Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: NOTIZIE
NOTIZIE CORSIVI

Un vescovo che copre pedofili e gay. Sono queste le accuse e le maldicenze che hanno travolto padre Giovanni

di Stefania Tomba Gli attacchi al vescovo emerito sarebbero stati giocati tutti sul piano del discernimento vocazionale. Al centro un paio di vicende. Quella nota del diacono Luca Seidita meglio spiegata dal presule al Secolo XIX e quella rivelata ieri al vaticanista de Il Foglio, Paolo Rodari...

foto di copertina

Un vescovo che copre pedofili e gay. Sono queste le accuse e le maldicenze che hanno firmato la "condanna a morte" del vescovo Giovanni Scanavino. A distanza di qualche giorno dalla "cacciata" del presule si fa lentamente più chiaro il puzzle dell'intera vicenda. Gli attacchi al vescovo emerito sarebbero stati giocati tutti sul piano del discernimento vocazionale. Al centro un paio di vicende. Quella nota del diacono Luca Seidita meglio spiegata dal presule al Secolo XIX e quella rivelata ieri al vaticanista de Il Foglio, Paolo Rodari. "Un giorno - afferma padre Scanavino - decido, dopo diversi colloqui con psicologi competenti di inserire nella vita della diocesi un sacerdote che era stato da madre Speranza". (Si tratta, come noto, del santuario di Collevalenza dove vengono recuperati preti con problemi psichici di vario tipo, ndr.) "Lo faccio con tutte le accortezze del caso - prosegue Scanavino - Lo metto in una piccola comunità di preti. Intimo loro di stare attenti, di sorvegliarlo e di valutare se effettivamente sia recuperato. Per un anno si comporta bene. Credevo di avercela fatta. Finché un vescovo emerito di una diocesi vicina - afferma Scanavino nell'intervista - non ha saputo che avevo reintegrato questo prete. E subito per invidia o non so per quale altro motivo, forse spinto da alcuni preti della mia diocesi ai quali non va bene che ai sacerdoti usciti dal seminario regionale se ne affianchino altri di differente provenienza, ha detto che coprivo un prete pedifilo". Risultato: la voce è arrivata a Roma e il sacerdote ha ricevuto una lettera dove si diceva che era stato ridotto allo stato laicale. La storia, pur con le necessarie varianti, nelle modalità non è poi molto lontana da quella del diacono Luca Seidita, il cui suicidio è infatti definito da Scanavino come "l'epilogo tragico di sospetti nei suoi confronti espressi a voce fin troppo alta".

"È facile parlare - sintetizza il vescovo emerito - Più difficile è prendersi carico delle persone e aiutarle a trovare se stesse. A cosa serve la fede se non a questo?".

Nel frattempo, la facondia di Scanavino di questi ultimi giorni sembra essere mal tollerata negli ambienti ecclesiastici orvietano e tuderte, già sotto pressione di fronte al largo malcontento che ha creato la decisione del Vaticano di rimuovere il presule. L'invito più o meno implicito è alla moderazione, ad evitare i processi sommari. Insomma un invito alla prudenza, quella stessa prudenza che però non è stata usata verso altri protagonisti di questa triste vicenda.

Leggi l'intervista integrale de Il Foglio qui

Pubblicato il: 11/03/2011

Torna alle notizie...