Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: CORSIVI
NOTIZIE CORSIVI

UN TUFFO NEL PASSATO POSTERIORE

Mario Tiberi

Sono ormai svariati mesi che, con cadenza quasi giornaliera, mi domando e ridomando se a furia di invocare a tutti i livelli crescita, sviluppo e progresso non si corra il serio rischio che, al ciarlare parolaio, la realt? si ribelli e scateni, per vendetta e ritorsione, il processo inverso della regressione recessiva. Forse ed ? sperabile che non sia cos?, ma certo gli indicatori segnaletici in tale direzione non debbono essere sottovalutati o, peggio, sottaciuti.

Si prenda ad esempio il travaglio cui ? sottoposto il mondo giovanile, partendo da una riflessione preliminare sul gravame coatto dalla incombente abulia sociale.

E? giusto, prima di ogni altra considerazione, ammettere e menzionare che, accanto agli indifferenti, ai disinteressati, ai frenetici che non guardano pi? in l? del proprio naso, ai timorosi del ?nuovo?, a chi va bene non sapere e non conoscere, vi sono anche gli interessati, gli informati e impegnati socialmente, i lettori e gli scrittori, i ?sapienti? per diletto o per professione, gli stanchi di questa stasi in cui l?Italia della gente comune ? costretta a rimanere per mano dell?Italia dei potenti, dei ricchi e degli egoisti.

Ma quale primato, che sia di natura economica, politica o culturale, ? attribuito o attribuibile all?Italia?. Probabilmente nessuno!.

I dati relativi a un benessere e a una crescita dell?intero nostro Paese, che riguardino tutti gli strati sociali, non sono affatto rincuoranti, per non dire allarmanti o del tutto catastrofici. Sembra quasi, almeno agli occhi dei giovani che confusamente lottano per ottenere il loro giusto posto nella societ?, che l?Italia esista solo nel suo imposto permanere sempre uguale a se stessa. Ma ci? suona come un qualcosa di innaturale: tutto ? in movimento e in divenire, per cui tutto ? soggetto nel proprio percorso a mutamenti e variazioni.

Solo codesta, quella del ?fieri? ineluttabile, appare la strada da seguire se si vuole scongiurare il pericolo immanente e imminente di una implosione su se stessi e procedere, invece, nel segno del progresso. Cosa, infatti, rimane a tutti coloro che desiderano un maggiore prosperit?? A coloro che, onestamente, ritengono che la crescita e la qualit? della vita siano direttamente proporzionali alle risorse finanziarie destinate alla ricerca scientifica e tecnologica, all?innovazione, all?istruzione?. Probabilmente un desolante pugno di mosche in mano!.

Scuola e Universit?: esempi palesemente emblematici della malattia autodistruttiva dell?Italia.

Sempre pi? matricole, anche grazie al numero crescente di famiglie di origine straniera, ma sempre meno qualit?. A fronte di investimenti tendenzialmente minori e tagli di spesa ponderosi, riguardanti l?intero comparto dell?istruzione e dell?educazione, scuole e universit? (le cui tasse sono per? considerevolmente lievitate nell?arco di un biennio) non sono in grado di garantire validi strumenti di apprendimento, docenze qualificate e, soprattutto, sicuri sbocchi professionali a completamento dei corsi accademici.

Esiste una cospicua fetta di giovani pronti ad imparare, ad amare lo studio considerato come valore e momento fondamentale di arricchimento, intrapreso con costanza e seriet?. Ma sono quegli stessi studenti che, contro il diritto universale allo studio, si scontrano giornalmente con atenei male organizzati, non idonei ed attrezzati a soddisfare e a far emergere le esigenze, i meriti e le capacit? della giovent? italiana. Si sta gradualmente privando lo studente della possibilit?, inalienabile e inviolabile, di un sano percorso formativo i cui capisaldi risiedono nello sviluppare le potenzialit? delle facolt? intellettive nella loro interezza.

Non solo innumerevoli nozioni, ma sollecitazioni della curiosit? e della fantasia, intesa come immaginazione creatrice, e che consentano una libera interpretazione e conoscenza del mondo, nonch? l?appropriarsi progressivamente della propria autoconsapevolezza ed identit?.

In un romanzo di Joestin Gaarder ? scritto che ?il bambino non ? ancora diventato schiavo delle aspettative causate dall?abitudine. Il piccolo quindi ? il pi? libero dai pregiudizi, forse ? addirittura il pi? grande filosofo: infatti non ha prevenzioni e questa ? la virt? pi? alta della filosofia?. Virt? che dovrebbe riscontrarsi in tutti gli ambiti della conoscenza, dell?etica, della politica e della convivenza sociale.

L?apertura mentale e la sua disposizione emotiva al ?diverso? e allo ?sconosciuto? sono le qualit? pi? spontanee e pure che un infante possa avere e che, se non coltivate nei primi anni di et?, difficilmente poi si ritrovano nella persona adulta che diverr?.

Alcuni bambini un giorno, in un parco, hanno detto alla loro baby-sitter: ?Uffa, andiamo via. Qui non c?? niente da fare. A casa invece c?? la televisione, il computer, la play-station?. Incapacit? inventiva e di socializzazione. Allarmante!.

Una signora, un altro giorno, suscitando lo stupore e l?ilarit? dei presenti, ha osservato: ?Bisogna riconoscere che i bambini e i ragazzi di oggi sono pi? intelligenti e svegli; sanno fare tutto con le tecnologie di ultima generazione?. Altrettanto allarmante!.

La tecnologia, senza i valori dello Spirito e della Coscienza, ? un?arca vuota, fredda e priva di Anima: la crisi, nelle sue poliedriche articolazioni, prima o poi passer?; dopo di essa, per?, senza i valori di cui sopra, ereditati dal meglio della Cultura Universale, non potr? aprirsi la stagione di una rinnovata ed agognata floridezza, bens? quella della pi? nera miseria morale e materiale.

Si corre cio? il pericolo di un mesto ritorno ai secoli bui dell?oscurantismo tanto da regredire persino nelle forme linguistiche, volgari o volgarizzate che siano, per cui un tuffo nel passato posteriore deve possedere in s? almeno l?energia sufficiente per la tutela di ci? che di nobile l?antico ci ha tramandato e, cos?, poterne far tesoro per il domani ad esso successivo.

La purezza dell?idioma latino, quello del secolo anteriore e posteriore alla nascita di Ges? Cristo, potr? esserci di ausilio e, verso tale prospettiva, mi sento di essere un piccino, ma previdente anticipatore.

Pubblicato il: 04/01/2012

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