Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: CORSIVI
NOTIZIE CORSIVI

Chiacchiere di fine agosto

Nello Riscaldati

Di solito si ammette che chi scrive delle cose del suo tempo usa colori sempre pi? cupi man mano che avanza con l'et?. L'anziano sembra cio? disprezzare la contemporaneit? e non aver altro di meglio da fare che rimpiangere il buon  tempo antico, gli anni volati chiss? dove insieme ai calendari e l'et? verde che prometteva, ingannandolo, di restare eternamente verde e che, invece, si ? andata, anno dopo anno, velando di tonalit? via via sempre pi? scure quasi presagi di un lunghissimo inverno che non rivedr? la primavera.

 Ora il ?laudator? del tempo che fu, che di solito ? anche un severo giudice del degrado dei costumi di quello in cui vive, non ? un personaggio nato ieri, ma ? antico quanto i secoli tanto che gi? le letterature classiche sono intrise di pianti, di rimpianti, di storie di illusioni tramontate, di sfiducia nel presente e nel domani e di amori e ideali per i quali s? che valeva la pena di vivere, di combattere e anche di  morire.

 

 Per? questo misurare il presente con il metro del passato rischia di deformare l'immagine sia dell'uno che dell'altro fino a  confondere  anche lo sfogliarsi quotidiano delle stagioni che ci restano ancora avanti. Si vive per vivere, non si vive per morire. A qualsiasi et? e per tutto il tempo a venire.

 

  Tempo a venire che per? oggi sono in molti ad assicurarcelo carico di burrasche e con carente o nulla disponibilit? di ombrelli. E v'? motivo di crederlo. Ma, acquazzone o uragano che sar?, sono in particolare i politici, anche di terza o quarta fila, o addirittura in quiescenza, a distinguersi nell'elaborazione delle previsioni meteorologiche pi? fosche 

 

 E non stupisce, pertanto, come molti ?laudatores?, veri e propri ?rimpiangitori? del passato e di se stessi, figurino proprio tra quei politici i quali, essendo stati espulsi dal girotondo, vale a dire fatti uscire  dalla scena del teatrino, venuti i giorni delle vacche magre, quando ti incontrano, e tu non fai in tempo a svicolare, si affrettano a ricordarti che ?quando c'ero io allora s? che le cose,...comunque, al bisogno, io, sempre qua mi trovate,...sempre disposto al servizio del popolo e della cosa pubblica!?.

 

 E cos?, trascorrono gli anni e i secoli. Il ventesimo italiano viene composto per comodit? in un cofanetto di dieci volumi, uno per decennio:

 

 Gli anni '01 furono quelli delle emigrazioni di massa verso le ?lontane Americhe? col fagotto e la valigia di fibra rossa, gli anni '10 quelli della prima guerra mondiale e della ?spagnola?, gli anni '20 e '30 furono connotati  dal Fascismo e dall' Impero, dalle bonifiche e dalle trasvolate, insomma furono gli anni del Duce, gli anni '40 dalla seconda guerra mondiale e dalla ricostruzione, i '50 furono quelli del boogie-woogie, del ?boom?e del rock, i '60 sono ?i favolosi? , i '70  sono  ?di piombo?, gli '80 vedono la nascita del debito pubblico, la pi? grande, faticosa conquista sociale della politica italiana, e infine i '90 assistono alla ?discesa in campo? di Silvio Berlusconi e di Antonio di Pietro.

 Queste classificazioni saranno pure comode e pratiche e ciascuno pu? mettervi dentro e togliervi  tutto quello che vuole, ma sanno anche tanto di appiccicaticcio.

 

 Come italiani ci siamo persi la ?belle epoque? e gli ?anni ruggenti?, ma siamo riusciti a  non mandare soldati n? in Corea n? in Viet-Nam. Li abbiamo per? inviati pi? tardi in mezzo mondo allo scopo di mantenere la pace: dal Congo a Timor est, dal Libano al Kossovo, dall' Irak all' Afghanistan. Alcuni ragazzi ci hanno lasciato la pelle, altri sono riusciti a mettere insieme un gruzzoletto che ha permesso o permetter? loro di metter su famiglia o di aprire bottega e poter finalmente provare a vivere in pace. In quella pace che, lontani da casa loro, hanno provato a difendere per gli altri.

 

  A casa troveranno  per? un'altra guerra, non sanguinosa ma secolare e senza armistizi, e cio? il conflitto tra le generazioni, tra i giovani e gli anziani, tra i ?matusa? e i ?bamboccioni?, tra l'irruenza e l'esperienza, tra la fretta e la pazienza, tra la discoteca e il  piano bar, tra la birra e il caff?-latte.

 Ora, in cotanto conflitto, ? naturale che il giovane cerchi di spingere l'anziano gi? dalla torre a forza di spallate e di sgambetti. Quest'ultimo ha per? tutta l'esperienza che serve per prevedere le mosse dell'avversario fino a far s? che lo stesso, trascinato dalla sua stessa irruenza, perda l'equilibrio e cada di sotto.

 E questo purtroppo a volte succede e non dovrebbe. Sulla torre va trovato posto per tutti perch?, se diviso con equit?, lo spazio per tutti si trova, sia per gli anziani di oggi, sia per coloro che lo stanno diventando, sia per quelli che lo saranno domani.

