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Prima Conferenza Programmatica ANCI dellaMontagna

"Stiamo rilanciando il ruolo delle scuole dei territori montani"- ricorda Isabella Marchino, vicesindaco del Comune di Montegabbione, delegata ANCI Umbria Conferenza di servizio permanente sulla scuola

Giovedì 29 marzo si svolgerà a Roma la Prima Conferenza Programmatica ANCI dellaMontagna.

http://www.anci.it/index.cfm?layout=dettaglio&IdSez=810124&IdDett=35237

"Stiamo rilanciando il ruolo delle scuole dei territori montani- ricorda Isabella Marchino, vicesindaco del Comune di Montegabbione, delegata ANCI Umbria Conferenza di servizio permanente sulla scuola- alla luce dei nuovi percorsi che abbiamo intrapreso in questi anni come Comuni Montani dell'Umbria, interrogandoci su quale scuola vogliamo per i nostri territori. 

Abbiamo elaborato un documento che sarà illustrato domani in sede di conferenza nazionale, in cui si avanzano dieci proposte per la scuola dei territori montani, che si basano principalmente su due pilastri: la scuola presidio culturale nei territori e la scuola di qualità nell'apprendimento".

PROPOSTA DI DOCUMENTO IN TEMA DI SCUOLA

I CONFERENZA PROGRAMMATICA ANCI DELLA MONTAGNA

I territori per lo sviluppo del Paese: il valore della Montagna

 

 

La chiusura di una scuola fa aumentare  la marginalità di un territorio

Dalla conformazione geografica, l'Italia è costituita da montagna e collina per il 74% del territorio nazionale, caratteristica che la classifica secondo Stato montano in Europa, preceduta solo dalla Svizzera che è totalmente montana. La maggior parte dei Comuni è classificata montana, il 52% degli 8.101 totali. Solo queste percentuali danno già un'idea di come sia necessario uscire dal concetto di territorio marginale, dando atto che la montagna necessiti di leggi specifiche e non di deroghe. Le tipiche caratteristiche del territorio montano influenzano fortemente la distribuzione della popolazione: nelle aree montane risiede solo il 18,3% della popolazione e quindi lo spopolamento, insieme allo sfruttamento indiscriminato di risorse, espone tutto il territorio nazionale alle continue catastrofi e al dissesto idrogeologico. In questo senso la montagna rappresenta uno dei simboli della fragilità e della potenzialità inespressa dell'Italia e quindi le zone montane andrebbero riconosciute come un'assoluta priorità per il Paese, da tutelare, valorizzare e far crescere secondo un nuovo modello di sviluppo e con azione di governo nazionale e locale, con uno sforzo congiunto di tutte le istituzioni che si occupano di questi territori. Occorre investire a monte per non intervenire in emergenza a valle e interrogarsi sui motivi che provocano lo spopolamento della montagna. La mancanza della scuola è considerata la principale causa di spopolamento dei territori montani [1].

La scuola in montagna

La scuola di montagna non può essere pensata come semplice trasposizione del modello impoverito delle scuole di città. La dimensione incide sulla scuola non come fattore astratto: il ruolo della scuola per i bambini e per gli adulti è profondamente diverso  in montagna e nei centri urbani.  La scuola di montagna è diversa perché è diversa la vita in montagna: le modalità delle relazioni sociali, del sistema produttivo e della vita culturale sono profondamente diverse e la loro ricaduta sulle modalità con cui si possono ottenere alti risultati nel processo di istruzione è significativa. La scuola in montagna lega fortemente la comunità locale con l'habitat naturale, aspetto che purtroppo è precluso alle scuole di città e periferie urbane. Questo permette lo sviluppo del senso di identità collettivo, in un ambiente ecologicamente privilegiato, e pone le basi per la tutela della cultura, della storia e delle tradizioni locali. L'ambiente circostante funge da "aula aperta" e quindi i ragazzi sviluppano un rapporto stretto e positivo con l'ambiente naturale perché hanno la possibilità di svolgere attività di movimento e di fruizione del territorio naturale, quindi conoscenza dello stesso. La scuola in montagna non è l'edificio "separato" dall'esterno: gli alunni e spesso anche gli insegnanti che sono costretti a dei lunghi viaggi  per raggiungere il posto di lavoro, accolgono altri "maestri" come gli anziani, gli agricoltori, gli artigiani a far lezione agli alunni e a se stessi. I ragazzi hanno autonomia negli spostamenti e gestione del tempo libero. La scuola diventa fattore di sviluppo culturale complessivo e agente principale della individuazione delle risorse locali, fungendo da centro di educazione per gli adulti per la formazione continua, inclusa la formazione professionale.

