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Orvieto e l'Orvietano nella cultura slow

Un modo di concepire la vita, di costruire il peresente ed immaginare il futuro. Le scelte slow caratterizzano l'amministrazione di Orvieto e dell'Orvietano

Società

di Dante Freddi

La scelta di Orvieto di partecipare all'associazione Cittaslw non costituisce, crediamo, un'azione promozionale di tipo mercantile. I principi del buon vivere non sono stati collocati all'interno della "mission" della città per trarne vantaggi economici e d'immagine, ma è stata compiuta una scelta di fondo, che comporta stili di vita e scelte amministrative coerenti.

Se così non fosse, se gli orvietani "e chi li amministra" non respirassero la cultura slow, tutto si risolverebbe in una manifestazione eno-gastronomica annuale.

La nostra cultura cittadina e contadina è senz'altro slow, storicamente slow. I monumenti straordinari di Orvieto, la bellezza dei castelli intorno e dei paesi arroccati ai loro piedi, i parchi della Comunità montana, da Allerona al Peglia, l'invenzione di Gianni Cardinali dell'Oasi di Alviano, il parco del Tevere e quello archeologico sotto la Rupe sono tutte realtà che offrono indicazioni storico-culturali-amministrative che abbracciano i valori delle città slow.

Dai paesi dell'Orvietano giungono messaggi dello stesso tenore. Gente ed amministratori prestano all'ambiente e alla qualità della vita un'attenzione rilevante e riaffermano convinzioni che soltanto la necessità di rispondere ai bisogni primari aveva posto in second'ordine, comprendono che anastomizzando sui nostri valori e stili e ricchezze ambientali la modernità dell'innovazione e delle tecnologie si può costruire il futuro migliore. E così a Baschi istituiscono una commissione di studio per omogeneizzare i colori delle abitazioni del paese e della campagna, a Castel Viscardo pubblico e privato investono 1milione di euro per rifare le facciate, ad Allerona scalo creano una "Zona 30": tutti sintomi grandiosi che si è affermata una condizione culturale che ha al centro l'uomo e che vede bellezza, tranquillità, sicurezza, serenità ed economia

come valori imprescindibili uno dall'altro.

 

Questi i contenuti dela filosofia slow, sintetizzato nello slogan 

"viver slow: il controtempo della modernità".
Manifesto delle Cittaslow per un nuovo umanesimo dell'essere e dell'abitare

Vivere in una città slow - ma anche amministrarla - è un modo di essere, un tratto distintivo del condurre la vita quotidiana in un certo modo rispetto ad un altro fin'ora maggioritario, un modo rallentato, certo, meno frenetico, produttivista e veloce, ma senza dubbio più umanizzante ed ecologicamente corretto, più solidale con le presenti e le future generazioni, rispettoso del locale in un mondo sempre più globale ed interconnesso.

Vivere in una città slow, ma anche amministrarla, significa sdoganare a favore di tutti, metropolitani compresi, il grande bagaglio di esperienze, valori, sapienze, arte e scienza, presente nei piccoli centri, nelle ex terre marginali, nelle province e periferie del mondo che ora si fanno centro. Significa contaminare i quartieri della grande città attraverso la qualità della vita, il mondo di relazioni e le prassi di gestione sociale ed economica sostenibili proprie delle campagne, delle montagne, delle piccole isole.

Vivere in una città slow, ma anche amministrarla, significa vivere il tempo presente nel modo migliore possibile tenendo lo sguardo costantemente rivolto al futuro, utilizzare le grandi opportunità tecnologiche e culturali del nostro tempo senza mai dimenticare il patrimonio di esperienza che ci viene dalla storia e dalla cultura materiale dei popoli. Se Slow Food ha insegnato la difesa delle produzioni agroalimentari autoctone assieme alla messa in valore dei modi tradizionali di far cucina e dei sapori locali, da qui si parte per scoprire nelle città slow un mondo di eccellenze in diversi campi già oggi possibile e sperimentato. È un modello da conoscere e mutuare che tocca non solo il cibo, la cultura e il sociale, ma anche l'urbanistica, l'ambiente, l'energia, i trasporti, il turismo, il mondo agricolo, la formazione dei giovani, le ragioni stesse di una comunità abitante.

Vivere in una città slow, ma anche amministrarla, significa in qualche modo declinare il moderno concetto del "buon vivere" e dell'abitare di qualità come impegno prioritario e diffuso a favore dei residenti; ma significa anche risolvere a somma positiva la falsa contraddizione tra l'apertura ospitale verso il mondo e l'orgoglio dell'appartenenza e delle specificità locali.

Vivere in una città slow, ma anche amministrarla, significa riconoscere il complesso delle risorse materiali e immateriali del luogo, dall'ambiente al paesaggio naturale e urbano, dai beni storici e artistici alla cultura, anche enogastronomica, per rinsaldare o talvolta ricostruire un'identità cittadina che i mutamenti degli ultimi decenni hanno talvolta compromesso. Vuol dire anche avere concittadini consapevoli e informati pronti ad accogliere il moderno viaggiatore secondo i canoni dell'ospitalità più autentica.

Vivere in una città slow, ma anche amministrarla, vuol dire mettere al centro la lentezza come valore, dare senso compiuto e concretezza alla rivoluzione temporale di chi, per storia, cultura e ambiente, ha resistito e resiste alle accelerazioni del Ventunesimo secolo, armonizzare i tempi storici con i tempi moderni, le ragioni della natura con quelle della cultura e dell'eco-nomìa.

Vivere in una città slow, ma anche amministrarla, significa in sintesi darsi il tempo per costruire qualità in tutti i settori del vivere civile, rallentare i ritmi e combattere i parossismi, per accorgersi ancora e sempre dei sapori, dei colori, dei profumi della città e del mondo.


 

Pubblicato il: 14/04/2003

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