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Orvieto ? nei guai perch? lo Stato ? evaporato

Pier Luigi Leoni

Caro Direttore,

so che tu sei aperto a ogni tipo di valutazione sulla situazione politica della citt? di Orvieto, ma so pure che desideri per i tuoi lettori proposte concrete. Sei aperto alle idee, ma non ti interessano, come non interessano ai lettori, disquisizioni superflue.

Tuttavia non ? possibile seguire il filo delle vicende orvietane e farsi un?idea delle possibili vie d?uscita se non si sgombra il campo da un preconcetto. Un?operazione del genere ? anche utile per interpretare le poche parole e i lunghi silenzi degli addetti ai lavori e dei commentatori. Se non ci fosse Massimo Gnagnarini, che alza il coperchio e fa vedere le cifre, la nostra citt? continuerebbe ad essere tranquillamente stufata in un pentolone che puzza di bruciato.

Un preconcetto troppo diffuso ? che vi sia uno Stato che vigila sul corretto funzionamento degli enti locali. Se vi fosse uno Stato del genere, Orvieto, come tanti altri comuni italiani, non sarebbe arrivato a questo punto. In effetti lo Stato italiano ? evaporato da un pezzo. Quando fu consentito ai militari in libera uscita di circolare senza divisa, avremmo dovuto accorgerci che era stata imboccata una brutta strada: la strada dello smantellamento dello Stato che, centocinquant?anni fa, gente che aveva le idee pi? chiare delle nostre aveva eroicamente costruito. La soppressione dei controlli da parte della Prefettura e del Genio Civile dette la stura all?arbitrio dei politici  acquartierati negli enti locali, e una piena di illegalit? invest? i partiti e le istituzioni fino a travolgere e inquinare i costumi della gente di tutte le classi sociali. I comitati regionali di controllo, bench? sciaguratamente politicizzati, supplirono in qualche modo e per qualche tempo, fino a che non furono cancellati come retaggio di un passato da dimenticare.

Rimase il costoso  ed estenuante baluardo delle magistrature: civile, penale, amministrativa e contabile. Ma il peso delle illegalit? perpetrate in migliaia di enti locali, come anche in miriadi di altri uffici pubblici, avrebbe messo in crisi apparati giudiziari ben pi? efficienti di quello italiano.

Gli Orvietani, da quando sono venuti alla luce i guasti della finanza allegra degli ultimi decenni, hanno preso confidenza con una denominazione fatta di tre parole: ?Corte dei Conti?. Ho l?impressione che, nell?immaginario di molti bravi concittadini, la Corte dei Conti sia una magistratura in grado di punire chi ha sfasciato le finanze comunali e di impedire che lo scempio continui. E allora perch? siamo arrivati a questo punto? Con tutto il rispetto per i magistrati contabili, della cui qualit? ed efficienza non oso dubitare, non credo che possiamo bene sperare. Infatti la Corte dei Conti esercita sugli enti locali un controllo di tipo collaborativo, che non si esplica in annullamenti di atti e nell?applicazione di sanzioni, ma in avvertimenti ai consiglieri perch? mettano la testa a posto. Ed  ? ci? che sta avvenendo a Orvieto, dove la Corte chiede spiegazioni, convoca, valuta e raccomanda. Il contenuto dell?ultimo papiro pervenuto al consiglio comunale di Orvieto ? impressionante. Ma nessun amministratore si dispera o almeno decide di tornare a tempo pieno ai propri affari privati.

? vero che la Corte pu? e deve chiamare gli amministratori e i dirigenti comunali a rispondere dei danni provocati al comune, ma lo pu? fare solo entro cinque anni dal misfatto e solo se vi ? dolo o colpa grave. Per rendersi conto di quanto sia efficace questo deterrente basta confrontare le condanne definitive pronunciate dalla Corte dei Conti con lo sfacelo di una buona parte degli enti locali italiani.

In verit?, lo Stato ? evaporato e siamo tutti nei guai, compresi i magistrati.

Caro Direttore, abbi pazienza, la prossima volta sar? pi? costruttivo.

Pubblicato il: 08/03/2011

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