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Addio a Nerone, vero ultimo poeta

Fausto Cerulli

Con la morte di Nerone, Orvieto ha perso il suo ultimo vero poeta. Poeta non gi? nel senso di chi, come anche io faccio, si diletta a scribacchiare versi, con incerta e sempre malriposta fortuna, ma poeta nel senso dell?antico termine greco: poeta come chi fa, crea, chi lascia la sua impronta. E Nerone era questo: lo ricordo con la sua assurda eleganza, penso a certi cappotti di pelle lunghi fino alle caviglie, penso al suo eterno sigaro tra le labbra, quasi sempre spento ad evitare consumo eccessivo. Penso a come sapeva creare la sua ricca povert?: lui, quando aveva bisogno di un aiuto materiale, non ti chiedeva mai ?elemosina?. Ti avvicinava sorridente, di quel suo sorriso fatto di occhi acuti e penetranti e di labbra sottili, e ti diceva dovrei chiederti un favore, avrei bisogno di cinquecento euro. Non diceva mai ho bisogno di un piccolo prestito: lui mirava al bersaglio grosso. Sparava cinquecento per avere dieci ma senza stare l? a mercanteggiare. Era un vero signore dell?esser povero. Lo incontravo spesso alla stazione o nei dintorni: la stazione ferroviaria ? il luogo del non luogo, la residenza dei non residenti sempre pronti per un viaggio che non faranno mai. Era sempre molto impegnato, il mio amico Nerone: aveva sempre fretta di andare in nessun posto, ma trovava il tempo di parlare della politica di cui diceva male, e delle donne che lo amavano e lo assillavano, e dei figli che aveva e non aveva. Su questo punto non l?ho mai capito. Aveva un modo di camminare tutto suo: mi faceva pensare ad un cavaliere appena sceso dal cavallo, o ad un marinaio appena sbarcato: un passo dondolante ma sicuro. Come se andasse sempre di corsa restando sempre nello stesso posto. Aveva anche una sua strategia poetica di approccio. Se mi incontrava alla stazione mi chiedeva se avessi bisogno di un passaggio ( lui aveva sempre automobili di lusso, sia pure di quarta o quinta mano), e se accettavi il passaggio lui si fermava alla prima stazione di servizio, ti diceva che aveva lasciato a casa i soldi, ed ordinava il pieno facendotelo pagare. In altre persone tutto questo ti sarebbe sembrato un modo grossolano di scroccare: fatto da lui, questo comportamento sapeva di poesia. Lui si faceva tassista abusivo, pretendeva soltanto che gli pagassi la benzina, se ne fregava del tassametro. E ti portava comunque a destinazione, facendoti anche la cortesia di chiederti un consiglio legale, e si capiva che lo faceva per farti sentire importante. Se questa non ? poesia, ditemi voi cosa ?. Una volta, essendo momentaneamente sprovvisto di un?automobile di quelle che gli piovevano dal cielo di qualche riciclaggio, chiese alla mia compagna di dargli la sua auto. Lei gli dette le chiavi, gli disse che doveva riportargli l?auto entro due ore al massimo. E tutti a dire alla mia compagna che era matta a fidarsi di Nerone: nel migliore dei casi Nerone avrebbe scassato l?auto, o si sarebbe involato con la stessa. Invece Nerone all?ora stabilita si present? puntuale, l?auto sana e salva, la fiducia ricompensata.  Ecco: Nerone aveva bisogno di fiducia, come tutte le persone sole. Molti sorridevano di lui, lo prendevano per matto, lo evitavano come si evita la peste. Della serie che noi abbiamo paura della peste che abita dentro di noi. Penso a Nerone come ad un eterno immigrato, sbarcato da qualche chiatta su questa cattiva isola che chiamiamo Orvieto. Sembrava che non avesse il permesso di soggiorno in questo mondo: per questo, pur essendo anarchico senza saperlo aveva un profondo rispetto per le istituzioni, e una fiducia illimitata in esse. Abitava in una casa popolare: i vicini di casa, brava gente tutta casa chiesa e puttane, gli avevano dichiarato guerra per via di un suo cane che aveva l?abitudine, come tutti i cani della terra, di abbaiare senza chiedere il permesso. E Nerone fu cacciato dalla sua casa popolare per via di un cane impopolare. Mi chiese se volevo assisterlo in giudizio contro chi lo aveva privato della casa. Gli dissi di s?, ma penso che lui pensasse che in fondo anche io ero un povero poeta prima di essere un avvocato povero.  E dunque non se ne fece nulla, anche perch? gli avvocati dalla parcella d?oro si divertivano a parlare con Nerone, gli si mostravano amici, ma si guardavano bene dal battersi per le sue sacrosante ragioni. Ma lui non se la prendeva: seguitava a masticare il suo sigaro pregiato, portava a spasso la sua testa liricamente calva, e sorrideva, sorrideva molto. Una volta, scherzando ma non troppo gli chiesi cosa avesse da sorridere, lui immigrato e quasi clandestino, lui che abitava spesso in qualche tenda di fortuna o in qualche camper calato anche esso dal cielo: e lui mi rispondeva che sorrideva perch? si aspettava che qualcosa cambiasse in meglio. Nerone era il poeta della fiducia in un nulla che per lui era tutto: era il filosofo della contingenza del giorno per giorno. Orvieto non ha mai capito Nerone, eppure Nerone amava molto Orvieto, come fanno tutti gli immigrati per la terra in cui sono capitati, anche se essa li respinge. Credo che Nerone in quella sua strana poetica maniera, mi abbia anche voluto bene: per me aveva sempre un sorriso, anche quando il suo viso era tirato come la maschera di uno scheletro o lo scheletro di una maschera. Ricordo che aveva sempre una tosse molto densa, che veniva dai bronchi della sua anima: quando, una volta almeno, gli dissi che non doveva fumare a quel modo, che si sarebbe ammalato, lui mi rispose che fumava sigari di marca, e che i sigari di marca, essendo di marca, non possono far male. Mi dicono che una bronchite lo ha portato via dal consorzio civile, in un letto solitario di ospedale. Immagino che sia stato in qualche modo contento di morire. Sapeva che lo aspettava il paradiso riservato ai poeti, quel paradiso in cui si entra senza passaporto, e senza dover dichiarare il proprio reddito. Addio, Nerone, amico saggio, poeta senza versi, immigrato perenne. Non so perch? ti chiamassi Nerone; ma voglio immaginarti su una torre, mentre suoni la cetra della poesia, mentre questo mondo immondo brucia per autocombustione di indifferenza.

Pubblicato il: 16/11/2011

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