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Zanzara Tigre ad Orvieto

Gianni Cardinali studia la 'sua' zanzara Tigre, quella delle nostre parti. Come evitare che si riproduca ed infesti il territorio. Il dolore che procura la sua puntura dura poco. Non portano malattie particolari

Cronaca

di Gianni Cardinali

Negli scorsi giorni, quando il caldo e l'umidità relativa hanno raggiunto i massimi livelli, oggettivamente insopportabili anche in ambienti ombrosi come alcuni nostri giardini, ho avuto l'occasione di fare la conoscenza della "famosa" e "famigerata" zanzara tigre (Aedes albopictus).

Proprio nel giardino di casa mia, in un tardo pomeriggio, mentre tentavo di leggere un giornale al "fresco", per la prima volta, ho sentito un punzecchiare fastidioso, in particolare nelle parti inferiori delle gambe. Con comprensibile curiosità ho tentato di indagare e, soprattutto, catturare l'agente del fastidio. Ci sono riuscito e l'ho anche fotografato in condizioni tali da poter fare una piccola ricerca per il riconoscimento. Si trattava della zanzara tigre che ripropongo con un confronto scaricato da internet, insieme a quello di una comune zanzara (del genere culex), per intenderci quelle che ronzano intorno al capo nelle notti caldi, pungono in ogni dove e, su molte persone più sensibili di altre, procurano quegli edemi fastidiosi che noi chiamiamo "brolloni" o cosa del genere. Per informazione è bene sapere che, fortunatamente, il fastido che può procurare una zanzara tigre non è confrontabile con quello delle zanzare che sono sempre vissute dalle nostre parti. Intanto le punture non portano malattie particolari, danno pruriti fastidiosi che durano poco tempo, tendono a pungere di giorno, non entrano nelle case, sembra non vengano attratte dalla luce, bensì da superficie nere (vedi i copertoni ammasssati che, come raccolte d'acqua, possono essere stati veicoli per il trasferimento dall'Asia e, da noi, focolai per la riproduzione).

Propongo queste notizie per invitare a non drammatizzare e non seguire le mode di una presunta informazione che tende ad ingigantire ed a terrorizzare.

Occorre dire che, ormai, quando un essere vivente, sia esso uno pianta o un animale, si naturalizza,(la globalizzazione è nata con Cristoforo Colombo!!) cioè acquista la capacità di riprodursi in un territorio geograficamente diverso da quello originario, non c'è più nulla da fare: occorre trovare il sistema di conviverci, adottando quando occorre, sistemi di controllo.

Per una riflessione si pensi alle nutrie, introdotte dall'America meridionale per la loro pelliccia ed oggi naturalizzate in tutta Europa; si pensi a Metcalfa pruinosa, un insetto parassita delle piante (diffusissimo sulle cime di innumerevoli piante arboree), introdotto dall'america centrale, parente dei più comuni afidi ("pidocchi delle rose"!!), che produce una melata ricercata dalle api per produrre grandi quantità di miele che viene regolarmente venduto nei mercati europei.

Ritornando alla zanzara tigre o più generalmente alle zanzare, occorre sapere che, per procurare fastidio ad un intero quartiere, è sufficiente una piccola raccolta di acqua che ristagna con materiale putrescente (foglie in decomposizione per esempio). Ecco perché ciascuno di noi si deve fare carico di controllare anche i sottovasi e tenerli puliti. Non occorrono veleni: è sufficiente controllare che dentro queste acque non si osservino larve o pupe di zanzare (vedi foto)che si muovono velocemente come "vermetti". A quel punto occorre solo gettare l'acqua con il contenuto: le larve e le pupe muoiono e si interrompe il ciclo riproduttivo. Per finire occorre insistere sul fatto che la condizione è l'acqua che ristagna con materiale putrescente, senza predatori. Dove l'acqua scorre le zanzare non si riproducono; quindi non si prendano di petto fiumi, torrenti, fontane o fontanili, o anche supefici paludose dove vivono i pesci: questi ambienti non sono adatti per le zanzare.

Non è un caso che gli ambienti più "famosi" e "fastidiosi" per la presenza di zanzare sono quelli relative alle enormi superfici della tundra, dove nell'estate sopra il circolo polare, si formano enormi superfici paludose con i muschi, licheni e licopodi della stagione precedente, morti, ma ben conservati dal gelo, in decomposizione ma senza pesci. In quelle acque ci sono indescrivibili quantità di larve di zanzare, ottimo cibo proteico per i piccoli delle anatre selvatiche perché facciano migliaia di chilometri per andare a riprodursi da quelle parti.

Pubblicato il: 16/08/2003

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