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Barberani o del Vino "iuxta propria principia"

Pellegrinaggio epicureo-formativo della delegazione FISAR di Orvieto ospite, questa volta, dell'azienda Barberani, 55 ettari di superficie destinata alla produzione di vini di gran classe prospiciente il Lago di Corbara

foto di copertina

Terza puntata del pellegrinaggio epicureo-formativo della delegazione FISAR di Orvieto ospite, questa volta, dell'azienda Barberani, 55 ettari di superficie destinata alla produzione di vini di gran classe prospiciente il Lago di Corbara. Fondali fiabeschi e un'ospitalità vera, generosa, autentica e di grande piacevolezza.

L'azienda - per storia, blasone e qualità dei vini- non avrebbe bisogno di presentazioni:  non siamo lontani dal vero affermando che Barberani rappresenta una delle icone del vino orvietano.
Nondimeno, anche nelle più celeberrime icone si nasconde, nell'occhio di chi osserva, il pericolo della "ragion pigra", dell'indolenza di un pensiero che, proprio in virtù dell'abitudine, si lascia sfuggire talora l'essenziale. E la visita, splendidamente guidata da Luigi e dai figli Bernardo e Niccolò, ha scosso ogni eventuale residuo accidia al pari di un taumaturgico "bâtonnage".

Della Natura (del Vino)

Barberani è quindi uno degli emblemi dello "stile orvietano" in fatto di vini. Lo è, però, in maniera nient'affatto ordinaria. Una nostra prima ipotesi - che scuote il convenzionale giudizio - è che gran parte del segreto della qualità a marchio "Barberani" si ritrovi in un peculiare e originalissimo rapporto con la Natura: una singolare "liason" non deducibile immediatamente dai vigneti-giardini (tanta è la cura ad essi riservata) o dallo straordinario microclima (benedetto dall'ingente massa d'acqua del Tevere oggi Lago di Corbara).
In questo rapporto con la Natura c'è qualcosa di più profondo del pur magnifico e rilucente "terroir". C'è un riverbero di sapienze antiche: ad esempio,  le teorie dell'agricoltura biodinamica e le dottrine taoiste del Wu-Wei. Ora, non che il vino si faccia con le teorie o le dottrine e forse Luigi, Bernardo e Niccolò non si danno pena di giustificare "teoreticamente" alcuni principi fondanti della loro azione. Il vino esige ben altro. E vuole, per cominciare, lo sguardo attento al "potenziale della situazione". Vale a dire, a quell'insieme di propensioni che, in maniera ineluttabile, cospirano in ogni momento nella direzione di una determinata "qualità" sia essa dedotta o suggerita da vigneti, stagioni, terreni, cariche zuccherine o polifenoliche.
Ma questo sguardo al "potenziale della situazione" è proprio della dottrina taoista che in questo caso si mostra in tutto il suo splendore "operativo". Il teorico è, in natura, immediatamente pratico (la "Natura Naturans" di Baruch Spinoza)

Se il "potenziale della situazione" non conforta le previsioni di qualità, il vino non lo si produce. Ad esempio, il magniloquente "Rosso Villa Monticelli" - superbo nel 2001 - non fu praticamente prodotto nel 2002 (salvo pochissimi esemplari) perché le "propensioni", le "trame" delle occasioni non l'avrebbero consentito.

La "Qualità Barberani"trasmette perciò l'idea della "spontaneità buona". E la "spontaneità buona" è il risultato di un'azione che non è stata inquinata né dall'impazienza, né dall'inerzia. A proposito della crescita delle piante, così scrive François Jullien, sinologo e filosofo francese: "Né volontarismo né passività; ma, assecondando il processo di crescita, trarre partito dalle propensioni all'opera portandole a loro pieno regime".
La Natura - la vigna -  esprime, anno dopo anno, virtualità differenti. Indovinarle è compito del vignaiolo e dell'enologo. Indovinarle significa anche scrutare nelle pieghe della Natura per comprendere fin dove si può osare ("trarre partito dalle propensioni all'opera portandole a loro pieno regime"). Interventi gentili e delicati, sul filo del "tempo opportuno" possono decidere l'eccellenza di un vino. Si direbbe, quella di Barberani, una enologia dei corpi sottili, un'enologia delle microtensioni risolte in qualità.

Non si deve però pensare che l'approccio al vino dei Barberani e dell'enologo Maurizio Castelli sia guidato da un enoico misticismo. Al contrario, qui si trova molta scienza. Ma una scienza (la Techne) sempre in equilibrio con un'altra forma di sapienza, la Metis, vale a dire l'intelligenza intuitiva, il colpo d'occhio, l'ascolto accorto dei tempi naturali, il gusto "estetico" che si apprende vivendo a contatto con la Natura, le vigne, i tempi, i misteri delle concentrazioni e dei colori, degli zuccheri e delle pastosità glicerinose.

È forse questo il segreto di una cantina il cui nome è garanzia una qualità superba e che, anno dopo anno, riesce a meravigliare e a sorprendere?

Polifonie e Polifenoli: un vino musicalmente "impressionista"

Se dovessimo paragonare il vino Barberani ad uno stile musicale non esiteremmo ad accostarlo a quello espresso da Claude Debussy.  Sensibile alle "nuances", alle raffinatezze, ai timbri, al "flou" ma anche superbamente "materico" e sensuale.

Pensiamo, ad esempio, alla carica voluttuosa della Muffa Nobile "Calcaia", vero tripudio di colori, aromi, sapori e sentori tattili eppure così splendidamente "spirituale", riccamente stratificato, giocato su diversi registri espressivi.
Oppure al Moscato Passito Villa Monticelli (pluripremiato in Europa) , superbo Moscato in purezza, enfatica lode al Sole e agli splendori degli occasi.

Oppure, ancora, al  Rosso Villa Monticelli 2003, parigrado al fratello 2001, mirabile rosso preternaturale (Sangiovese, Cabernet e Merlot) francese per via delle aromatiche consistenze e italianissimo nella verve, vera e audace possibilità di un terroir disegnato apposta per far vini grandiosi.  Un vino "erotico", espressione liquida dell'Après-midi d'un faune, aurora balsamica e rotonda d'una polputa densità.

Il carattere "impressionista" si deduce anche dai luminosi "Castagnolo" (un vino "comme il faut", l'Orvieto di chi crede convintamene nelle potenzialità di una tradizione complessa e carica di piaceri) e Grechetto (vivace, allegro e seducente quello base; più melodioso e armonicamente complesso quello del cru "Villa Monticelli").

Così, sul filo del bronzeo chiarore degli ultimi raggi del giorno, il timbro "Barberani" si imprime seducente  sulla nostra memoria sensuale, sempre con la grazia di chi sa trarre partito da quel desiderio di piacevolezza che anima ogni autentico cercatore di vino. 

Pubblicato il: 07/09/2006

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