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IL POTERE PUO? CONIUGARSI CON L?EQUITA? ?

Mario Tiberi

Su cosa sia e come venga esercitato il potere, in particolare quello politico, fior fiore di studiosi e pensatori si sono pronunciati nel corso dei secoli, senza per? mai arrivare a conclusioni univoche o definitive per il solo motivo che l?arte della politica non ? affatto una scienza esatta e, come tale, non pu? aspirare a dettare regole universalmente riconosciute come inconfutabili ed assolute.

Mi prover? anch?io a formulare una digressione sull?argomento, senza avere la presunzione di pervenire a fantomatici traguardi strabilianti, ma con l?intenzione non celata di fornire alcuni squarci di chiarezza e concretezza.

Il potere, nella sua accezione pi? deteriore e brutale, ? visto e vissuto come attrezzo, a guisa di grimaldello, per scardinare e imporre con la forza la propria volont? su quella altrui; per incapsulare con le armi del ricatto e della ritorsione il democratico dispiegarsi delle libert? individuali sia di pensiero che di movimento; per instaurare un ordine costituito fondato sulla sopraffazione e sullo sfruttamento dell?uomo sull?uomo; per essere esso stesso il simbolo personificato dell?arroganza insolente e della prepotenza opprimente.

Il potere, cos? concepito, a differenza della ?Potestas auctoritatis?, legittimamente esercitata sul fondamento delle leggi costituzionali, inevitabilmente si veste delle forme del sopruso e della prevaricazione. Il potere, cos? praticato, si connota adunque della caratteristica di esistere abusivamente come il solo e unico fine della politica mentre, invece, ne dovrebbe essere lo strumento legale di svolgimento e di esplicazione dell?azione benefica di quest?ultima a favore di una comunit? civilmente strutturata e normativamente amministrata.

Non da oggi, ma da lungo tempo ormai, assieme ad altri saggi sodali andiamo predicando un insegnamento decisivo e irrinunciabile per chiunque voglia cimentarsi nella vita pubblica e, cio?, che per ben governare bisogna conoscere e, cio? ancora, che per ben esercitare il potere bisogna applicarsi allo studio, svestirsi degli abiti della superbia e rendere propria la propensione disinteressata al servizio della collettivit?.

Francesco, il giullare di Assisi, port? a compimento la missione affidatagli dalla Divina Provvidenza nel momento in cui, ai quattro angoli del nostro pianeta, risuon? il messaggio di pace e di riconciliazione racchiuso nel proclama a seguire: ? Mi arricchir? di tutto ci? che perder?; mi arricchir? di spirito per tutto ci? che perder? di terra?.

Come non capire che ? il potere di magistero, e non quello di imperio, a cui bisogna tendere?.

Cade, allora, a proposito la questione nevralgica propria di codesto travagliato periodo storico; vale a dire come sia eticamente possibile coniugare l?esercizio del potere con il perseguimento della giustizia e dell?equit? sociale.

Non basta, infatti, dichiararsi pronti a demolire radicati potentati economico-finanziari se, poi, a tali enunciazioni di principio non siano conseguenti atti che ne provino la tangibile volont? politica di realizzarle effettivamente: il rigore, la giusta distribuzione e ripartizione dei sacrifici, la lotta all?evasione fiscale e alla corruzione, il ristabilimento della legalit?, l?abbattimento dei privilegi, insomma l?equit? e la giustizia senza concretezze sono e resteranno sempre delle vuote parole.

Ove non ? giustizia, l? non vi pu? essere ?pace sociale? e non potr? superarsi l?avvilente spettacolo di intere categorie umane che versano in una penosa condizione di conflittualit? permanente e che si trovano in uno stato di belligeranza, dichiarato o non, l?una contro l?altra; nei partiti e tra i partiti nella societ?, ? in perenne evidenza e al centro di ogni agire una indomabile disputa per il potere, una singolar tenzone finalizzata alla conquista del potere per il potere con le nefaste conseguenze di cui il cittadino ne ? incolpevole e indifesa vittima.

Mi pare di poter affermare che, anche con il nuovo Governo, molte delle ragioni dell?equit? siano state sacrificate sull?altare di interessi superiori di cui sono portatori i meno a discapito dei pi?.

Sar? mai possibile invertire una simile perversa linea di tendenza?. Sulla scia di Primo Giovannelli, l?unica alternativa praticabile va individuata nella costruzione di una nuova epoca alle cui basi sia posta la dirompente dottrina dell?equitalismo, fondata sul vincolo delle solidariet? sociali, e che, attraverso una rivoluzione bianca, porti al superamento definitivo del marxismo-leninismo, autocratico e liberticida, e del capitalismo selvaggio e neo-liberista, altrettanto autarchico e illiberale.

Sembrer? impossibile; ma l?impossibile ? entit? totalmente relativa perch?, quando una meta appare impossibile ad essere raggiunta, vi si rinuncia ed ? proprio la rinuncia a renderla impossibile.

Pubblicato il: 07/12/2011

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