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Il vino è buono, quest'anno buonissimo, ma manca il mercato

I produttori lamentano un continuo calo della redditività. Lo standard dell'Orvieto è alto ma non c'è un piano comune di promozione e commercializzazione. E il settore è in crisi

foto di copertina

E' stata la vendemmia migliore degli ultimi anni, ma nessuno è soddisfatto. Manca a chi venderlo.

"La vendemmia è stata ottima e abbondante grazie anche alla clemenza del tempo che ha fatto raccogliere l'uva come non capitava da molto.
Ora il vino è in cantina, deve maturare e poi essere immesso sul mercato.

E qui cascò l'asino. Il mercato dell'Orvieto è sceso così in basso che, durante la raccolta di quest'anno, pur vedendo grappoli dorati, mi è preso lo scoramento: sapevo i prezzi che le cantine liquideranno della raccolta  2005. E' inutile coltivare bene, sperare nel tempo propizio e poi ritrovarsi dopo un anno con un ricavato dimezzato tra deprezzamento ed interessi negativi".
Così Paolo Vincenti, imprenditore agricolo a Sugano. E continua: "Bisogna chiedere la D.O.C.G. con l'imbottigliamento in zona di produzione e non trovare più l'Orvieto imbottigliato a Cuneo o a Canicattì. E poi controlli severi antisofisticazioni e forte cooperazione."

Anche Antonio Mearelli, azienda agricola a Sermugnano, lamenta questo trend critico del vino orvietano.

"Il Consorzio controlla con attenzione la produzione, facciamo uve buone e buon vino, la qualità è in continuo miglioramento, ma non regge la concorrenza di vini che si sanno vendere meglio. Sarebbe utile che tutti i produttori contribuissero con maggiori mezzi all'attività del Consorzio, per promuovere il nostro vino in nuovi mercati".

"Dieci anni fa vendevamo il nostro Doc a 75 euro il quintale, oggi la metà". E' Marcello Tomassini, una bella vigna sulla costa cretosa ad Allerona scalo, verso Ficulle. "La strada divide la zona Doc da quella classica. La differenza è che la mia uva vale 25/35 euro il quintale, quella classica 35/40. Il tentativo di superare la crisi del bianco con l'inserimento del rosso non ha portato esiti, anzi. Si vende meno del bianco."


Tutti segnalano una crisi del nostro vino che dura da troppo tempo e individuano in azioni di marketing e di promozione la via d'uscita. Negli anni scorsi ottimi enologi, capeggiati dai guru fratelli Cotarella, hanno creato le condizioni per cui c'è una buona uva e del buon vino. I piccoli produttori, che sono la maggioranza e sono anche i più indifesi, sentono il bisogno di azioni di promozione e di valorizzazione dell'Orvieto e si rendono conto che soltanto una forte volontà comune, giustamente indirizzata, può farli uscire dall'attuale stagnazione. Ora c'è bisogno che prenda in mano la situazione un uomo di marketing, per compiere il passo successivo.
Nell'Orvietano sono 1363 imprese agricole, 32,4% delle attività, con 1250 occupati,  8,26 del totale. Se perdurasse ancora a lungo questa condizione della viticoltura sarebbero in ginocchio centinaia di attività e si allargherebbe ulteriormente la disoccupazione.
Nella foto la vigna Tomassini, con il cartello che indica ai turisti giapponesi che passano in A1 il marchio giapponese del vino prodotto lì.

Pubblicato il: 31/10/2006

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