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Vino di Orvieto. La fascetta è una garanzia ma non risolve

All'unisono Gianpiero Rosati, presidente locale della Cia, e Giovanni Dubini, produttore importante dell'Orvieto. Oggi inedito incontro tra Unione agricoltori, Cia e alcune delle più rappresentative aziende vitivinicole del territorio

foto di copertina

di Stefania Tomba

 

ORVIETO - La fascetta è una garanzia ma non è risolutiva, servono nuove strategie.   All'unisono Gianpiero Rosati, presidente locale della Cia, e Giovanni Dubini, produttore orvietano, ma anche responsabile regionale del gruppo d'interesse sul vino della stessa confederazione, affrontano in questi termini la crisi dell'Orvieto, argomento al centro oggi di un inedito incontro tra Unione agricoltori, Cia e alcune delle più rappresentative aziende vitivinicole del territorio.   

 

L'idea è che la fascetta in arrivo alla metà del prossimo mese, come ha di recente annunciato il consorzio orvietano per la Tutela dei vini, non basta da sola a risollevare le sorti dell'Orvieto.   "La fascetta è un valido strumento utile a creare ordine nel mondo molto frastagliato dell'Orvieto - chiarisce Gianpiero Rosati - è un mezzo di controllo rispetto ad una situazione, come quella attuale, in cui non si sa quello che va sul mercato.  Cosa che ha evidentemente danneggiato l'immagine della Doc.  Ma da sola, la fascetta, non risolve i problemi".   

 

"L'appuntamento di oggi è importante - prosegue Rosati - sia per il metodo, perché l'incontro delle due categorie sancisce di fatto che si vuole affrontare il problema superando gli schieramenti, sia nella sostanza perché andremo a fare il punto sul mercato del vino e valutare da dove si può partire per mettere in campo delle strategie, strategie che sono assolutamente necessarie".  Marketing, promozione, immagine, la parole che ricorrono negli ultimi tempi.  Ma appunto, per il momento ancora, parole.  E così, Orvieto "città del vino" sembra uno slogan di tempi andati.  E' questo uno dei punti cruciali per il Rosati.  "Si dice Orvieto città del vino - dice il presidente della confederazione degli agricoltori - ma venendo ad Orvieto la gente se ne accorge? E da cosa? Per questo dico che serve ricostruire una forte identità attorno al vino e al suo territorio.  Un' identità ben visibile e che si riesca a comunicare all'esterno".   

 

E' Giovanni Dubini, responsabile regionale del gruppo d'interesse sul vino della Cia  a parlare di "strategia della zona" . "Non si può parlare di vini umbri, ognuno ha la sua storia - afferma  Dubini - l'Orvieto è un prodotto di notevoli dimensioni, è sul mercato con almeno 15 milioni di bottiglie; il Sagrantino con 700mila., tanto per fare un esempio.  Quindi è impossibile non pensare ad una strategia della zona, impostata ovviamente da tutti i produttori.  Poi, per valorizzare un territorio i punti di vista possono essere molteplici.  Personalmente credo che, visti i grandi numeri, l'Orvieto non potrà mai essere un vino di nicchia tout cour, anche se con questo non è detto che non possa essere anche un vino di nicchia".  

 

Insomma, il lavoro per la rinascita della Doc è appena iniziato.  "La fascetta - chiosa Dubini - è sicuramente un primo passo che valorizza la produzione, una garanzia, ma, assolutamente, non è una soluzione"

Pubblicato il: 26/01/2007

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