Ranchino si smarca da Concina. Strategia o tattica?
Fausto Cerulli
Al Comune di Orvieto, nel piccolo, si sta verificando quello che accade in campo nazionale. Berlusconi trova sulla propria strada i bastoni di Fini, che scopertamente mira alla successione, o forse alla Presidenza della Repubblica: cos?
Provo ad avanzare un?altra ipotesi: Concina attraversa un momento difficile, ? sottoposto a critiche del tipo che da quando ? stato eletto ha fatto poco o niente, e le critiche gli vengono da chi in cinquanta anni ha fatto molto e male. Concina in difficolt? oggettiva: e Ranchino, in qualche modo, si smarca: forse pensa che se si arriva ad un commissariamento e si fanno nuove elezioni, lui pu? aspirare a fare il Sindaco, superando il gap fantapolitico che perseguita Concina: di essere forestiero, di circondarsi di forestieri, di violare il sano provincialismo campanilistico locale. Ma se fosse cos?, credo che Ranchino avrebbe sbagliato mira. Non credo, ma posso anche sbagliare, che sul suo nome si possano concentrare i voti che hanno fatto Sindaco Concina, quelli di Ciconia, quelli di Orvieto centro, quelli insomma della piccola e media borghesia, che costituisce il tessuto sociale di Orvieto. I giovani, si sa, sono stufi di votare, o non vogliono neppure cominciare. Il fatto ? che Concina, piaccia o meno, ha saputo conquistare il seggio di primo cittadino perch? rappresentava una svolta, comunque. Una svolta che nessun Ranchino, con tutto il rispetto, potrebbe rappresentare: non ? un nome nuovo, non ha il carisma, buono o malo che sia, di un manager navigato. Pochi voterebbero per lui, per avere di nuovo tra le scatole un politico locale e localistico. In tutto questo vedo qualcosa di strano, di confuso: forse la corrente di Ranchino vuole contare di pi?, forse non gli basta la fetta di potere ricevuta non gi? dalla gente di Orvieto, ma da una scelta di Concina. La pseudosinistra, al solito, tace: non si rende conto neppure del fatto che la diatriba messa in piedi da Ranchino costituisce comunque un segno di dialettica interna; qualcosa che si muove, un sasso nello stagno. E che ci guadagna, sia pure sul filo del rasoio, la compagine di centrodestra nel suo complesso. Cristo, ma ci vuole tanto a dire qualcosa, non di comunista, ben inteso, ma comunque qualcosa.: i capoccioni della fu sinistra stanno sempre a guardare, anzi a guardarsi: sono innamorati del proprio ombelico, e non si accorgono di somigliare sempre pi? al Cavaliere Inesistente di Calvino. Tace anche la destra estrema: e qui il silenzio assomiglia paurosamente a quello di Bossi in campo nazionale: Bossi si accorge di essere diventato l?ago della bilancia governativa, approfitta in silenzio della singolar contesa tra Fini e Berlusconi: attende solamente il momento giusto per far capire che la sua forza sta nella debolezza degli altri. E in questa Italia malridotta, il malridotto Bossi sta diventando il Principe di machiavelliana memoria, sia pure un Principe rozzo e casereccio. Olimpieri, che ad Orvieto ha riportato il pi? alto numero di preferenze, sembra distratto da altri pensieri: ma io sono certo che non ? distratto, lui finge di pensare che la discussione tra Ranchino e Concina non lo riguardi, mente lo riguarda e come. Olimpieri come Bossi locale: non c?? male, come considerazione impolitica della politica senza considerazione. Ho scritto altre volte, e lo ripeto, che a mali estremi estremi rimedi; mi sono permesso di invocare una tregua civile, in ragione delle difficolt? enormi che Orvieto deve affrontare e che non saranno certo risolte da Umbria Jazz. Mi era parso che la poca sinistra avesse deciso di fornire una sponda alla politica di Concina, in nome di un interesse collettivo. Ora ci si mette Ranchino. Forse Concina dovrebbe convocarlo al suo Palazzo Grazioli, magari alla presenza di Olimpieri, e fargli un discorso molto breve: apr?s moi le d?luge. La pioggia, in fondo, non piace a nessuno. O sbaglio?
Pubblicato il: 21/11/2009