di altri la carenza di infrastrutture e di servizi primari. Negli ultimi anni però anche qui c'è stato un arretramento significativo. L'alta velocità ferroviaria invece di avvicinare Roma e Firenze le ha paradossalmente allontanate da Orvieto, per il fatto che i servizi locali sono stati ridotti; il casello autostradale Orvieto Nord ancora non vede la luce; la rete di Centralcom ancora non ha dato frutti; la ridefinizione dei contratti per la rete del GAS sembra solo una questione burocratica. Per non parlare del Bacino Imbrifero Montano che neanche viene preso in considerazione, mentre le sue risorse vengono sfruttate da società Multinazionali, con pochissime ricadute sul territorio locale, vedi diga di Corbara.
L'agricoltura, altra grande risorsa del nostro territorio, deve tornare al centro della politica di sviluppo, attraverso il sostegno ai prodotti locali, in particolare il vino che è per noi prodotto d'eccellenza, unitamente alla distribuzione di prodotti a kilometri zero e alla valorizzazione delle piccole aziende agricole, quindi diamo immediatamente seguito al progetto di ampliare le aree irrigabili della valle del Paglia.
Per fare tutto ciò è necessario avere risorse e progetti.
Le risorse vanno cercate in tutti quegli asset che sono già disponibili e che aspettano solo di essere meglio gestiti.
Occorre sostituire alla svendita, la valorizzazione e cartolarizzazione del patrimonio comunale, primo fra tutti il complesso immobiliare della ex Caserma Piave. Trattandosi di un bene molto importante per il centro storico, oltre alla necessità di non svendere l'immobile ci siamo posti il problema del suo uso successivo, che potrebbe incidere in maniera significativa sull'assetto socio-economico della Città. Per questo avevamo ritenuto fondamentale porre alcune condizioni all'acquirente, affinché uso non appropriato di un bene di tale impatto sulla città non finisca per snaturare la vocazione della Città stessa. Questa è la ragione giustificativa del contenuto del bando pubblicato nel 2009. In sostanza, la vendita di un'area dismessa come la ex Caserma Piave, che occupa il 20% del centro storico, non può essere un'operazione solo polarizzata a ripianare il bilancio, ma è anche una questione urbanistica, architettonica, economica, sociale, i cui effetti incidono fortemente sulla natura della Città stessa.
Altro elemento che da problema potrebbe trasformarsi in opportunità è la gestione dei rifiuti. Quando nel corso della precedente consiliatura i partiti di maggioranza progettarono la raccolta differenziata fu anche progettata una serie di interventi che avrebbero dovuto creare la cultura della difesa ambientale. Abbiamo la convinzione che quanto più elevata è la coscienza civica tanto maggiore è il risultato che si ottiene, in questo come in qualsiasi altro settore della comune convivenza. Solo questa coscienza civica permette di andare speditamente verso un sistema di diversificazione spinta e di riutilizzo dei materiali su tutto il territorio comunale, con la creazione di filiere che porteranno ottimi risultati anche dal punto di vista occupazionale.
La viabilità, che ancora oggi rappresenta un problema non solo per il centro storico ma soprattutto per le frazioni, da problema potrebbe diventare un'opportunità. A riguardo tra l'altro non ci si deve inventare nulla, è sufficiente seguire i criteri già largamente sperimentati, da quasi 40 anni ormai, nei Paesi che hanno fatto della convivenza nei centri urbani tra auto e utenti deboli della strada la loro battaglia di civiltà. A partire dall'Olanda e dalla Francia che su questo tema sono all'avanguardia.
A tutto ciò si deve accompagnare la ristrutturazione della complessa organizzazione comunale, con un nuovo riassetto delle risorse umane ed un nuovo piano organizzativo del lavoro, individuando accanto ai servizi incomprimibili per i cittadini quelli che sono strategici per lo sviluppo economico della Città.
Altri nuovi canali per reperire risorse ci sono: l'energia, il rinnovo delle concessioni per i servizi a rete, i parcheggi di superficie e soprattutto una gestione manageriale dei beni culturali, un utilizzo imprenditoriale della filiera del riuso, e la valorizzazione delle nostre immense risorse ambientali.
La città di Orvieto ed il suo comprensorio dispongono delle risorse per potercela fare, occorre abbinare ad esse le intelligenze e le capacità per affrontare con successo una delle crisi più profonde che abbiamo mai vissuto.
Pubblicato il: 12/04/2012