Il rapporto fra Comune e scuola in montagna

Il Comune e la scuola, soprattutto in montagna, sono le istituzioni più vicine ai cittadini e ne determinano l'aggiornamento e la crescita in termini politici e culturali. Sono i presidi socio-culturali di un territorio, attenti ai mutamenti e capaci di interagire nell'immediato con le persone. Rappresentano un binomio  inscindibile, la presenza dell'uno senza l'altro rende il territorio profondamente penalizzato: un Comune è valorizzato ed economicamente più stabile se c'è una scuola; una comunità è più viva e ricca culturalmente se c'è una scuola. Su questi temi il confronto in Italia è molto vivo, anche alla luce dell'art.16 della legge 148/11; basti pensare al Convegno di Sestino "Ripensare l'appennino", al Seminario nazionale di Montegabbione "Le scuole montane come presidi educativi di eccellenza" o ai progetti attivati nella zona dell'Alto Casertano-Matesino. I Comuni montani sono disponibili ad una programmazione territoriale consorziando funzioni, ma riconoscono alla scuola il ruolo di presidio culturale sul territorio (a volte l'unico presente) al quale non sono disposti a rinunciare. Ovviamente garantendo il diritto a un'istruzione di qualità per tutti i cittadini; in questi ultimi anni dal Trentino Alto Adige, all'Abruzzo, alla Calabria, alla Sardegna, si sono susseguiti ordini del giorno nei Consigli Comunali per cercare di tutelare questi presidi culturali.

Scuola in montagna e "dimensionamento ottimale" della rete scolastica

La specificità delle scuole nei comuni montani, dal punto di vista legislativo permane sia nel Piano Programmatico (relativo all'art.64 della Legge 133/08) che nel DPR 81/09. Il cambiamento importante che si registra rispetto alla normativa precedente, è l'innalzamento del parametro del numero di alunni necessari per l'attivazione della classe: per la scuola dell'infanzia si passa da 15  a 18 alunni per la possibile richiesta della sezione;  per la scuola primaria da 6 si passa a 10 per la costituzione della classe. Inoltre l'attivazione della pluriclasse non prevede una regola speciale per le zone più fragili, ma viene assoggettate alla regola generale e quindi, anche nelle zone montane, la pluriclasse può essere istituita contenendo fino a 18 alunni. Questo significa, laddove i numeri sono esigui, caratteristica peculiare delle zone montane, una proliferazione di pluriclassi uniche e un impoverimento nella qualità della didattica e difficoltà nell'insegnamento, determinando situazioni complesse di difficile gestione in quanto a numeri, dinamiche e problematiche.

Quindi le specificità delle zone montane sono passate in secondo piano, a fronte delle rilevanti problematiche che si trovano a gestire gli Uffici Scolastici Regionali con l'aumento di pluriclassi anche in territori non montani e classi sovraffollate nelle grandi città e zone metropolitane, a causa dell'innalzamento dei limiti massimi della formazione delle classi.

