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Un vino di qualità che contiene e comunica il territorio

I produttori devono essere disposti a fare squadra e confrontarsi senza tabù ideologici sul mercato

foto di copertina

ORVIETO - Un vino di qualità con un packaging che comunichi l'identità del territorio e alle spalle dei produttori disposti a fare squadra e confrontarsi senza tabù ideologici sul mercato. E' questa la ricetta "il vino del futuro", il vino destinato a conquistare spazi crescenti sul mercato globale secondo quanto emerso dal parere degli esperti nazionali e internazionali che si sono confrontati ieri mattina, nella sala dei 400 di palazzo del Popolo ad Orvieto, al secondo convegno nazionale di Unioncamere Umbria: "Il mercato internazionale del vino italiano visto dai suoi protagonisti".
Il convegno quest'anno è servito ad aprire una finestra sui mercati del vino italiano in Svezia, Norvegia e Inghilterra. Mercati sui quali il prodotto italiano è ancora competitivo ma non può permettersi di perdere posizioni. Se un tempo,infatti, era sufficiente produrre vini di qualità, oggi in risposta al dinamismo dei mercati e in particolare quello dei nuovi paesi produttori (Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa e Sud America), è necessario impostare un'efficace politica di marketing, come ha sottolineato nell'introduzione il presidente, Adriano Garofoli. Da questo assunto si è partiti per parlare delle nuove condizioni imposte dai mercati e quindi dai consumatori: in primis, un pakaging accattivante che sappia comunicare l'identità e la territorialità del prodotto, richiamando l'attenzione del consumatore che nelle scelte non è più né fedele né prevedibile; la comunicazione diretta con il consumatore e dunque l'utilizzo sapiente ed efficace di internet e dei media. Ma soprattutto, come ha rimarcato Franco Maria Ricci presidente Ais del Lazio, "non si può dire sempre no alle sollecitazioni che arrivano dal mercato con un atteggiamento di chiusura verso le novità". Stimoli e provocazioni, ma anche spunti di riflessione tra immobilismo e dinamismo, sono arrivati sull'impiego soprattutto dei tappi a vite e de trucioli di legno in sostituzione delle barrique: tabù che sul mercato italiano sono ancora vincolanti.  L'altro nodo cruciale, secondo quanto emerso, è la necessità di mettere in squadra i produttori e, nello specifico, nella produzione regionale arrivare anche ad una razionalizzazione delle etichette. Sull'argomento aperto pochi giorni fa all'Umbria wine day è tornato con forza l'assessore alle Politiche agricole regionali, Carlo Liviantoni annunciando che nel mese di dicembre dopo l'approvazione del Psr (piano dello sviluppo rurale) "la Regione, facendo appello a quanti vorranno misurarvisi, presenterà un progetto per la riorganizzazione del sistema vitivinicolo regionale". L'obiettivo è la creazione di prodotto fortemente identitario in grado di costituire massa critica apprezzabile dal mercato. Per far questo per Liviantoni è necessario "rompere l'eccessiva frammentazione, 600 etichette restano troppe - ha ribadito - c'è bisogno di mettere in squadra i produttori e passare dagli approfondimenti e dalle riflessioni all'azione per dimostrare in che modo l'Umbria vuol stare dentro i cambiamenti del mercato".  Il convegno, moderato dal giornalista Lamberto Sposini (anche produttore di vini), era organizzato, per il secondo anno consecutivo ad Orvieto, da Unioncamere Umbria ed ha visto tra i relatori gli esperti Barbro Guaccero, wine marketing manager, David Glaeve, direttore generale della Liberty wine, Franco Maria Ricci, presidente Ais Lazio e direttore Duemila Vini. Erano presenti anche l'enologo Riccardo Cotarella, il sindaco di Orvieto, Stefano Mocio, rappresentanti delle cantine e delle associazioni di categoria.

 

Pubblicato il: 12/11/2006

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