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LA RIFORMA DELLE FONDAZIONI BANCARIE - Legge 28 dicembre 2001, n. 448

Economia

LA LEGGE 28 dicembre 2001, n. 448 (Legge Finanziaria 2002) approvata dalle due Camere, rimette mano alla disciplina varata poco più di due anni fa dal decreto legge Ciampi del 17/05/'99, n. 153 sulla trasformazione delle fondazioni bancarie.

Le sostanziali novità sono:

a) nuovi equilibri per la nomina dei vertici degli Enti (associazioni a parte), la maggioranza dei quali sarà designata da Regioni, Province e Comuni;

b) allargamento della gamma dei settori di intervento;

c) separare banche e fondazioni dando la possibilità, a queste ultime, di conferire a una società di gestione del risparmio (S.G.R.) le partecipazioni di controllo degli istituti di credito in vista della dismissione prevista nel 2006.

Con l'emendamento alla Legge Finanziaria il Governo ha provveduto, in sintesi, a modificare le connotazioni e la "missione" delle fondazioni bancarie che, a loro dire, rappresentavano una barriera dannosa che si interponeva tra il mercato e le banche, impedendo al mercato di sprigionare tutti i suoi benefici effetti sulla gestione, limitando la mobilità degli assetti proprietari ed introducendo, conseguentemente, alterazioni profonde nella Governance. Queste sono le ragioni per la quale devono dismettere il controllo delle aziende di credito ponendo fine alla distorsione proprietaria e anche gestionale che esse hanno generato.

GLI ASSETTI SOCIETARI
La tesi sostenuta dal Governo è che il mercato deve incorporare nelle sue dinamiche la proprietà delle imprese garantendo la mobilità degli assetti proprietari. E' legittima tale tesi che, tuttavia, risulterebbe applicata soltanto alle fondazioni bancarie. Non si capisce perché non farla valere, anche per i grovigli trasversali dei patti di sindacato, artificio che consente, com'è noto, di governare le aziende con quote minime di capitale per fronteggiare scalate ostili. La storia del capitalismo italiano, e dei suoi persistenti vincoli, è legata, in gran parte, dal sistema conglomerato industriale-finanziario che ha fatto capo a Mediobanca e agli artifici delle alleanze e dei fatti di sindacato (oggi tutto ciò stà avendo il suo declino). Con le alchimie operate in questi ultimi decenni, abbiamo assistito agli impedimenti della mobilità proprietaria. La stessa Comit, per portare un esempio eclatante nel settore bancario, fu "acquistata" prima di essere "venduta", ovvero fu collocata nel conglomerato di Mediobanca prima dell'OPA che, formalmente, avrebbe dovuto regolarne la privatizzazione. In sostanza questa vicenda, ed altre, testimoniano che la mobilità proprietaria era predestinata.

Anche i comportamenti di Banca d'Italia, che cumula la duplice funzione di Autorità di Vigilanza e di Autorità antitrust nel sistema bancario, non sono stati coerenti con il compito di vigilanza sul sistema ed in palese conflitto di interessi.

Alcuni esempi sono lampanti, in particolare ha impedito l'OPS del S.Paolo Imi su Banca di Roma e di Unicredito su Comit, ravvisandovi intenzione ostile. Ma il pensiero liberale non ci ha insegnato che l'O.P.A. ostile è il sale del mercato?

L'operazione che intervenendo quando cadono la redditività e la patrimonializzazione, il corso del titolo declina ed il deficit è profondo, innova gli assetti proprietari e manageriali riaprendo prospettive di rilancio positivo per tutti gli stakeholders: lavoratori, clienti, azionisti?

L'emendamento alla Legge Finanziaria sulle fondazioni, non sembrerebbe andare al cuore del problema nè della mobilità proprietaria del capitalismo italiano, nè di quelle delle banche. Anzi, restringe le maglie del dlgs Ciampi in materia di assetti proprietari e mira ad altri obiettivi.

LA GESTIONE
Ulteriore argomentazione del Governo, a sostegno dell'emendamento, è che, la presenza delle fondazioni negli assetti proprietari determina elementi distorsivi nella gestione riducendone i vincoli e gli effetti benefici derivanti dal mercato. La storia delle Fondazioni bancarie non sembra valorizzare questo assunto. Esse hanno, favorito, infatti, prima e dopo il dlgs Ciampi, i processi di privatizzazione e di concentrazione che hanno portato il sistema bancario italiano ad un grado di concentramento tra i più elevati nel mondo.

I dati sono confutabili. La quota di mercato (misurata in percentuale dei fondi intermediati totali) dei primi cinque gruppi bancari (Intesa-Bci, S.Paolo-Imi, Unicredito, Banca di Roma, Monte dei Paschi) all'interno dei quali le fondazioni sono presenti con quote di minoranza (esclusa la Fondazione Monte dei Paschi) era pari, nel 2000, al 54%. La quota di mercato dei primi dieci gruppi era pari al 67%. La concentrazione complessiva del sistema bancario italiano, rimasta sostanzialmente stabile fino al 1997, è quasi raddoppiata nel triennio 1998/2000 passando da 370 a 730. La quota dei fondi intermediati da banche e gruppi il cui capitale è detenuto in maggioranza dalle fondazioni, era pari, nel 2000 al 12%, per gran parte riferibile ai gruppi Monte dei Paschi e Cardine.

Il recente passaggio di Cardine in S.Paolo-Imi ha ridotto ulteriormente (sotto il 10%) il peso, già residuale, delle banche e dei gruppi controllati dalle Fondazioni. I processi di privatizzazione e di concentrazione hanno cambiato profondamente la mappa e la struttura del sistema bancario italiano, coerentemente con l'evoluzione dei sistemi bancari europei ed internazionali.