L'art.19 della Legge 111/11 impone alle regioni il dimensionamento degli istituti. Il fatto particolare  è che si hanno tre distinti parametri: uno per i precedenti Comprensivi (minimo 300 per la montagna), uno per le Scuole superiori (minimo 500 per la montagna) e uno per i nuovi Comprensivi (minimo 500 per la montagna). Quale sia la logica di tale differenziazione non si capisce. Inoltre nel  DDL di stabilità 2012, i parametri per l'assegnazione di Dirigenti e DSGA alle Scuole autonome salgono da 300 a 400 per le scuole di montagna e piccole isole. Una babele di numeri e parametri! Proviamo invece a definire questa ottimale dimensione, sapendo che i parametri possono variare in rapporto a varie tipologie e a vari indicatori. Così se si guarda dal punto di vista dell'organizzazione, occorre prevedere che i servizi amministrativi non possono scendere al di sotto di una certa soglia: una segreteria funzionale ha bisogno di almeno 5/6 impiegati (oggi si va da un minimo di 2 fino a 15 nei grandi istituti). Ma la complessità di una Scuola non dipende dal numero di alunni, anche se questa incide certamente, non tale però da giustificare tale forbice. Dal punto di vista di quella che si può definire la "comunità professionale" (vale a dire il numero dei docenti) è evidente che con un numero di insegnanti ridotto al minimo non c'è scambio, non c'è confronto adeguato e soprattutto non c'è ricerca, ma con comunità professionali troppo ampie (fino a 300 docenti, come ne esistono) si finisce perfino per non conoscersi e i Collegi docenti divengono dei mini-parlamento, dove possono intervenire poche persone (i "capigruppo"). E allora anche qui occorrerebbe fissare una soglia. Se si guarda dal punto di vista della Dirigenza, occorre definire quali sono le "funzioni da presidiare": quella amministrativo-gestionale, quella dei rapporti con il territorio o quella educativo-didattica. Non si può escludere nessuna, ma allora la dimensione dell'Istituto va riferita alle concrete possibilità di presidiarle tutte e tre. E allora entrano in gioco non solo i parametri numerici ma anche quelli geografici: una piccola Scuola non consente un rapporto "forte" con il territorio, ma un megaistituto difficilmente consentirà al Dirigente di occuparsi realmente della qualità dell'offerta formativa, specie in presenza di molti plessi e di un territorio molto vasto (come in montagna).  Ultimo e non meno importante elemento che vale soprattutto per le Scuole di base è il rapporto con il territorio: gli istituti comprensivi ad esempio devono riferirsi a un territorio omogeneo e non vanno costituiti accorpando realtà troppo diversificate[2]. E quale parametro si considera quando si procede nell'accorpamento in Istituti Comprensivi laddove le scuole ricadono in Comuni con differente classificazione (totalmente montano, parzialmente montano, non montano)?

Scuola in montagna e laboratori di innovazione didattica nella pluriclasse

In montagna da anni si lavora in pluriclasse. Tale modalità didattica presenta vantaggi e svantaggi ed esistono per essa diverse correnti di pensiero, ma solitamente viene data un'accezione negativa.   L'alternativa non può essere difendere comunque l'esistente o chiudere la scuola; inoltre è noto come le pluriclassi, a determinate condizioni, possano essere considerate un "laboratorio didattico". Un ambiente che può favorire l'apprendimento cooperativo, l'autonomia, la responsabilità, l'iniziativa, doti di cui c'è un gran bisogno per affrontare le complesse sfide cognitive e sociali del presente e del futuro.  Partiamo dal presupposto che la classe di per è già una pluriclasse considerati i diversi livelli di apprendimento degli alunni. Inoltre visto l'innalzamento dei limiti numerici nella  formazione delle classi, che può arrivare nella primaria fino a 29 bambini, dobbiamo interrogarci circa l'efficacia dell'azione educativa e sulla costruzione di conoscenza: è preferibile una classe numerosa in città o  una pluriclasse in zona montana con il giusto rapporto alunni/insegnanti (interrogativo che preferiremmo non porci, ma che le condizioni date ci obbligano a formulare e a trovare risposta)? 

La scuola di montagna, grazie al fatto che da anni si trova a sperimentare le pluriclassi, è in questo momento un'esperienza avanzata e un laboratorio di esperienze e buone pratiche per tutte le scuole d'Italia, anche guardandola da questo punto di vista. Questo tema è ben affrontato in un lavoro di ricerca elaborato dalla Facoltà di Scienze della Formazione di Genova[3]. 

A causa dell'innalzamento dei limiti di alunni per classe, tuttavia le difficoltà sono aumentate sia in termini di apprendimento che di insegnamento e pertanto varie sono le condizioni da mettere come prioritarie perché la pluriclasse non assuma caratteristiche fortemente negative, e non sia percepita da alunni, docenti e genitori come una modalità di fare scuola di serie B.

Scuola in montagna e innovazione tecnologica

Non vanno trascurate le interessanti esperienze innovative già in atto nelle scuole di montagna o delle piccole isole, dove, grazie agli strumenti tecnologici, si possono costituire anche "classi a distanza" per superare l'isolamento e la scarsa socializzazione.

L'introduzione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) nella didattica, riveste importanza strategica per tentare di superare l'isolamento ed offre grandi potenzialità per il miglioramento qualitativo del processo didattico e di apprendimento dello studente. Citiamo alcuni progetti attivati, come errequ@dro in Toscana, scuola@Appennino in Emilia Romagna, "I tablet per una didattica di qualità" in Friuli (e anche nelle Isole Egadi), i blog interattivi "Le scuole di montagna" in Piemonte, Toscana e nelle Marche....