 

 Cos?, e tanto per fare due chiacchiere e concludere questo infernale mese di agosto, anche quest'anno e sempre nel quadro generale del suddetto conflitto, abbiamo annotato la consueta, piccola ma vivace e combattuta campagna estiva intorno al giusto livello  dei diffusori del suono in ore notturne da parte dei locali pubblici:

 

 -?Fatice dormi',...! La citt? ? in coma,...! Annate a guadambiavve 'r pane,...! Per voe ce vorrebbe Nerone,...! Vagabonde e 'mbriacone,...! Le matusa a la discarica,...!-

 

 E anche di molto peggio.

 

 Ora questo tipo di sceneggiata  che tecnicamente viene definito ?alterco?,  rassomiglia un  po', a parte i riferimenti alle ?guerre pacioccone?, alla controversia fra due stati confinanti nessuno dei quali riconosce la legittimit? dell'altro  generando cos? i presupposti per una guerra perpetua e, come tale, senza vincitori.

 

 Battaglioni di giovani in jeans pieni di voglia di vivere dopo la mezza, contro reggimenti di matusa in berretta da notte pieni di voglia di dormire alle dieci di sera,...! L'immagine pu? essere accattivante, ma  ? comica e infedele comunque la si metta.

 

 Ora, dato che i giovani non hanno sub?to una recente mutazione genetica e non sono diventati d'un botto tutti sordi, va da s? che il livello  che fu necessario a Woodstock o all'isola di Wight, o che oggi lo ? a  S. Siro o all'Olimpico, non pu? essere lo stesso da usare in strade larghe cinque metri come le nostre. Non si vedono dunque difficolt? insormontabili per fissare una misura  che soddisfi tutti evitando di appellarsi matusa, bamboccioni e anche peggio solo per il gusto della polemica e addossando tutta la colpa dell' autunno della Rupe ad una minoranza insonnolita e conservatrice, in pigiama, ciabatte e pannolone.

 Sarebbe una guerra sterile, infinita,  e quindi subito dimenticata mentre sono altre le cose necessarie per tentare la resurrezione diurna e notturna della nostra citt? che ? davvero sempre pi? vedova di abitanti, sempre pi? sola, silenziosa e fuori mano. Ma qui la parola va lasciata agli esperti della materia dei quali, per fortuna, disponiamo in abbondanza.

 Io osservo che la vitalit? di un paesaggio urbano non pu?  identificarsi con il furore settimanale notturno riservato ad una classe di et?, ma ? quella  che si anima di cose vive dal mattino fino a sera, di negozi che aprono, di rumori abituali, di gente che va, che viene, che si ferma, che discute, che saluta e viene salutata e che d? continuit? al senso dell'esistenza. La ?buona notte? della sera deve significare un ?arrivederci? al buon giorno successivo. Ma se poi al mattino non si incontra nessuno a cui dirlo  per sentirselo poi ricambiare, allora anche gli ?eventi?, che  vanno sempre e tutti benissimo, rischiano alla fine del conto di evidenziare ancora di pi? i lunghi silenzi  successivi. Nessuno poi secondo me negherebbe in una citt? viva quello spazio che ai giovani spetta di diritto e che tutte le generazioni si sono sempre e giustamente preso. Ma, permanendo quattro gatti di giorno, i  quattromila di notte ?vivranno? pure la loro notte ma non incideranno sulla vitalit? di Orvieto.

 

 Oggi siamo in grado di ripopolare con facilit? ruscelli, fiumi, laghi, riserve, boschi,  foreste e persino il mare. Riuscirci con  un piccolo centro ? un' impresa che riesce di rado perch? per venirne a capo ? necessario essere tutti, ma proprio tutti, a volerlo, ad impegnarsi ed a spenderci sopra. Altrimenti la piccola citt? se ne rester? l?, zitta, buona e malandata come sta facendo, per essere utilizzata come tema di dibattito in dotti convegni sul tema dello spopolamento dei centri storici con la partecipazione del prof...docente di...presso l'Universit? di...ecc. ecc.  

 

  E' vero i matusa sono troppi, spendono poco, consumano risorse e non si possono abolire con un emendamento alla ?manovra?, tanto pi? che ? dal loro ceppo che sono nati e continuano a nascere i bamboccioni.

 

 Purtroppo la barca ? una sola, non ha scialuppe  e noi tutti facciamo parte dell'equipaggio.

 

 Signore e signori, esordirebbe un conferenziere di fine '800 richiamando un'immagine oggi comune, signore e signori, prego di figurarvi il sistema globale dove tutti noi ci siamo accomodati   come simile ad un treno. Chiudete gli occhi, prego, e prendete posto, signore e signori,... ! Ecco, ora siete tutti a bordo del treno,...!

 

 E'un treno che ?deve? andare sempre pi? veloce, che ?non sa? dove sta andando, che non si sa ?chi? lo stia guidando, e che non si sa nemmeno se ?vi sia? qualcuno che lo sta guidando.

 

  E io, e voi, da questo treno non possiamo scendere.

 Teniamoci per mano,..? meglio per tutti!

 

Pubblicato il: 04/09/2011

Torna ai corsivi...