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Riccetti: 'Quella volta col papa fu un'emozione unica'

L'immagine simbolo del corpus domini lascia e ripercorre mezzo sercolo di storia

foto di copertina

ORVIETO – L’orvietano Sergio Riccetti, alla bella età di 76 anni, stamani vedrà sfilare per la prima volta il corteo del Corpus Domini. Si, perché per 55 anni, Sergio Riccetti con il costume, amatissimo da lui ma anche da tutti gli orvietani, del conestabile dei cavalieri, il corteo storico l’ha fatto, anzi ne è stato praticamente il simbolo. Generazioni di orvietani lo hanno acclamato, applaudendo, per anni, il suo passaggio: solenne, imperioso, fiero ed elegante, Riccetti, di anno in anno, ha messo i capelli bianchi senza mai venire meno ad un’interpretazione del personaggio viva e rigorosa, dettata da un amore e una passione profonda per quel corteo storico che lui stesso, insieme alla signora Lea Pacini e al maestro artigiano, Marcello Conticelli, ha dato alla luce. Ed è proprio per questo amore per il corteo, che ora che l’età non gli consente più di sfilare come vorrebbe, Riccetti fa un passo indietro. E cede il testimone. Del mezzo secolo che si lascia alle spalle, gli orvietani, ora, hanno il compito di fare tesoro: dalle prime edizioni, in cui si celebrava l’evento nella forma del dramma sacro ai giorni d’oggi, passando per l’esperienza entusiasmante degli anni ’50 in cui nacquero i primi costumi, presi dalle figure degli affreschi di palazzo del Popolo e dalle stampe della biblioteca comunale. “Andavamo a scegliere le stoffe da Bianchini, vicino alla torre del Moro (la signora Pacini, Conticelli ed io) – ricorda Riccetti - ma con la signora erano sempre liti – ammette col sorriso - al punto che, alla fine, le abbiamo dato carta bianca”. Per anni Riccetti ha vestito il costume di uno dei signori Sette. “Poi fu il conte Fumi – ricorda - a dirmi che dovevo fare un’asta da cavallo 28 centimetri di diametro, di faggio, pesantissima che poi mi toccò portare”. E così “divenne” scudiero. Più tardi nacque il “suo” costume: il conestabile dei cavalieri con tanto di spada, elmo, corazza, un mantello in seta di bozzolo e un bavero ricamato finemente, in oro zecchino e filo di seta. “Era nato per Arrigo Provani – dice Riccetti - che però che lo portò solo un anno, lasciandolo a me, che a cambiare costume non ci ho mai pensato”. E se in molti, oggi, invidiano quella figura imponente, non ultimo perché sfila da sola, protagonista assoluta della scena, forse in pochi ricordano che in origine non era così. Il conestabile sfilava affiancato da 2 cavalieri che “retrocessero” quando Riccetti chiese di potersi togliere l‘elmo. “La signora non lo faceva togliere a nessuno ma io, per toglierlo, le chiesi di poter far crescere barba e capelli, me lo concesse, con l’inconveniente che, a quel punto, sembravo un bambino con affianco 2 cavalieri (Carnevali e Cinti), già alti, e in più con elmo e pennacchio. E fu così che la figura del conestabile restò a sfilare da sola”. Tra le edizioni memorabili quella del ‘90 a cui prese parte anche papa Giovanni Paolo II. “Non c’era molta gente per problemi di sicurezza, ma fu un’emozione unica. Anche lunga – dice Riccetti - perché la messa non terminava mai e a noi toccò fare il giro della città due volte”. Mille alte cose potrebbe raccontare “il capo della cvalleria”: degli schiaffi e delle espulsioni che “dispensava” la signora ai suoi “ragazzi” – come li chiamava – meno rigorosi, delle lotte intestine per i costumi o della moda di passare l’abito - “che non è di proprietà di una famiglia” dice Riccetti – di generazione in generazione. Ma per ora si ferma qui. Il corteo quest’anno lo guarderà soltanto. Per strada, dice. “Scenderò sotto casa, credo, per quest’anno ho rinunciato ad ogni impegno organizzativo, è un’emozione troppo forte, riprenderò il prossimo anno”. 

Pubblicato il: 18/06/2006

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