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'Prendi sempre il primo treno utile' . La filosofia del pendolare

di Valeria Cioccolo Numeri, preoccupazioni, storie.  Il pendolarismo è un'opportunità o un disagio sociale? Circa 1.500 famiglie dell'Orvietano sono coinvolte nel fenomeno, tra speranze e cocenti delusioni

foto di copertina

di Valeria Cioccolo

C'è un detto tra i pendolari che con gli anni diventa una filosofia di vita: "prendi sempre il primo treno utile che parte". Secondo questo principio, anche se teoricamente un treno regionale è più lento di un intercity, in caso di ritardo non aspettare, su quello che parte prima ti conviene salire. L'importante è avvicinarsi a casa.
Le vite dei pendolari sono tutte diverse, eppure in qualche modo tutte si assomigliano. Perché  il pendolare è parte di una "categoria", di un "gruppo" che nell'immaginario comune ha assunto una connotazione di "svantaggio". Eppure il dizionario italiano (Devoto Oli) lo definisce  come "lavoratore o studente che si sposta quotidianamente verso il posto di lavoro o di studio". Indubbiamente però ha  contribuito a creare questa immagine collettivadi categoria svantaggiata, a torto o a ragione, il servizio ferroviario, cui il pendolarismo viene normalmente associato. Il trasporto via treno che ha permesso uno sviluppo del fenomeno del pendolarismo in maniera esponenziale negli ultimi 30 anni, nel corso degli anni si è trasformato da volano di crescita e sviluppo dei territori e delle economie, sempre più ad ostacolo da superare e contro cui combattere.

Anche per Orvieto il pendolarismo è una realtà che si è consolidata da molti anni. La posizione centrale rispetto a Roma e Firenze, la buona qualità della vita di un territorio di provincia, e, soprattutto, la possibilità di sfruttare un'infrastruttura come la Direttissima che, prima linea veloce in Europa, consentiva tempistiche di spostamento assolutamente competitive, ha consentito non solo a molti locali di accettare lavoro nella grande città, ma ha incoraggiato tanti a trasferirsi dal grande centro alla piccola cittadina, attirati dall'idea di una vita migliore.
Parlare di cifre non è semplice, ma si può stimare che ogni giorno il pendolarismo di media-lunga percorrenza di Orvieto e comprensorio coinvolge almeno 1.500 famiglie che, tra costo abbonamento base regionale e carta tuttotreno Umbria,  anticipano (più o meno) 1.800.000 euro per viaggiare in treno. Un costo peraltro in continuo e iperbolico aumento (è previsto un ulteriore incremento del 20% sul costo del biglietto regionale nel 2010) nonostante il servizio offerto peggiori in termini di offerta e di qualità. E il problema ingente dei costi si intreccia con le difficoltà della vita quotidiana, con l'impossibilità di conciliare un tempo di viaggio che si dilata con le esigenze della propria vita. Alcune testimonianze raccolte in viaggio:

M.  e B hanno due bambini piccoli e lei un lavoro part time a Roma. Si sono trasferiti ad Orvieto per assicurare ai figli una vita migliore, ma ora devono ripensare alla propria vita. La casa è in vendita e presto torneranno a Roma: l'aumento delle tariffe, la diminuzione dell'offerta dei treni, l'aumento dei tempi di percorrenza e i cambiamenti di orario non permettono loro più di conciliare vita familiare con quella lavorativa.

Moltissime persone, pur nelle difficoltà e nelle incertezze del futuro, non ci stanno a rassegnarsi. G., funzionaria di un importante ente, dice che non vorrebbe scegliere tra abitare in un centro più vivibile e il lavoro a Roma, che la soddisfa, per colpa di una politica di trasporto che privilegia pochi (con l'AV) a scapito di molti.

S., ormai, partendo sempre prima la mattina e tornando a casa sempre più tardi la sera ha dovuto rinunciare quasi a tutto: "Quando torno a casa  non ho voglia di fare nulla. Sono uno zombi" sto perdendo il contatto con la vita reale, ma tant'è, bisogna adeguarsi.

E queste storie non sono solo singole storie, sono le storie collettive delle centinaia di pendolari che si alzano ogni mattina, che lasciano prima del sorgere del sole la propria casa e salgono su un treno che (forse) li porterà al lavoro. Se le persone, le famiglie continueranno a trasferirsi altrove, se la loro vita sociale sarà annullata da viaggi sempre più lunghi e se, infine, i vantaggi di un trasporto ferroviario, che fino a qualche anno fa era efficiente e veloce, di esempio per il Paese, verranno definitivamente annullati, a perdere saranno tutti, non solo i pendolari, ma l'intera collettività.

Una lettura per capire: Fuori Orario. Da testimonianze e documenti riservati le prove del disastro FS, di Claudio Gatti, Chiarelettere, 2009, 240 p., inchiesta sulle ferrovie italiane viste come specchio della situazione e della storia del nostro paese.
Il volume è una bibbia per i pendolari, da non perdere.

Pubblicato il: 19/01/2010

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