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L'Umbria non è terra di mafia, ma i mafiosi ci sono

E' la fotografia dell'Umbria scattata dallo speciale osservatorio di Sos Impresa

foto di copertina

ORVIETO - Umbria, regione cuscinetto. Non è terra di mafia, ma i mafiosi ci sono: trafficano, riciclano, reinvestono. Una penetrazione che non è ancora radicamento (le decisioni e il cervello dell'organizzazione rimangono lontani), ma gli investimenti, in alcune particolari zone, sono consistenti e inquinano pesantemente il tessuto economico sano. Soprattutto tramite l'edilizia, gli appalti pubblici, il gioco, il traffico degli stupefacenti e il mercato del credito.

E' la fotografia dell'Umbria scattata dallo speciale osservatorio di Sos Impresa che, ieri ad Orvieto, ha presentato il suo tredicesimo rapporto annuale dal titolo "Le mani della criminalità sulle imprese". Secondo i numeri e le analisi contenute nel rapporto, presentato dal suo autore Lino Busà, presidente nazionale di Sos Impresa, il fenomeno della penetrazione della criminalità organizzata in quella che era un tempo (ormai lontano) "un'isola felice", riguarda in particolare la 'ndrangheta e i clan camorristici dei casalesi e, in misura minore, alcuni clan legati a Cosa nostra siciliana.

A livello nazionale, l'Umbria si colloca al quinto posto per la presenza di clan e gruppi mafiosi e camorristici nel territorio. Un territorio a basso rischio per riciclare denaro sporco e dove, infatti, sono diversi i reati gestiti dalla criminalità organizzata, primo fra tutti il narcotraffico.

Da una decina d'anni, i dati ufficiali collocano l'Umbria al quarto posto tra le regioni italiane per quantitativi di cocaina sequestrati. Il mercato umbro della droga, nel quale si calcola siano vendute circa 6000 dosi al giorno, raggiunge anche un altro triste primato quello relativo al numero dei decessi (2,88 ogni 100.000 abitanti). Soprattutto a  Perugia. In Umbria si registra la quota più alta rispetto a tutte le altre regioni 55.7% relativa alle persone straniere segnalate per violazione delle leggi sulla droga. Cifre che denotano un consumo di massa delle droghe dietro, al quale non è difficile immaginare un fiume di denaro movimentato dalle mafie.

Sulla base del monitoraggio di Sos impresa, inoltre, nonostante la forte sommersione del reato, sarebbero 3000 gli umbri in mano agli strozzini con oltre 40 reti attive in regione nel cosiddetto "mercato del credito a nero", per un giro di affari che sfiora i 200 milioni di euro l'anno. Ma le mafie in Umbria fanno affari anche nel comparto dell'edilizia e delle costruzioni (dove hanno ricevuto una spinta soprattutto con la ricostruzione post sisma), nel ciclo dei rifiuti e nello sfruttamento della prostituzione.

All'incontro, moderato da Mino Lo Russo, erano presenti il sindaco di Orvieto Toni Concina, Edoardo Cofano, presidente del tribunale, Sergio Finetti, presidente dell'Ordine degli avvocati, Sandro Gulino, presidente Confesercenti Umbria, Francesco Novarese, procuratore della Repubblica di Orvieto

Pubblicato il: 22/03/2012

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