In un quadro di riferimento così evidente e pratico, non si capiscono quali siano le vere motivazioni sostenute dal Governo sui conclamati "effetti distorsivi".

Sappiamo che le fondazioni hanno presidiato la vocazione storica delle ex casse di risparmio e degli istituti controllati ad operare come leva finanziaria delle economie locali di riferimento. La restituzione di gran parte del risparmio come investimento alle economie dalle quali proveniva e la proiezione delle strategie e dei risultati economici e patrimoniali nel medio-lungo periodo ha, certamente, favorito dinamiche di crescita, talora straordinarie, di quelle economie locali.

Molte cose sono cambiate. La dismissione del controllo da parte delle fondazioni che avevano quel ruolo locale, non solo prima e dopo il dlgs Ciampi, i processi di privatizzazione, la concentrazione, la contendibilità delle aziende e mobilità proprietaria sono tipici di un mercato concorrenziale. Ma, altresì, tali processi hanno allentato il rapporto tra le banche locali coinvolte, e le economie di riferimento locale, veicolo di crescita economica e coesione sociale. Quindi non si può dire che le fondazioni da un lato non hanno operato in piena coerenza ed in sudditanza ai meccanismi di mercato, delle privatizzazioni e concentrazioni, dall'altro è doveroso dire che si sono verificati elementi di crisi nel rapporto tra banche locali ed economie locali.

LE MODIFICHE DEL DLGS CIAMPI
L'emendamento all'art. 25 del dlgs. Ciampi è riformato in profondità. Esso prevede, infatti, la possibilità che la fondazione affidi la partecipazione bancaria ad una società di gestione del risparmio (Sgr) che gestisce secondo principi di indipendenza e professionalità. Rimane alla fondazione il compito di dare indicazioni soltanto in ordine alle delibere dell'assemblea straordinaria nei casi previsti dall'articolo 2365 del c.c. Il periodo transitorio, entro il quale la fondazione può mantenere la partecipazione di controllo o dominante, è prolungato al 17 maggio 2006. Nel dlgs Ciampi tale termine scadeva il 17 maggio 2005, ma dopo il 17 maggio 2003 la fondazione, che non avesse dismesso il controllo o la posizione dominante, avrebbe perso i benefici fiscali di ente non commerciale.

Il compito di Authority è attribuito al Ministero dell'Economia e delle Finanze ed alla Banca d'Italia in base al Testo unico bancario ed al dlgs nr. 58/90 (riforma Draghi).

Le disposizioni dell'emendamento del dlgs Ciampi, che stabiliva la dismissione delle partecipazioni di controllo entro il 15/05/2005 con perdita dei benefici fiscali), introduce la possibilità di conferire delle partecipazioni a SRG vere e proprie holding di partecipazione che si interpone tra fondazioni ed organi amministrativi delle banche, esautorando le fondazioni dal potere di indirizzo delle Sgr sulla gestione ordinaria, mantenendo soltanto quella straordinaria e sono sottoposte al controllo del Ministero dell'Economia e della Banca d'Italia. Ciò vuole dire che non solo siamo di fronte ad una fondazione di minoranza, come recitava il vecchio decreto, ma ad una minoranza che non ha accesso al C.d.A. della banca che esercita un ruolo di indirizzo parziale sulla SGR-Holding. Non solo, quindi, minoranza ma separatezza.

La sostanza prende corpo nella variazione dell'art. 4, comma 1, lettera C del vecchio decreto, laddove si prevede la composizione dell'organo di indirizzo delle fondazioni. Il dlgs. Ciampi, stabiliva, infatti, una composizione paritetica tra esponenti degli enti locali ed esponenti della società civile che per professionalità, esperienza e competenza, nei settori ai quali è rivolta l'attività della fondazione, potessero contribuire efficacemente al raggiungimento dei fini istituzionali. L'emendamento introduce che la composizione dell'organo di indirizzo delle fondazioni siano, secondo il principio "di una qualificata e prevalente rappresentanza degli enti diversi dallo stato di cui all'art. 114 della Costituzione" ovvero in prevalenza dei rappresentanti di regioni, province e comuni.

E' d'obbligo interrogarsi su qual'è il vero obiettivo di questa norma, quando prenderà corpo? Mentre da un lato si ribadisce, in forme più stringenti del dlgs Ciampi l'obiettivo della completa privatizzazione delle banche, dall'altro si introduce il controllo pubblico delle fondazioni, soprattutto sulle grandi fondazioni bancarie (Cariplo, Cariverona, ecc), con ovvie spartizioni politiche dei governi locali (regioni, provincia, comune).

Le riflessioni fin qui fatte sono interconnesse con l'introduzione all'art. 1, comma 1, del dlgs. 153/'99 dell'inserimento della lettera C-bis, sul concetto di "settori ammessi", come ambito di intervento delle fondazioni e della loro articolata definizione.

Le fondazioni potranno, pertanto, indirizzare la propria attività ed i propri investimenti in questi settori selezionando, al loro interno, i "settori rilevanti", con cadenza triennale, in numero superiore a tre, così come recita l'emendamento al punto 2.Appare palese l'intento di trasformare le fondazioni in finanziarie degli enti locali. Anche l'estensione delle incompatibilità portano a vietare ai soggetti "che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione o controllo" nella fondazione, di esercitare analoghe funzioni presso la banca conferitaria ed anche presso "altre società operanti nel settore bancario, finanziario ed assicurativo".

Mentre è senz'altro corretta l'incompatibilità di ruolo tra fondazione e banca conferitaria. L'estensione dell'incompatibilità a tutte le aziende del settore bancario, finanziario ed assicurativo non può che incentivare le dimissioni dagli organi delle fondazioni ed accelerare il ricambio dei gruppi dirigenti.

Pubblicato il: 12/04/2003

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