La scuola in montagna e i patti educativi di territorio

La scuola è centro di promozione culturale,  ma  non può presentarsi isolata, perché non ha la forza per realizzare neppure i propri progetti, se rimane da sola. Per difendere e valorizzare le scuole di montagna, è strategico che le Regioni, d'intesa con le Province e i Comuni, mantengano e potenzino nel Piano di dimensionamento  della rete scolastica, le scuole delle zone montane, individuando i bisogni formativi delle comunità che vi risiedono, ricercando di volta in volta le molteplici soluzioni più opportune, tenendo fermo che la scuola debba restare presidio sul territorio e che sia di qualità nell'apprendimento. Questo avviene in molte realtà  d'Italia, citiamo "A scuola senza zaino" in Toscana, "Una scuola tra i monti"e "A scuola come gli altri" in Friuli, "Un ponte fra l'Occitania e il Friuli" in Piemonte.

Per contrastare l'isolamento reale o percepito dalle comunità locali gli Enti locali devono prevedere nell'ambito dei loro piani programmatici, iniziative sui territori che includano anche l'extra scuola, da realizzare di concerto con le associazioni e la società civile, pensiamo ai tanti progetti attivati in collaborazione con il CAI in Lombardia, ai progetti in collaborazione con le Comunità montane nel Veneto, Valle d'Aosta  e Trentino, ai progetti con Legambiente...

 

 

Dieci proposte per le scuole di montagna

Intorno alla riorganizzazione della rete scolastica territoriale occorre intervenire con una metodologia che tenga conto non solo degli aspetti finanziari, ma di una strategia di tutela e valorizzazione della permanenza delle popolazioni su territori definiti marginali, ma di grande importanza in merito alla gestione delle risorse naturali, alla qualità territoriale e alla coesione sociale:

 

 

  1. Riconoscendo alla scuola nei Comuni Montani il ruolo di presidio culturale, occorre far che si garantisca un'istruzione di qualità
  2. Considerando le scuole dei comuni montani con una normativa specifica, e non più come deroga, occorre assicurare nella dotazione organica assegnata dal MIUR la copertura per le scuole montane e stabilire le priorità che siano da guida nella redistribuzione dell'organico a cura degli Uffici Scolastici Regionali
  3. E' necessario abbassare il parametro di costituzione della pluriclasse nelle scuole di comuni montani, che al momento è fissato in un massimo 18 alunni, per evitare la creazione di pluriclassi comprendenti più gruppi di alunni di età diverse, anche non contigue
  4. E' necessario abbassare il numero minimo di alunni per classe attualmente a 10 per i comuni montani, portandolo almeno a 6-8 alunni
  5. Valutare l'attivazione di sezioni per la scuola dell'infanzia con numero di 10 alunni nei comuni montani come previsto dal DM 176/97
  6. Occorre definire una fascia entro la quale definire l'"ottimale dimensionamento" della rete scolastica definendo criteri e parametri e non solo il numero degli alunni, cercando di coniugare le istanze degli enti  locali con l'esigenza di una qualità del servizio
  7. E' importante investire nella formazione degli insegnanti che lavorano nelle pluriclassi, al fine di garantire un insegnamento di qualità e condizioni adeguate per l'innovazione didattica
  8. Occorre garantire la "continuità" pluriennale degli insegnanti nelle scuole di montagna, legando la concessione di punteggi aggiuntivi ad una effettiva continuità di servizio, secondo criteri da concordare tra le parti sociali
  9. Occorre impegnare le Regioni, come già avviene in alcune parti di Italia, a sostenere progetti innovativi volti a superare le "sofferenze" di organico (docente e personale ATA) nelle piccole scuole nell'ottica di sostenere, potenziare e valorizzare questi presidi educativi, strettamente legati al loro territorio
  10. L'istituzione di un gruppo di lavoro inter-istituzionale per "La scuola di montagna e la montanità" si considera opportuno strumento  per la programmazione educativa sul territorio.

 

 



[1]          Report di ricerca finanziato dal MIUR "Scuola e montagna: una nuova alleanza educativa"di M.Zucca e A.Rossi

[2]          "I parametri per il dimensionamento" di P. D'Avolio, ScuolaOggi

[3]          "Quando il territorio fa scuola: da un'indagine sulle pluriclassi a un'idea di scuola" di R.Cerri ed. FrancoAngeli

Pubblicato il: 28/03/2012

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