Due pesi, due procure
Fausto Cerulli
di Fausto Cerulli
Leggo sui quotidiani oggi che la dott.ssa Giusti, della Procura di Orvieto, a chiusura delle indagini sulla morte del giovane Roberto Achilli, ha lasciato aperta la ipotesi di omicidio volontario, salvo verifica da parte del Giudice per le Indagini Preliminari.
Non posso e non voglio avanzare ipotesi sulle responsabilit? degli attuali indagati, sia per una ovvia e doverosa presunzione di innocenza, sia perch? non conosco, altrettanto ovviamente, le carte processuali. Mi sembra per? giusto sottolineare la correttezza della metodologia seguita dalla dott.ssa Giusti, la quale ha sentito comunque la esigenza di riprendere le fila di un procedimento inizialmente archiviato come semplice suicidio, e poi riaperto u impulso dei parenti del giovane. Una volta tanto le c.d. parti offese, coloro cio? che sono colpite dalla morte di un congiunto, si vedono riconosciuto il diritto ad un approfondimento giudiziale a tutto campo. Quale che sia la decisione del Gip, e sempre ribadendo la presunzione
di innocenza degli indagati, va sottolineato, in epoca di forse eccessivo garantismo, come non possa non confortare un cos? aperto riconoscimento dei diritti della parte offesa.. Riassumo brevemente i fatti: il giovane Achilli fu trovato morto ai piedi della rupe che molte persone intenzionate a farla finita con la vita scelgono come primo ultimo appuntamento. In una prima fase
Per quello che ne so, il padre del suicida ebbe a manifestare sin dall?inizio dubbi sulla ipotesi suicidiaria. Trov? poi da un lato l?appoggio di un avvocato deciso a far riaprire il caso, dall?altro l?atteggiamento disponibile della Procura. A far pesare sulla bilancia della giustizia
la decisione della riapertura formale del caso sembra abbia inciso il fatto che il giovane Achilli, prima del supposto suicidio, sia mancato ingiustificatamente dalla abitazione per alcuni giorni.
A ci? si sarebbero aggiunte voci su dichiarazioni di conoscenti del giovane Roberto, che rendevano quantomeno problematica l?ipotesi del suicidio. Al di l? degli elementi che possono aver contributo alla riapertura del caso, e quale che sia l?esito delle nuove indagini, chi scrive non pu? non sottolineare lo scrupolo della Procura, la sua intenzione di non lasciar nulla al caso.
E la memoria dello scrivente, avvocato oltre che modesto giornalista, non pu? non riandare a come ebbe a comportarsi un?altra Procura, in altri tempi, di fronte ad un caso abbastanza simile. mi riferisco, e non ? la prima volta che lo faccio, al c.d. caso Gaddi: due coniugi vengono trovati morti nella loro automobile a qualche centinaia di metri dalla loro abitazione nella campagna di Lubriano.
tali da far quantomeno dubitare della ipotesi di suicidio. Tra questi la strana assenza, per oltre quindici giorni, dei coniugi Gaddi dalla loro abitazione; una dichiarazione degli stessi, fortunosamente fatta pervenire al figlio, nella quale i due poveretti dichiaravano di essere vittime di una banda di strozzini calabresi, fornendo anche i recapiti telefonici dei referenti romani degli usurai. E, in aggiunta a ci?, la mancanza di un movente alla decisone di uccidersi, e le strane circostanze dell?evento suicidiario.
E consentendo che nessuno, di fronte all?operato giustizia, debba restare con la memoria agitata dalla permanenza di un dubbio.
Pubblicato il: 31/03/2006